Il Vag 61 nel mirino

Continua la polemica sulle attività del Centro Sociale

Dopo gli interventi di Monteventi, dell'assessora Santandrea, dei partiti dell'Altra Sinistra e del Questore di Bologna, un contributo di chiarificazione.
10 maggio 2007 - Serafino D'Onofrio

Il Vag 61 è un’anomalia a Bologna. I locali utilizzati non sono occupati, come in logo vag61 altri centri sociali, ma concessi attraverso una convenzione. Anzi, il Vag paga l’affitto al Comune, mentre il presidente della Fortitudo si è permesso di non pagare per 1 anno l’affitto del Paladozza. Questo Centro è l’unica associazione cittadina che (oltre al mercatino biologico, le feste, i capi di vintage a 1 euro, le birre e gli aperitivi) garantisce gratuitamente almeno 3 iniziative culturali alla settimana, senza chiedere contributi comunali. La sede del Vag è di fianco all’albergo dei poveri di via Sabatucci e, ogni sera, diversi ospiti della Struttura si fermano nel centro sociale per l’ultimo bicchiere, anche per il penultimo. Oggi, quella che fu un’ex officina del Comune ospita anche gli studi di radio Città Fujico, la redazione di ZIC, un’associazione di fotografi, l’archivio Lorusso/Giuliani e la rete dei precari bolognesi. Dentro, si respira aria di antagonismo, energia politica, impegno sociale e voglia di trasgressione ma non si è mai visto uno spacciatore. Lo frequentano, sempre più, persone comuni: donne ed anziani del quartiere, ragazzi ed ex giovani un po’ “ruvidi”. Purtroppo, si è creata una tempesta senza neanche il bicchiere d’acqua. Sono certo che basterebbe pochissimo per rendere “normale” (guai mai ad usare il verbo “normalizzare”) un luogo così “alternativo”. Al punto che spero di invitarci presto l’assessora Santandrea a bere un the e a parlare di psicologia. Nel Vag 61 la diversità è di casa, tanto è vero che io, socialista dichiarato, vi ho promosso più di un’iniziativa. Anzi, l’unico rifiuto l’ho avuto per la presentazione del libro di Benedetto Croce su Napoli “Un paradiso abitato da diavoli”. Chiedevo la presenza del questore Cirillo ma Monteventi sbottò: “Non esageriamo!”.