Zero in condotta, marzo 1977

Anatema isterico

Il '77 è il momento in cui il linguaggio prende il sopravvento sui parlanti.
Lo stile enunciativo dei proclami lanciati dagli indiani metropolitani è finalizzato a spiazzare, ancor più che il destinatario-lettore, l'enunciante medesimo.

Il '77 è il momento in cui il linguaggio prende il sopravvento sui parlanti. E' questa la tendenza generale che si svolge sul pianeta terra.
La Metamacchina del linguaggio si mette a ronzare nelle orecchie di un'umanità che non può più ne' governarlo né possederlo.
La cablazione della Metamacchina nei cervelli degli individui si realizza attraverso la Rete Globale. L'identità è giunta al suo termine, facendosi terminale d'identità.
Il processo di lavoro sociale inizia la sua lenta fuoriuscita dalla pelle coriacea della forma industriale, e si trasforma in un caleidoscopio di atti immateriali, di frammenti linguistici, che sono ricomposti dalla Metamacchina, la macchina di traduzione generalizzata, info-economia.
Gli indiani metropolitani misero in scena un anatema isterico contro questa metamorfosi.

Lo stile enunciativo dei proclami lanciati dagli indiani metropolitani è finalizzato a spiazzare, ancor più che il destinatario-lettore, l'enunciante medesimo.
L'autoironia, l'iperbole autoironica, la messa in sospensione del parlante esagitato che ride di sé.
Chi sta parlando sta irridendo a chi sta parlando, ed il contenuto dell'enunciazione ne esce così esaltato dalla potenza stessa della sua indecidibilità.
Quello che stiamo dicendo è ciò che vogliamo od il presentimento che quel che temiamo si avveri?
Se leggiamo il '77 complessivamente come un gesto che comunicava qualcosa riconosciamo che esso va letto come un anatema isterico. Il gesto linguistico ha carattere di anatema: maledizione pronunciata di fronte all'ineluttabile. Isterico perché è il corpo che si rivolta contro ciò che la mente riconosce come inevitabile.

L'intero flusso linguistico che venne dopo la rottura del '77, dal punk al demenziale, dal trash fino allo splatter, snoda una catena di spaesamenti, un vortice di spostamenti del luogo stesso dell'enunciante.
Chi sta parlando in questo Anatema isterico, che uscì alla vigilia dell'esplosione insurrezionale dell'11-12 marzo, e fu considerato dalla stampa una prova della preparazione meticolosa della guerriglia e del caos? L'enunciante spiazza il lettore spiazzando se medesimo.
Anatema: maledizione vade retro.
Isterico: è il corpo che si ribella contro ciò che la mente riconosce come ineluttabile.
E' la sensibilità che reagisce contro ciò cui la ragione si piega, ragionevolmente.

Da: Finalmente il cielo è caduto sulla terra La rivoluzione, foglio distribuito nelle situazioni di movimento nel febbraio 1977

"Milano babilonia vive le sue ultime ore.
Nessuno sembra prestare fede a quello che tutti sappiamo: siamo spacciati. Guardate il cielo nero, tutti gli animali sono fuggiti.
Tontoloni che siete, il terremoto, siatene certi, vi scuoterà.
Di fronte alla tragedia imminente, le sedicenti forze rivoluzionarie si smascherano in tutta la loro debolezza.
Sappiamo per certo che nessuna organizzazione ha proclamato l'allerta; neppure consigli elementari come dormite all'aperto sotto un albero sono stati impartiti ai militanti.
Alla Camera del lavoro e nelle centrali revisioniste, anziché fre incetto di tende e rouottes stanno già lavorando a criminali piani di ricostruzione. L'informazione, oppio secolare, lavora con metodo al disastro: sotto i piombi la profezia di una vecchia diviene un'allucinazione perché le parole sono comunque false, quando a pronunciarle è una strega.
Persino il Papa, di solito così attento, rinfocola la vecchia e spocchiosa polemica contro Satana, che tra l'altro momentaneamente è fuori.
I più informati scappano da Milano babilonia con la scusa del week end: bravi scemi. E' proprio quello che vogliono bande di topi d'appartamento. Non vi resta che una scelta: o la borsa o la vita. Le case deserte saranno saccheggiate.
Non capite che è una congiura contro di voi, ricconi? Il terremoto è sovversione allo stato brado.
Agli operai come al solito diciamo poche parole, perché ci intendiamo: non mettetevi in salvo ed insorgete al più presto. Siamo in molti in questo momento a compiere uno sforzo sovrumano per sbatterci, per non farci prendere dalla paranoia.
Nelle case la gente guarda la tivu, ma le loro teste formicolano di pensieri elettrici, l'isteria collettiva troppo a lungo rimossa sta per esplodere, aspetta solo un alibi. Domandate, bambini: mamma, è vero che domenica moriremo tutti?
Noi isterici non ci faremo sorprendere nel sonno, da questo momento siamo in allarme, siamo mobilitati contro tutti; da sabato notte vivremo nelle strade. Conosciamo la follia collettiva, la sua capacità di determinarsi, di organizzarsi, noi ne siamo gli intimi.
Nessuno è in grado di prevedere le nostre intenzioni, le nostre mosse, giacché siamo schizofrenici e parliamo con lingua biforcuta.
Milano babilonia è una metropoli con i suoi micidiali grattacieli. Perché il Comune non ha ancora cominciato l'opera di demolizione delle costruzioni più pericolose? Il Duomo con le sue guglie acuminate, la madonnina d'oro massiccio, il tagliente Pirellone, le gradinate di San Siro già predisposte a imbuto, e ogni altra arma impropria anche se camuffata da abitazione?
Lo faranno le nostre squadre di pianificazione territoriale: centinaia di antiarchitetti disoccupati sovraintenderanno i lavori di migliaia di demolitori avventizi. Quei giovani che avete ingiuriato, che avete chiamato fricchettoni sono al lavoro, distruggeranno MIlano prima che Milano sia distrutta dal sisma. Anche se qualche volta è successo che hanno fatto arrabbiare mamma metropoli non c'è stato un solo momento in cui abbiano smesso di amarla.
Saremo vostri figli fino in fondo. Ci comporteremo cme per vostra tranquillità ci descrivete: saccheggiatori, checche isteriche, cannibali, drogati, epilettici brutti.
Cosa ne sarà delle vostre case di via Spiga, via Borgonuovo, via Cappuccio, quando la prima scossa darà il via alle squadre di sciacallaggio proletario, quando le vetrine, come per miracolo, si sgretoleranno rovesciando per strada quella merce-feticcio che per tanto tempo desiderammo invano? E quando il terremoto spegnerà la luce giallo-epatite di queste strade che cosa sarà di noi metropolitani assaliti, feriti da branchi di umani in gufa? E quando cominceranno a cadere i cornincioniad aprirsi voragini, Milano babilonia spirerà in un rantolo di fogna.
La macchina della follia ormai è in moto. In qualche ora ci arriveranno le disposizioni del comitato centrale, ma quaunque cosa accada da sabato sera vivremo nelle strade, vigili e terrorizzati nelle piazze, nei campi.
Anche il soffiare del vento, un vetro rotto, una frenata brusca, un grido isterico, basterà per scatenare noi pazzi, folli, isterici, ultimi veri metropolitani."