Uno studente del Liceo Minghetti racconta l’esperienza di Scuolathon

Libertà é partecipazione

“Cultura è anche dissenso” (Concetto Pozzati)
“Essere eterno studente significa essere eterno curioso: la curiosità dell’informazione, del sapere, del leggere” (Francesco Guccini)

18 gennaio 2002 - Giovanni Zanotti

Credo di avere trovato una soluzione all’annoso problema del perché sui giornali si leggono sempre e solo cattive notizie. Qualcuno, con tono lugubre, sostiene che è perché nel mondo accadono solo cose brutte; io darei una risposta più ottimista: i giornalisti hanno il gusto del brutto. Oppure il gusto del brutto ce l’ha la gente, e i giornalisti si limitano a cercare ciò che fa notizia. Il che, se ci si pensa, è triste ma non cambia molto.
Prima che l’On. Fabio Garagnani mettesse piede nella palestra del liceo Minghetti, e dopo che ebbe messo piede fuori, in tutta la scuola non si vide l’ombra di un giornalista. Forse era strano che dei semplici studenti delle superiori osassero criticare il regime affermando, tramite cartelli di protesta, che erano, riflettevano, dissentivano, scrivevano, parlavano, pensavano (orrore!); tanto strano da fare notizia. Sta di fatto che televisione e giornali non degnarono di uno sguardo gli altri momenti della nostra autogestione. Eppure — qualcuno, se crede, mi denunci a lui per questa manifestazione abusiva di libero pensiero — finché ci fu Garagnani lo squallore regnò sovrano, laddove tanti altri — qualche esempio? Pino Cacucci, Bifo, Francesco Guccini e soprattutto l’intramontabile Michele Serra — ci fecero dono di frasi intelligenti che, se raccolte, formerebbero un libro, come gli aforismi di Karl Kraus.
Non solo. C’è anche da dire che la protesta del liceo Minghetti non si limitava a “Scuolathon”, questa maratona di due giorni in difesa della scuola pubblica con interventi di personaggi famosi. Non so quale sia l’esperienza dei lettori, ma per quanto mi riguarda le maratone di due giorni non nascono dal nulla. C’era stato altro. E altro ci fu in seguito.
Si era verso la fine di novembre. Già da tempo le proteste anti-Moratti, anti-Garagnani, anti-Berlusconi, anti-Bush e altre riunite negli stessi calderoni erano urlate per tutta Bologna dagli studenti, sotto forma di slogan del tipo “Moratti, Moratti, noi non scendiamo a patti” o “Se non cambierà lotta dura sarà”. A un certo punto, però, qualcuno, resosi conto che tali slogan, spesso non originalissimi (è probabile che già ai tempi di Robespierre qualcosa come “S’il ne changera pas lutte dure sera” fosse già monotono, e forse già gli Ateniesi, promettendo 10, 100, 1000 occupazioni, gridavano “Spartani, carogne, tornate nelle fogne”), potessero essere inutili o addirittura controproducenti, si ingegnarono per trovare qualche metodo più originale per far sentire la propria voce. Scartata l’ipotesi dell’altoparlante, si pensò a un momento in cui gli studenti parlassero tra di loro, discutessero, approfondissero, chiarissero, si gestissero da soli. Autogestione? Bel nome, mi piace. Peccato che esista già. Non solo, ma di solito i commenti più gentili della gente sono “I soliti imbecilli che si prendono una settimana di vacanza per farsi le canne nella scuola”. E fu così che nacque l’idea di “Scuolathon”, due giorni di originale dissenso contro l’aziendalizzazione, le scuole private, la riforma dei cicli, la finanziaria e il telefono-spia, con tanto di personaggi famosi per l’impatto mediatico (che alla fine c’è stato, anche se si limitava a un personaggio solo): se vogliamo, una pubblicità ma anche una velata ironia contro il sensazionalismo di tanti palcoscenici da talk-show.
Però non si può protestare senza conoscere. Se, come ci ha detto Pozzati, la cultura è anche dissenso, è indiscutibile che il dissenso è anche cultura, e questo non l’ha detto Pozzati per primo. Perciò, l’autogestione si rendeva necessaria. E così, appena eletti i nuovi rappresentanti d’istituto, il Minghetti votò, con esito plebiscitario - 518 a 45 -, per tre giorni di informazione e dibattito sui vari aspetti della riforma Moratti (finanziaria, esame di maturità, aziendalizzazione, scuole private, dequalificazione dei docenti, riforma degli organi collegiali e riforma dei cicli), un giorno organizzativo, due di sensibilizzazione della cittadinanza e, infine, Scuolathon. Obbligo imprescindibile: non uscire dal seminato. Quest’anno a scuola si parla solo di scuola.
Così fu. Dopo aver sviscerato, analizzato, rigirato da capo a piedi tutto ciò che aveva a che fare con la signora Letizia Brichetto Arniboldi, per la plebe Moratti, per gli amici Lady Joy, tranne forse la sua biografia personale, organizzammo la sensibilizzazione. Che consisteva nell’iniziativa più stramba dell’intera autogestione. Vale a dire raccogliere firme in piazza, per due giorni, contro la Moratti, e intanto girare con volantini e uomini-sandwich pubblicizzando Scuolahton — a cui tutta la cittadinanza era invitata -, e soprattutto, badate bene, fare scenette (!) in piazza, al freddo e al gelo, usando un’arma sconosciuta al nemico: il senso dell’umorismo. La scuola pubblica e la scuola privata si sfidano a duello, dove ogni stoccata della scuola privata è una riforma della Moratti; frate Leone e San Francesco parlano di “Perfetta Letizia” a scuola; Dante incontra, in un nuovo viaggio, l’On. Fabio-Virgilio e Letizia-Beatrice; un professore osa irridere all’America e al lifting di Belrusconi e, previa segnalazione al Telefono Amico, viene trascinato via da due agenti stile Gestapo; Pinocchio viene persuaso alla cultura dell’azienda da Gatto-e-Volpe-manager, e traformato dalla Letizia Turchina in un dirigente vero.
La reazione dei passanti la lascio immaginare al pubblico: sta di fatto che, il giorno dopo, la comparsa del primo personaggio di Scuolathon, Franco Berardi detto Bifo, vide una cospicua partecipazione, non solo studentesca e non solo interna al Minghetti. Poi Pino Cacucci, Walter Vitali, la triste e tristemente nota parentesi di squallore, vari assessori, ispettori, presidi, Michele Serra, Francesco Guccini, e il giorno dopo Valerio Evangelisti, Eugenio Riccomini, Concetto Pozzati Vittorio Prodi, Claudio Lolli, insegnanti, politici, sportivi. Se continuo con i nomi rischia di diventare una campagna pubblicitaria dell’immagine: forse è meglio attenersi ai contenuti.
Ripetere le “pillole” di ognuno sarebbe bello ma prolisso, e per quello c’è il nostro sito (digilander.iol.it/studentiminghetti, N.d.R.); tanto, i concetti fondamentali erano: viva il pluralismo e perciò viva la scuola pubblica, fatevi domande prima di cercar risposte, pensate sempre con la vostra testa, se voi siete qui vuol dire che non siete degli idioti: casomai è idiota chi pensa che gli insegnanti vi possano strumentalizzare come si prende un caffè al bar; grazie di avermi invitato.
Che dire? Noi ci abbiamo provato. E abbiamo continuato a provarci anche dopo: cortei in piazza, funerale della scuola pubblica, controstati generali a Roma. Sicuramente ci proveremo ancora. A mio modesto parere, che peraltro condivido, l’iniziativa più bella resta però l’autogestione. Noi, almeno, l’abbiamo vissuta molto intensamente, alla faccia di giornalisti lugubri, onorevoli poco onorevoli e ministri all’istruzione molto ministri e poco istruiti. E adesso, tanto per dire qualcosa di originale, non solo ne sappiamo di più ma siamo anche più ricchi. Forse anche più liberi. Come dice Giorgio Gaber, “la libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero: libertà è partecipazione”.
Francamente, scusate se me lo dico da solo, questa mi sembra una buona notizia: pazienza se non soddisfa il gusto del brutto. Vi prego, qualcuno me la pubblichi lo stesso.