Febbraio 1997 - Zero in condotta

Gli studenti sono una ricchezza

L?Università con i suoi 90 mila studenti è il luogo della città più frequentato da giovani, nonostante ciò è sempre mancata una politica specifica in questo contesto. Se ci si vuole impegnare in progetto politico per i giovani non si può rifuggire da questa considerazione. l?Università deve diventare non solo uno spazio frequentato da studenti universitari, ma anche e soprattutto un luogo di aggregazione, di sperimentazione, un luogo dove gli studenti non solo studiano, ma dove si possano esprimere in molteplici attività che hanno dimostrato di poter sviluppare.
Luciana Cavina

Bologna la dotta, in apparenza un vivace crogiolo di menti. Il suo essere principalmente città universitaria le consente di indossare la veste di mondo culturale in continuo fermento, in realtà il ruolo degli studenti universitari resta gravemente isolato e incapace o impossibilitato ad incidere in un tessuto sociale sempre più arroccato nella difesa di antiche conquiste, sopratutto economiche, sospettoso e refrattario ad ogni stimolo realmente innovativo. Ci si chiede se anche l?Amministrazione comunale sia intenzionata ad alimentare questa ottusa tendenza. L?inattività del Comune rispetto ad urgenti politiche giovanili ci suggerisce la risposta.
La priorità generalmente data a prospettive di guadagno e l?interesse a mantenere una facciata di efficienza essenzialmente ispirata a criteri meramente aziendali, impedisce di attribuire alla produzione culturale, artistica e scientifica la sua principale funzione, quella di mantenere in vita e, possibilmente, favorire lo sviluppo dell?essere umano nella sua interezza, in qualità di animale politico e di essere pensante.
Tornando sulla nostra povera Terra e, più precisamente, nella nostra città, riscontriamo un doppio paradosso.
Mentre ragionevolmente nessuno osa dichiarare che l?umanità ha raggiunto il suo più alto livello d?evoluzione o che esiste un modello di perfezione universalmente condiviso, l?Università ha assunto proprio la funzione di propinare i soliti codici di una cultura ormai ufficializzata, con scarse possibilità d?intervento innovativo o trasformazione. Alle nuove generazioni viene sostanzialmente richiesto di conformarsi per vivere felici e la via verso questa felicità é effettivamente molto agevole: basta spersonalizzarsi e accettare le comodità di una vita eterodiretta. E qui interviene il secondo paradosso: per rendere accettabile la conversione da soggetto a oggetto bisogna che tale adattamento non comporti per lo meno dei costi materiali. Frequentare le facoltà di Bologna, invece, costa; costa molto abitare e vivere qui, costano i libri di testo, mancano i servizi che attenuano le conseguenze derivanti dalla generale elevazione dei prezzi.
Al termine degli studi, infine, non esiste nemmeno la possibilità di far parte di quel mondo dei ?grandi? a cui il piccolo manager aveva ingenuamente aspirato.
Lo studente universitario é principalmente considerato una ricchezza solo in virtù dell?ampiezza del suo portafoglio o come orpello decorativo di una città che desidera fregiarsi del titolo di culla della cultura e della ricerca scientifica, che esporta un?immagine di dinamismo e di innovazione solamente virtuale. A volte, forse, basta l?immagine per attrarre denaro, investimenti o voti.
L?ambiente universitario è quindi composto da una schiera di ricchi automi che non sanno cosa farne della produzione culturale e che scaricheranno poi le loro inevitabili frustrazioni in uno sfrenato consumismo?
Non siamo ancora giunti a questi punto ma occorre rimboccarsi le maniche per evitare il peggio, acquisire coscienza delle potenzialità intellettuali, singole e collettive, e sollecitare le istituzioni affinchè concedano i mezzi necessari per uscire dal dilagante torpore e per evitare che le differenze di classe si amplifichino e si riproducano grazie all?attuale gestione dell? ?azienda università?.
Fortunatamente non tutti stanno dormendo ed è un dato di fatto che l?amministrazione comunale non può ignorare, così come non potrà continuare nella sua velata promessa di lavorare per la costruzione di un vago mondo migliore quando anche il ?ricco automa? si ritroverà completamente isolato dalla vita cittadina se non risulterà unicamente un passivo consumatore, mentre gli esseri umani ne resteranno tagliati fuori in partenza.
L?Alma Mater Studiorum affida la ricerca esclusivamente all?iniziativa di qualche singolo ed eroico professore, o a chi da questa ricerca può trarne un gustoso profitto, permette il proliferare di associazioni studentesche che fanno capo agli onnipresenti Cattolici Popolari e stronca ogni idea sul nascere proprio perchè non esiste alcun mezzo a disposizione degli studenti per produrre e diffondere cultura, sia essa di natura umanistica scientifica o artistica.
Il movimento del ?90, la sfuggente e indecifrabile Pantera, oltre alle concrete rivendicazioni a cui gli automatismi di un sistema troppo difeso e complesso hanno impedito di trovare uno sbocco risolutivo, esprimeva la forte volontà delle diverse anime della massa studentesca di avere, come si suol dire, una voce in capitolo. La suggestione che, almeno durante il periodo della protesta, le idee che circolavano tra le mura delle facoltà occupate venissero ascoltate da ?orecchie esterne? e discusse determinava una continua produzione di stimoli intellettuali e critici mai sperimentata durante le ?normali? lezioni. Era, appunto, solo suggestione: la separazione tra il monolitico mondo accademico, custode di una cultura propria, ufficiale e incancrenita e il resto del mondo, con tutte le sue potenzialità abbandonate ai margini di una protesta ormai divenuta sterile, stava operando già da tempo.
Da allora, o da sempre, quando un gruppo di studenti intende rivelare, diffondere, ricercare o analizzare un?idea, una realtà geograficamente lontana o sconosciuta, sperimentare nuove forme di espressione artistica - non dimentichiamo che a Bologna c?è il DAMS-, è costretto a conquistarsi uno spazio, occuparlo, combattere, con tutti i rischi del caso e con la conseguenza di rimanere ghettizzato dall?immobilismo imperante che trasforma la creatività e l?intelligenza attiva in pericolosa e minacciosa sovversione.
Da parte sua l?Amministrazione comunale, invece di aspettare che alcuni studenti incazzati bussino alla sua porta o, cosa che forse teme maggiormente, il suo fiore all?occhiello -L?Alma Mater- riveli al mondo il suo sostanziale mutismo potrebbe offrire possibilità di sbocco all?iniziativa dei giovani studenti che popolano le strade e le piazze di questa città che tanto sbandiera il suo trionfale ingresso nel secondo millennio.
Urge una politica che abbassi il costo della vita e l?istituzione di servizi (mensa a prezzi ridotti, sconti per studenti in diversi esercizi, un?efficiente politica di assistenza ecc..) per consentire ai giovani, e non solo ai ?ricchi automi?, l?accesso agli studi universitari. Basta che l?Amministrazione comunale esca dalla logica di profitto e comprenda di che natura sia la ricchezza rappresentata dalla vasta popolazione studentesca e che Il materiale umano non è una slot machine.
Una volta che gli amministratori apriranno gli occhi, cosa potranno fare ancora per favorire lo sviluppo reale della vita universitaria?
Chiedere al Comune di Bologna di far sì che la ricerca e la didattica all?Università prevedano forme di autogestione studentesca forse è troppo: siamo a conoscenza della compagine politica. Altro, invece,oltre alla già citata politica economica si può chiedere, perchè è doveroso: l?apertura di spazi di aggregazione nella zona universitaria , con la possibilità di utilizzo gratuito di strumentazioni per stampa e diffusione di materiale scritto, produzioni artistiche, organizzazione di seminari, conferenze e cineforum; l?istituzione di una biblioteca fornita (e sulla scelta dei testi dovrebbero poter esprimersi gli stessi fruitori), affiancata da un?ampia sala studio con orari serali; uno spazio riservato agli studenti in ogni facoltà. Importante sarebbe la creazione di una rete d?informazione, di facile consultazione tra le diverse iniziative in campo culturale e scientifico che non resti chiuso nei confini del mondo accademico ufficiale e la crezione di raccordi tra le realtà studentesche finalmente impegnate ed altri centri di cultura o altre università italiane ed estere. Si consiglia anche l?istituzione di numerose borse di studio per la ricerca che premino l?iniziativa del singolo o di un gruppo di studenti e non la quantità, o qualità, di lettere di presentazione o di nulla osta collezionate tra i corridoi degli uffici dei docenti.
Infine, un? ultima considerazione, ma non in ordine di importanza: la più grande ricchezza dell?Università di Bologna è costituita dagli studenti fuori sede, quelli che la città dei commercianti e dei proprietari di case riesce quotidianamente a spremere per rimpinguare il proprio conto in banca. Quanti giovani, quante famiglie sono in grado di sostenere tale situazione? Non tutto è di competenza dell?Amministrazione Comunale; in alcuni casi può solo suggerire e sollecitare, ma sulla questione abitativa non può fare orecchie da mercante: possiede sufficienti fondi, locali, mezzi e potere legislativo e contrattuale per consentire a tutti un?umana sistemazione.

Luciana Cavina