Trent'anni fa in via Clavature 5 a Bologna

Traumfabrik blowup alla Galleria Neon

Dall'11 settembre al 13 ottobre 2007, alla Galleria Neon di Via Zanardi 2/5, si terrà una mostra un'esperienza artistica riconducibile a un luogo fisico, un appartamento occupato dal 1976 al 1983 in pieno centro storico bolognese, che divenne luogo di produzione di artisti come Filippo Scozzari, Andrea Pazienza, gli Stupid Set e i Gaznevada.

10 settembre 2007

È stata inaugurata l'11 settembre scorso a Bologna presso la galleria Neon la mostra "Traumfabrik Blowup". L'idea della mostra è nata in seguito al ritrovamento di una cassa contenente circa quattrocento disegni originali (denominata "reperto 1") realizzati nei primi anni Ottanta all'interno di Traumfabrik, un'esperienza artistica riconducibile a un luogo fisico, un appartamento occupato dal 1976 al 1983 in pieno centro storico bolognese. Il nome, coniato da Filippo Scozzari, (neologismo tedesco – fabbrica dei sogni, ndr) venne progressivamente identificato con una sorta di open house, nel più puro stile warholiano, frequentata da una varietà di soggetti, tra cui fumettisti (parte del nucleo fondatore di Cannibale e Frigidaire fra cui Filippo Scozzarti e Andrea Pazienza) e musicisti di band di rock alternativo bolognesi: oltre al già citato Huber, (Stupid Set/Gaznevada), Giorgio Lavagna, Sandro Raffini e Ciro Pagano (Gaznevada). In poche parole, alcuni tra i protagonisti di quel periodo di particolare esuberanza creativa che mescolò insieme istanze politiche, suggestioni provenienti dalle sonorità degli Stati Uniti e del Regno Unito (con particolare riferimento al Post-punk), massicce dosi di sostanze stupefacenti di vario genere e una voglia irrefrenabile di sperimentare che portò per un breve periodo la città di Bologna a essere un laboratorio del movimento underground, con risultati fecondi per la cultura Pop. I lavori del collettivo Traumfabrik appaiono in larga misura come un unicuum organico. Dalla loro visione risulta palese un codice comune: la manipolazione di immagini mediatiche, la dissacrazione come chiave di lettura, la continua citazione della Pop Art.