Perché Agraria al CAAB

Intervista al Direttore Amministrativo dell’Unibo, dott.ssa Ines Fabbro
18 gennaio 2002 - Angelo Molisani (Gruppo Capsycum)

Può raccontarci qual è stato il percorso amministrativo che ha permesso il trasferimento della Facoltà di Agraria in viale Fanin?

«Il percorso amministrativo è molto complesso perché ha riguardato numerose strutture diverse tra loro per finalità e organizzazione interna.
L’organizzazione ha inciso, ovviamente, sulla sistemazione logistica: ad esempio si è colta l’occasione del trasferimento della Facoltà in un campus per centralizzare alcuni servizi comuni tra i quali il più importante è la biblioteca.
E’ facile immaginare come l’accorpamento di servizi precedentemente svolti da personale collocato in diverse strutture abbia richiesto anche una revisione di funzioni, ripartizione di compiti ecc., oltre all’organizzazione innovativa degli spazi e degli orari. L’iter di trasferimento ha dovuto anche tener conto dell’impossibilità di trasferire contemporaneamente tutte le attività, alcune delle quali devono continuare a svolgersi per un certo periodo ancora nelle vecchie sedi.
Se invece per iter amministrativo si intendono gli atti e contratti che si sono resi necessari, con connesse procedure di gara, allora si deve parlare di innumerevoli procedimenti che hanno interessato diverse aree interne all’amministrazione (Economato, Ufficio Tecnico, Patrimonio e Contratti, Segreterie studenti, Servizi informatici, ecc.) e hanno richiesto un cospicuo lavoro di coordinamento».

Era stato fatto un piano di fattibilità per adibire una struttura realizzata come commerciale a struttura universitaria?

«Per la trasformazione della struttura, originalmente pensata per uso direzionale, è stato preliminarmente redatto un progetto di fattibilità. In seguito è stato realizzato un progetto esecutivo, verificato ed approvato sia dall’ufficio tecnico dell’Università, sia dal Provveditorato alle opere pubbliche, che ha rilasciato un parere di congruità sia tecnico che economico».

Lei personalmente cosa pensa della struttura?

«La struttura è di qualità sia sotto l’aspetto architettonico che per il grado di finiture e di materiali; a questo proposito è utile ricordare che il progetto è scaturito da un concorso internazionale di progettazione vinto da un importante studio parigino, “Chemetof-Huidobro”. Per quanto concerne l’aspetto funzionale, l’edificio risponde in maniera corretta alle esigenze della Facoltà; consente agli studenti di apprendere in strutture moderne e ai ricercatori di lavorare in ambienti non solo conformi alle norme di sicurezza, ma anche adatti a ospitare attrezzature e tecnologie altamente innovative».

Sa spiegarmi perché il trasferimento non è potuto avvenire in un unico passaggio?
Come Lei sa, al momento, nella nuova struttura sono presenti pochi dei dipartimenti della facoltà. Gli altri aspettano ancora di trasferirsi. Questo provoca non pochi disagi agli studenti e a tutto il personale.

«Il frazionamento del trasferimento è dovuto principalmente ai diversi tempi di risoluzione dei problemi interni ai singoli dipartimenti (trasloco, modifiche e completamenti di finitura, impossibilità di interrompere attività di sperimentazione già avviate ecc.). La struttura è stata messa a disposizione di tutti i dipartimenti nell’estate del 2001 in condizioni di omogeneità. In ogni caso, posso assicurare in base all’esperienza, che un trasferimento contemporaneo di tutte le attività di ricerca e di didattica sarebbe stato impraticabile dal punto di vista organizzativo, per la confusione e i disguidi che avrebbe prodotto».

Sin da marzo abbiamo cercato di evidenziare quelli che sarebbero stati i problemi dovuti al nostro trasferimento. Era a conoscenza delle nostre proteste?

«Ne ero al corrente, in quanto il Preside mi ha costantemente coinvolta negli sforzi per superare le difficoltà degli studenti. Peraltro, da tempo si era tentato di evitare disagi e malfunzionamenti, ma spesso la soluzione richiede la disponibilità anche di enti esterni oppure, pur dipendendo dall’Università, si scontra con fatti imprevisti».

Sa spiegarci come sia stato possibile che il vecchio rettore, Roversi Monaco, inaugurasse la sede di viale Fanin nell'ottobre 2000 quando ancora oggi non è pronta e funzionale?

«Nell’ottobre 2000 le opere di adeguamento strutturale erano state tutte completate. Nel contempo erano state avviate le principali procedure di appalto delle forniture (arredi, aula magna, impianti speciali, recinzione ecc. ) e quindi la realizzazione del nuovo campus poteva considerarsi, se non perfezionata, comunque conclusa».

Lei sa che circa 300 persone tra studenti, docenti e personale tecnico amministrativo, ogni giorno, sono costretti a raggiungere una facoltà completamente isolata che non è in grado di offrire i servizi minimi? Manca un servizio ristoro, mancano i telefoni pubblici, manca il servizio ATC (basterebbe prolungare di due fermate la linea 20), tutte cose che essere previste e attivate da tempo.

«Il servizio di ristoro sarà pronto entro metà febbraio 2002. L’intera zona in cui è inserita la nuova facoltà è in corso di completamento e diverrà in breve densamente urbanizzata e quindi servita anche sotto l’aspetto dei trasporti. Con molto anticipo abbiamo sottoposto la questione all’ATC, proponendo proprio l’allungamento di una delle due linee che fanno capo al Pilastro, ma ancora attendiamo risposta».

L’Università ha pertanto provveduto ad attivare un servizio navetta di emergenza, con un costo di 13 milioni al mese. Mi scusi ma a cosa servono i soldi delle nostre tasse?

«E’ un’ottima domanda ed è legittimo che gli studenti si interroghino sul destino delle tasse versate dalle loro famiglie.
Gli studenti contribuiscono al costo delle strutture che li ospitano, della didattica e dei servizi che vengono loro erogati. Gli oneri maggiori sono assunti però dallo Stato, che finanzia le Università in base alle valutazioni quantitative e qualitative effettuate da un Comitato nazionale appositamente costituito. L’Università di Bologna, benché si attesti tra le migliori, riceve tuttora un finanziamento ordinario molto inferiore a quello che le spetterebbe in base ai parametri di fabbisogno fissati dallo stesso Ministero. Quindi, per esprimermi con semplicità e senza tecnicismi, ritengo che gli studenti dovrebbero essere consapevoli che:
- lo Stato non finanzia adeguatamente le Università;
- i contributi degli studenti sono appunto “contributi” al costo, e vengono comunque interamente spesi per i servizi e le attività che li riguardano, comprese le azioni volte a realizzare il Diritto allo studio. Ritengo utile dare un dato (purtroppo l’ultimo di cui dispongo, per ora, è quello relativo al 1999 e quindi riferito alla vecchia sistemazione - con spazi che erano un terzo degli attuali e molto meno costosi – della Facoltà): i contributi versati dagli iscritti alla Facoltà di Agraria hanno rappresentato il 14% del costo complessivo dei corsi di studio attivi nella Facoltà stessa».
Proviamo a scommettere che tutti i servizi e tutti i dipartimenti non saranno presenti prima del 2003? Lei cosa pensa?
«Sono più ottimista. Ho vissuto l’esperienza di altri trasferimenti di Facoltà e ho potuto verificare che, a una prima fase di resistenza (tipica di ogni cambiamento che tocca profondamente le abitudini delle persone e il loro contesto di riferimento), segue una fase di adattamento, che si tramuta presto in entusiasmo.
Ad oggi sono state trasferite nella nuova sede tutte le attività didattiche, la Segreteria, la Biblioteca, la Presidenza, l’intero Dipartimento di Economia e Ingegneria agraria, parte di altri dipartimenti, un terzo delle attività laboratoriali. Come dimostra questa situazione, gli altri laboratori sono in grado di trasferirsi in tempi brevi. Tenendo conto che alcuni Dipartimenti dichiarano di non poter sospendere determinate attività di sperimentazione già avviate e contrattualmente fissate, il trasferimento dovrà essere attuato entro la primavera 2002 (con esclusione delle attività di cui si è fatto cenno).
Ogni qualsiasi residua attività dovrà in ogni caso essere trasferita nell’estate 2002.
Va considerato, a questo proposito, anche l’elemento di pressione costituito dalla necessità di rifunzionalizzare gli spazi lasciati liberi nella vecchia sede per altre Facoltà».
La ringrazio per l'attenzione e le auguro di lavorare anche al fine di migliorare la condizione di “quelli di Viale Fanin”.
«Indubbiamente nessuno voleva pensare che il trasferimento potesse essere istantaneo e perfetto. Sarebbe stupido protestare per delle imprecisioni».
Se ancora oggi studenti, docenti e lavoratori continuano a sollevare critiche è per il semplice fatto che non tutti condividono la rosea analisi del Direttore Amministrativo.
L’assestamento ci sarà, i servizi miglioreranno, i gusti architettonici cambieranno e per gli alieni la facoltà di viale Fanin, 40 sarà un’opera d’arte; ma ciò non toglie che l’Università non ha saputo affrontare con efficienza il trasferimento.
Fin quando si parla del trasferimento di interi dipartimenti può essere compresa la difficoltà organizzativa, ma cosa ha impedito di appaltare per tempo un servizio bar? Cosa c’è di difficile nel chiedere per tempo l’istallazione di telefoni pubblici?
Quando poi si parla di miglioramento della qualità dei servizi sfido chiunque a svelarmi dove hanno nascosto tutte le nuove strumentazioni per i meravigliosi laboratori della nuova sede.
A malapena funzionano le vecchie.