25 agosto 1972, omicidio fascista a Parma

L’anniversario dell’assassinio di Mariano Lupo

Ricorre quest’anno il 36° anniversario dell'uccisione di Mariano Lupo per mano di un gruppo di neofascisti. Ancora una volta, in questo giorno di agosto, di fronte all'ex cinema "Roma" di viale Tanara, nel luogo dove “Mario” venne colpito a morte, si riuniscono i compagni del movimento per ricordare quel tragico fatto e per dire ancora una volta no al fascismo, alle discriminazioni, all'intolleranza, alla xenofobia.
La manifestazione è promossa dal Comitato Antifascista e per la memoria storica di Parma.

27 agosto 2008 - Centro di documentazione dei movimenti "F. Lorusso - C. Giuliani" (c/o Vag 61)

mario lupo Per trentacinque anni i compagni e le compagne di Parma hanno ricordato Mariano Lupo, militante di Lotta continua, accoltellato al cuore in una calda notte d’estate da un gruppo di fascisti che, con premeditazione, lo aspettavano all’uscita del cinema Roma in via Tanara.
I compagni di Mario Lupo posero, sul luogo dell’attentato, una lapide per ricordarlo con parole precise e chiare: “Mariano, operaio immigrato comunista, ucciso dall'odio e dalla violenza dei fascisti. La giustizia proletaria ti vendicherà”.
Quella lapide, nel corso degli anni, è stata ripetutamente imbrattata e vilipesa, ma, recentemente, ha subito l’oltraggio più grande: è stata rimossa, dopo essere stata ancora una volta offesa, dai fascisti, nel gennaio 2005. Poco importa il motivo e la volontà… Da parte di taluni rappresentanti delle istituzioni, è stato dichiarato il proposito di ripristinarla… abbiamo la sensazione che si tratti fino ad ora di “intenzioni molto parolaie”.

L’omicidio di Mariano Lupo avvenne venerdì 25 agosto 1972.

Quella sera a Parma cinque fascisti aggredirono due compagni, uno dei quali, Mariano, rimase ucciso con una pugnalata al cuore, mentre l’altro rimase gravemente ferito.
Mariano era un giovane emigrato siciliano di 19 anni, primo di 5 figli con padre inabile, operaio edile e militante di Lotta Continua. Si era stabilito con la famiglia a Parma da poco, dopo aver vissuto in Germania. Era stato più volte minacciato dai fascisti per la sua coraggiosa attività contro lo squadrismo. Il 28 luglio precedente era stato aggredito da 2 fascisti, Andrea Ringozzi ed Edgardo Bonazzi. Questi due figuri avevano poi minacciato Gabriella, la sua compagna, aderente al gruppo del Manifesto, e cassiera al cinema Roma.
Nel primo pomeriggio di quel 25 agosto, c’era stato un altro episodio premonitore: dopo aver aggredito un altro militante antifascista, alcuni componenti dello stesso gruppetto avevano lanciato, dalla loro auto in corsa, un coltello a serramanico verso Mariano Lupo che passeggiava.
La sera Mariano ed altri compagni si recarono al cinema Roma, per andare a prendere alla fine del lavoro e proteggere Gabriella, insicura per le minacce delle settimane precedenti. Ma nelle vicinanze i fascisti avevano organizzato un agguato. Con altri 4 camerati Ringozzi e Bonazzi, nascosti dietro un cespuglio del viale, balzarono su Lupo e su un suo compagno. Mentre quest’ultimo veniva preso a botte, Mariano, lanciatosi a difenderlo, veniva colpito al cuore con un pugnale. Il ragazzo morì sul colpo.
Alle dieci di sera, davanti all’entrata del cinema, il corpo del diciannovenne operaio edile giaceva senza vita sull’asfalto: si trattava di un omicidio preordinato ed organizzato.

Dopo l´assassinio i fascisti si diedero alla fuga. Poco più tardi vennero fermati dalla polizia, che però li rilasciò subito dopo .
Il questore definì i fatti: “una rissa per questione di donne”.
Solo molto più tardi, sull´onda dello sdegno sollevatosi in città, vennero emessi mandati di cattura a carico dei fascisti, per omicidio volontario.
Per l’aggressione e l’omicidio furono inquisiti Edgardo Bonazzi, Andrea Ringozzi, Pier Luigi Ferrari e il consigliere comunale del Msi-Dn Luigi Saporito. Erano tutti militanti dell’Msi, ma avevano anche contatti e simpatie con fazioni vicine ad Ordine Nuovo dato che guardavano con diffidenza la politica di “avvicinamento istituzionale”, portata avanti dai dirigenti nazionali del partito della Fiamma per infiltrarsi nei luoghi del potere con il “metodo democratico” (la famosa politica del doppio petto da affiancare a quella del manganello).

Quell’omicidio poteva essere impedito? Probabilmente sì…
Infatti, il presagio che qualcosa di grosso era nell’aria lo avevano avuto in molti, ma nessuno dei rappresentanti istituzionali, tenne nella dovuta considerazione il rapporto del 3 agosto 1972 del dirigente dell‘Ufficio Politico della Questura di Parma in cui si parlava di un «vero e proprio piano di provocazione ed intimidazione di chiaro stile fascista messo in atto di recente a Parma da un gruppo di fanatici… allo scopo di fomentare disordini».

La posizione del giornale Lotta Continua apparve chiara e netta nei titoli di prima pagina del giorno dopo l’omicidio: «Con la copertura di Andreotti su mandato di Almirante, i fascisti ammazzano vigliaccamente…Un assassinio vile e premeditato… L’assassinio di Parma non può essere addebitato solo al gruppetto di delinquenti che lo ha eseguito. Né la responsabilità del boia Almirante può essere indicata solo come complicità morale… si tratta senza possibilità di dubbio dell’esecuzione di un programma criminale che Almirante propone e dal quale Andreotti tiene bordone».
All’epoca, in molti si domandarono della scelta della città del Parmiggiano per mettere in campo una provocazione fascista così grave.
Parma (a differenza di oggi) era una città da sempre governata da “giunte rosse”, con una presenza, forte e radicata nel territorio, di convinti antifascisti, caratterialmente anti-autoritari, dove ancora era forte il ricordo degli “Arditi del popolo” e della rivolta popolare nel quartiere dell’Oltretorrente contro le “camice nere” durante il Ventennio.
A Parma, Lotta Continua era uno di gruppi più presenti nelle mobilitazioni operaie, ma soprattutto era impegnata concretamente nella pratica dell’antifascismo militante. Alcuni mesi prima dell’omicidio di Mariano Lupo aveva reso pubblico e distribuito in città un dossier in cui veniva denunciata l’intensa attività di riorganizzazione dell’estrema destra cittadina, ravvivata da individui provenienti da altre parti d’Italia e finanziata anche dall’estero da camerati londinesi.
Nel dossier veniva denunciata una serie di episodi che si erano susseguiti dal 1968 al 1972: si trattava di un lungo elenco di aggressioni fisiche e distruzioni di sedi e simboli della tradizione antifascista di Parma, città medaglia d’oro alla Resistenza.
Tra gli episodi più gravi, da ricordare:
- L’assalto con bottiglie incendiarie e lanciarazzi all’ospedale psichiatrico di Colorno (nella bassa parmense), occupato dal personale e da studenti che si battevano per la chiusura, portata avanti da Basaglia, delle istituzioni manicomiali;
- gli scontri tra gli antifascisti e le squadracce fasciste, protette dalla polizia, il 16 maggio 1970, per il comizio d’apertura del Msi, per la campagna elettorale delle elezioni amministrative, quando avrebbe dovuto parlare il “torturatore di partigiani” Giorgio Almirante;
- il pestaggio, avvenuto, nel mese di maggio del 1971, in cui rimasero vittime tre operai, uno dei quali rimase per diverse ore privo di conoscenza.
In quel dossier, per certi versi premonitore, Lotta Continua sosteneva che Parma poteva essere presa come luogo ideale, per gruppi organici al neofascismo nazionale, per sperimentare gli effetti alle loro provocazioni e per misurare il grado di risposta del blocco sociale antifascista.

La reazione degli antifascisti di Parma fu immediata. La sera stessa del 25 agosto, sul luogo dell´assassinio, Lotta Continua organizzò un presidio che vide un intenso e commosso pellegrinaggio.
La mattina del giorno dopo scioperano i facchini, i tranvieri, gli ospedalieri e gli spazzini, che formano un corteo verso la questura. Un dirigente locale del MSI, il noto squadrista Montruccoli, viene punito da un gruppo di operai staccatesi dalla manifestazione.
Anche le forze politiche istituzionali si misero in moto. Pci e Psi, i partiti che erano al governo al Comune di Parma, organizzarono, per il pomeriggio di sabato 26 agosto un comizio unitario delle forze politiche del cosiddetto “arco costituzionale”. Alla fine di quel comizio, Lotta Continua ed altri raggruppamenti (il Manifesto, il PC ml) che avevano partecipato all’iniziativa, partirono in corteo per esprimere la rabbia e il sentimento antifascista del popolo di Parma.
Le polemiche della sinistra istituzionale (Il quotidiano del Pci "L'Unità" non scrisse che Mariano Lupo era un militante di Lotta continua e la giunta di sinistra fece rimuovere uno striscione di L.C. che ne denunciava l'uccisione) non riuscirono a fiaccare la mobilitazione.
I sindacati dei metalmeccanici, invece, chiamarono a manifestare: “A fronte della violenza di destra, finora si è fatto poco, e quel poco si è fatto male. Non si è mai organizzata una risposta di massa efficace, non si sono colpite le radici del fenomeno”.
Alla fine, ad indire il corteo, furono i gruppi della sinistra extraparlamentare (a promuoverla fu Lotta Continua, aderirono Potere Operaio, Il Manifesto, il Pcd’I ml, la sezione Gramsci del Pci e, a titolo personale, tanti militanti comunisti, socialisti e appartenenti al sindacato).

Il giorno dopo, domenica 27 agosto 1972, ci fu una grande risposta di piazza di Parma Antifascista. Un corteo di miglia di giovani e operai, con molti militanti provenienti anche da altre città dell’Emilia-Romagna, passò sotto il carcere, dov´era rinchiuso Bonazzi, quindi si diresse verso la sede della federazione del MSI e la distrusse completamente. Poi il corteo si concluse davanti alla casa di Guido Picelli, il leggendario capo degli Arditi del Popolo parmensi.
Il discorso che scosse le coscienze di tutti fu pronunciato dal comandante partigiano Gino Vermicelli, già commissario politico della Brigata Garibaldi e membro del direttivo nazionale del Manifesto: “Ci hanno ucciso un compagno, un altro, non ricordiamo più tutti quelli che sono caduti. Il questore dice che Mariano Lupo era un delinquente: Lupo era un operaio, un piastrellista… il fascismo rialza la testa perché gli si lascia spazio. Almirante serve al governo per la teoria degli opposti estremismi, per la repressione contro la lotta operaia. Lo stato neutrale è una balla, avanza in realtà una involuzione autoritaria di cui Almirante è lo strumento: è questo il segno del delitto di Parma. Il fascismo è un fatto di classe, non di teppismo.
Noi non amiamo la violenza, ma respingiamo la violenza dell’avversario di classe, dei padroni e dei fascisti e la respingiamo con la lotta e quindi con la forza.
A Parma, a combattere le squadracce, sono stati lasciati gruppi di giovani: dietro la parola d’ordine “isolare l’ultrasinistra” è passata la condiscendenza, l’inerzia di fronte ai fascisti.
Sì, dunque, all’unità antifascista, e la più larga possibile, ma l’unità di classe, di lotta, e di combattimento”.

Il funerale di Mariano Lupo, la cui salma fu esposta nell'aula consiliare del Municipio, si tenne in forma ufficiale il 28 agosto 1972 con un oceanico corteo di migliaia di persone e di bandiere rosse. La partecipazione operaia e popolare fu impressionante: decine e decine di migliaia di persone sfilarono nel corteo funebre, mentre la polizia presidiava i “punti nevralgici”. Per quella giornata, i sindacati avevano indetto lo sciopero generale, la città si paralizzò. La sfilata funebre si mosse da piazza Garibaldi, attraverso il popolare quartiere Oltretorrente, verso piazzale Picelli dove a tenere l‘orazione funebre fu il comandante partigiano e vecchio sindaco Giacomo Ferrari. La bara venne portata a spalla dai compagni del ragazzo e dagli spazzini comunali in un toccante silenzio che durò per tutto il percorso. La città, muta, si fermò per rendere onore per l’ultima volta a Mariano. Dalle finestre e dai lati della strada centinaia di pugni chiusi e bandiere rosse per salutare quel giovane compagno strappato alla vita da un gruppo di assassini fascisti.

Il 6 settembre 1972, a Ferrara, viene arrestato Pier Luigi Ferrari, militante di destra, indiziato di aver partecipato all'aggressione a Mariano Lupo

Il 27 novembre 1972, a Parma, i due militanti di destra arrestati per l'assassinio di Mariano Lupo, Ettore Croci e Angelo Tommaselli, vengono scarcerati con la motivazione che hanno subito minacce e il carcere non è sicuro per la loro incolumità.

Il 14 maggio 1975, ad Ancona, inizia il processo per l'uccisione di Mario Lupo a carico dei neofascisti Bonazzi, Ringozzi e Saporito. Il processo, che doveva iniziare nel gennaio 1974, era stato rinviato per il ricorso in Cassazione dei difensori degli imputati.

Il 21 maggio 1975, ad Ancona, al processo per l'uccisione di Mario Lupo, il teste Zefferino Ghirarduzzi dichiara di aver avuto minacce da parte dei neofascisti allo scopo di farlo desistere dalla testimonianza e di essere stato oggetto anch'egli di un'aggressione a Parma, un mese prima della morte di Lupo, cui avrebbe partecipato lo stesso imputato Bonazzi, dalla quale egli dice di essere scampato fuggendo e rifugiandosi in un negozio.

Il 30 luglio 1975, ad Ancona, termina il processo in Corte d'assise per la uccisione di Mario Lupo, con la condanna dell'accoltellatore Edgardo Bonazzi a 11 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, e di Andrea Ringozzi e Luigi Saporito per concorso, rispettivamente a 6 anni e 10 mesi e a 4 anni e 5 mesi. E' invece assolto per insufficienza di prove, Luigi Ferrari. All'uscita dall'udienza, scoppia una rissa fra neofascisti e militanti di sinistra, nei quali rimangono contusi fra gli altri, un corrispondente del "Corriere adriatico" e uno del "Quotidiano dei lavoratori" .

Il 3 giugno 1976, ad Ancona, alla riapertura del processo in secondo grado per l'uccisione di Mario Lupo, la difesa di Bonazzi, Ringozzi e Saporito (condannati rispettivamente a 11 anni, 6 anni e 10 mesi, 4 anni e 5 mesi in primo grado) avanza la 'legittima suspicione'.

(Da quella data non siamo più riusciti a reperire altre informazioni)

mariano lupo 2

UN CENTRO SOCIALE A PARMA E’ STATO INTITOLATO ALLA MEMORIA DI MARIO LUPO

(le informazioni sul centro sociale autogestito Mario Lupo sono state tratte da http://it.wikipedia.org/wiki/Centri_sociali_autogestiti_dell'Emilia-Romagna#Mario_Lupo )

Nel 1977, lo stabile dell'ex Macello, in piazzale Allende a Parma, viene occupato da un insieme di gruppi politici vari. Negli anni seguenti la diffusione dell'eroina distrusse in gran parte il movimento parmense e nel 1979 il comune ristrutturò l'edificio per farne un centro sociale. Nei primi anni 1980 il circolo venne intitolato alla memoria di Mario Lupo. Nel maggio del 1982 partì la prima iniziativa per rendere il "Mario Lupo" un centro di documentazione.
Nel giugno 1989 venne occupata ed in breve sgomberata l'ex Eridania, ed i reduci da quell'esperienza confluirono nella gestione del "Mario Lupo". Nel 1990 all'interno del centro nacque il gruppo "Krampi", legato al movimento della Pantera, che poi divenne il "Collettivo spazi sociali".
Nel 1993 il "Collettivo spazi sociali" tornò a gestire anche il "Mario Lupo" che venne utilizzato come centro di documentazione. Nel 1996 e 1997 il collettivo si frazionò in diverse esperienze: il "Collettivo senza frontiere", con sede data in affitto simbolico dal comune in viale Piacenza, altri gruppi tra cui il "Comitato di lotta dei lavoratori flessibili" con sede affittata in via Saffi. Il "Mario Lupo" si allontanò dall'attività politica divenendo un locale fino al novembre 1998 quando venne abbandonata la sede di via Saffi e il centro sociale tornò ad essere la sede del movimento cittadino. Da questo momento l'amministrazione comunale guidata da Elvio Ubaldi cercò di chiudere lo spazio, che fino a quel momento aveva pagato un affitto e le bollette tramite l'Arci ed ai collettivi venne offerta una sede alternativa. La motivazione ufficiale era la necessità di allargare il vicino centro anziani, considerata però pretestuosa dagli esponenti del "Mario Lupo", considerato assolutamente inadatto per quello scopo essendo appena 100 mq su due piani. A dicembre fu murata la porta, che venne però riaperta la sera stessa.
Dal 1999 il centro sociale è quindi la sede dei movimenti contro le guerre del Kosovo, Afghanistan e Iraq, e vari collettivi gestiscono lo spazio. Tra questi le riviste "Qui e ora" e "Non si sa", il collettivo "Disgusto totale", "Alternativa Marxista", il collettivo studentesco "Ortika" e il collettivo "Kantiere", che successivamente darà vita all'occupazione del CSOA Paguro.

Nel 2005 il "Mario Lupo" viene sgomberato. Dopo un primo tentativo fallito il 29 settembre lo sgombero riesce il 7 ottobre, dopo una notte di assedio e la demolizione di parte dell'edificio per riuscire a far scendere gli ultimi militanti asserragliati sul tetto. Si costituisce l'"Assemblea permanente del Mario Lupo ", che porta avanti le attività al di fuori dal centro e organizza mobilitazioni perché il "Mario Lupo" diventi un centro di documentazione antifascista. Il 27 e 28 gennaio 2007 viene rioccupato e sgomberato lo stabile. Tre militanti rimasero sul tetto per due giorni, quindi vennero arrestati e processati per direttissima.