Zero in condotta - Marzo 1997

Fuga DALLA Realtà

Due ore di musica per quattro giorni (17, 18, 19 e 20 marzo): arriva a Bologna, al Medica palace il tour di Lucio Dalla. La scaletta del concerto attingerà al vastissimo repertorio del cantautore bolognese, insieme ad alcuni brani dell'ultimo album Canzoni. Sicuramente sentiremo Ayrton, canzone dedicata agli ultimi attimi di vita di Senna prima del fatale incidente del 1° maggio 94 a Imola. Accompagneranno Lucio: Beppe D'Onghia alle tastiere, Maurizio Dei Lazzaretti alla batteria, Roberto Costa al Basso, Ricky Portera alla Chitarra, Giovanni Imparato alle percussioni, Iskra Menarini e Riccardo Majorana ai cori, Adele Madau e Guido Pupillo ai violini. La regia e le scenografie sono firmate dallo stesso Dalla.

Rassegnato a trascorrere una notte insonne tra testi universitari e sigarette, i sensi obnubilati da uno sbrodolìo d'inchiostro che non mi concede ulteriori dilazioni, malfermo sulle gambe mi accosto alla finestra. La spalanco animalescamente, subito accolto dalla frescura affatto sgarbata che sta graziando questo scorcio di fine inverno bolognese. Faccio rapidamente conoscenza con i miei compagni di veglia: i bongos di un solitario fricchettone dalle parti di piazza Scaravilli, gli originali e coloriti improperi di un vetero-tossicomane inquilino dei giardinetti del Guasto, lo stridore dei pneumatici di qualche esaltato chissà dove. Anche il cielo, con la complicità della coltre di fumo fuoriuscita dalla mia stanza, comincia ad accusare una certa turbolenta inquietudine. Tuttavia, l'0accentuata oscurità non mi impedisce di scorgere proprio allo zenit uno strano ordigno che attraverso incerte traiettorie semicircolari si porta lentamente in direzione del Teatro Comunale. Il terrore sfida in singolar tenzone l'ovvia incontenibile curiosità. Sarò mica stato prescelto per il momento del Contatto? Insolitamente nessuna luce si emana dalla misteriosa sagoma, da cui ora mi separa una distanza decisamente imbarazzante. Rivedo le mie teorie: che mi trovi al cospetto di un residuato dell'Era Cenozoica? Ogni mio dubbio viene evaporato dalla preoccupante perdita di quota e dal successivo atterraggio forzato dell'inquietante creatura. Avendolo finalmente fermo tra comignoli e abbaini ho modo di inquadrarlo meglio: è superLucio... Parzialmente deluso decido di continuare l'appostamento. Anche se di lui ormai tutti sanno tutto, trovarselo lì a pochi metri, nel pieno esercizio delle sue funzioni, è un altro paio di maniche. E di maniche potrebbe veramente averne bisogno, visto il costume così attillato, quasi diafano, che lo ammanta e che evidenzia un buzzo più che ragguardevole. Ad ogni buon conto, benché assodata la non sudditanza dei supereroi nei confronti del clima, il nostro si è cautelato mediante una quasi leggendaria berretta di lana ed una barba che si fa dar del voi. Che ha la duplice funzione di prevenire mal di gola inammissibili per un cantante ed incutere timore reverenziale verso il protettore dei deboli (d'udito) e degli oppressi. Il potere di risoluzione della supervista è inverosimilmente moltiplicato da un paio di superocchiali che ne sottolineano l'aria intellettuale. Un orecchino non ostentato ne ingentilisce l'aspetto. Nel complesso forse non è un Adone, ma sa farsi amare, cosa che peraltro non gli richiederebbe neppure troppi sforzi. Ma superDalla non è uno che si tira indietro di fronte a fatiche e pericolo e così eccolo prodigarsi con grande spirito di abnegazione in ogni genere di imprese. Sue corsie preferenziali, a parte la volta celeste, sono senz'altro le onde radio-televisive, attraverso le quali riesce a manifestarsi con una tale frequenza da farci sentire odore di ubiquità. Senza dimenticarsi dei palchi che calca a ritmo serrato in Italia e all'estero. Al termine della tournèe che lo sta vedendo protagonista indiscusso della scena musicale dell?intera penisola, sarà pronto per un bagno di folla europeo. Ed in passato è stato varie volte salutato con vivacissimo interesse dal sofisticato pubblico americano. Paladino del meridione, ha reso più di un omaggio alla tradizione melodica partenopea, cantando Addio mia bella Napoli all'epoca di Banana Republic e componendo quel melodramma di cinque minuti che è Caruso, nel 1986.
Qual è il segreto dei superpoteri del nostro illustre concittadino? Le avventure di superLucio cominciano, lui quattordicenne suonatore di clarino, con l'esibizione in varie formazioni jazz. Il suo debutto nella canzone avviene invece nel 1964 con l'incoraggiamento di Gino Paoli ed un'ispirazione che da soul virerà vagamente verso il beat. Per arrivare ad un album interamente scritto da lui, dobbiamo attendere il 1977 di Com'è profondo il mare, dove muscoli e cervello lavorano all'unisono all'interpretazione della realtà. Il Dalla-pensiero è ancora in embrione, le risposte sono al momento un retaggio di esperienze pratiche, concrete, biologiche, lontane da ipotesi teoriche. Seguiranno una valanga di album che daranno modo al nostro di cimentarsi nell'analisi approfondita di ogni aspetto della vita umana (e non). Troviamo nel suo ricco repertorio brani tipicamente popolari che strizzano l'occhio al vissuto quotidiano e pezzi dove il reale cede il posto al futuribile ed al fantastico. Il presente che evocano le parole di superLucio è nella maggior parte dei casi un purgatorio dove tra piccole pene e piccole gioie si scontano piccoli peccati, e su cui si affaccia con riservatezza una certa dose di fatalismo. Le piccole gioie sono quelle inattese di momenti speciali per un nonnulla, per un sogno, per il ritrovato piacere di stare con gli altri, sono le soddisfazioni dell'uomo di strada con il suo fardello di ricordi, di emozioni, di kitsch. Il cantautore sembra non faticare troppo ad immergersi nel comune, nell'ovvio, nel contingente, ma allo stesso modo non gli riesce difficile uscirne col supermantello appena sgualcito per riproporci i suoi casi originali quanto basta. Difficilmente comunica un netto senso di deja-vu ma, tra provocazioni ed ironia, si astiene anche da eccessi di originalità. In questa tocca invece l?acme nell?ambito di un altro filone, quello onirico-profetico, una sorta di bizzarro documentario sulle sue frequentazioni iperuraniche. Spaziando da atmosfere surrealiste a suggestioni favolistiche, sembra sempre occultare tra le righe chissà quale gravità di contenuti. Amo immaginare le sue canzoni come veicolo di trasmissione di ponderati insegnamenti esoterici, fruibili attraverso vari livelli di ascolto. Purtroppo ultimamente, ad esempio nel suo lavoro più recente, Canzoni, mi riesce quantomeno difficile andare al di là delle apparenze. Allora recito il mea culpa e lascio vacillare la mia mente tra i coretti in inglese e la ipnotica ripetitività dei ritornelli, lungo gli aggraziati martellamenti blandamente techno e le strofe d'amore necessariamente dedicate a un "tu". Il confezionamento più prettamente musicale è piuttosto accurato, allo stesso modo del passato e allo stesso modo dei testi, e allo stesso modo del tutto immune da spericolatezze. Quasi ogni brano possiede buone doti di orecchiabilità, cosicché non è raro sorprendere se stessi nel bel mezzo di una riproposizione canora o fischiettata di qualche suo motivetto. Le reazioni, naturalmente, sono sempre imprevedibili. Imprevedibili come superLucio, che anziché riposare, nei rari momenti di tempo libero elargisce il proprio aiuto ad artisti non ancora super. Ma non sono solo i suoi pupilli a potersi beare di appoggio e collaborazione: anche big come Ron, Morandi, Mango e Stadio hanno potuto usufruire dei suoi testi, dimostrandone l'autonomia rispetto all'immagine e all'interpretazione dell'autore. In più di una circostanza, sollecitazioni a scrivere musica gli sono pervenute da un mostro sacro quale Luciano Pavarotti. SuperLucio, dove vuoi arrivare? Mi verrebbe la tentazione di porgergliela questa domanda...
Squarcio la notte bolognese con ampi gesti delle braccia e qualche urlo inascoltato. Chissà quali e quanti pensieri gli passano per la testa. Ma no, ecco che si volta ... Un sorriso mentre plana verso di me ed un indecifrabile ammonimento: "Attento al lupo...". Poi il vuoto. Ed io, che continuerò sempre a domandarmi quale riposto significato avrei potuto carpire dalle sue parole.

Andrea Vittorini