Il pronunciamento

Un contributo di Franco Berardi sull'esito della consultazione tra i lavoratori e sul ruolo dei movimenti sociali
12 ottobre 2007 - Franco Berardi Bifo

Il referendum sul protocollo welfare è la sanzione di un progetto di
sottomissione della società all'assolutismo del capitale. I contenuti del
protocollo non sono in alcun modo riformabili perché lo spirito di quel
patto è distruggere ogni difesa del lavoro, consegnare intero all'impresa
il comando sul tempo di vita, imporre condizioni schiavistiche alla quota
crescente del lavoro precario. Insomma, come detta il dogma centrale del
monetarismo europeo, riduzione del costo del lavoro e aumento illimitato
dello sfruttamento.
Il governo Prodi non è più altro che l'esecutore di questo disegno di
sottomissione.
Questo refererendum è stato un pronunciamento della società civile
rimbecillita contro gli operai (che non mi sembrano rimbecilliti affatto).
Coloro che hanno fatto pesare la bilancia a favore del no sono i
pensionati, quelli che la pensione l'hanno già, quelli che hanno goduto dei
benefici dello stato sociale. I pensionati sono stati utilizzati come
carne da cannone in questa guerra contro gli operai, non perché siano
stupidi ma perché le loro fonti di informazione sono la TV di Berlusconi e
lo SPI, sindacato pensionati allineati a tutto. Sono i settantenni che nel
1956 dicevano sì ai carri armati di Stalin a Budapest, e nel 1968 dicevano
sì ai carri armati di Brezhnev a Praga, e nel 1977 dicevano sì ai carri
armati di Zangheri a Bologna, e ora dicono sì ai carri armati di Padoa
Schioppa Montezemolo Epifani.
C'è un'altra cosa da dire: le ultime due settimane hanno rivelato che il
quadro di movimento dell'epoca di Genova - intendo la cibercultura il
mediattivismo, i disobbedienti, la rete precaria e così via - non hanno più
alcuna sintonia con il divenire dell'emergenza sociale. Se guardate le
liste i siti gli ambienti culturali e politici dell'area dissidente in
Italia nell'ultimo mese non trovate quasi cenno alla resistenza operaia che
in questo paese ha mostrato di non essere doma. Il compagnume vario non s'è nemmeno accorto del fatto che stava accadendo qualcosa di colossale,
l'ultima battaglia fuori tempo o anzitempo.
L'area di movimento ha perduto un'occasione decisiva. So benissimo anche io
(come denunciano i compagni delle Rdb e molti altri) che il referendum era
truccato fin dall'inizio, che si è trattato di un referendum bulgaro dove
il sì disponeva dell'appoggio di tutti i media e di tutti i sindacalisti
(anche di quelli che non erano d'accordo ma non lo potevano dire alle
assemblee), mentre il no era ridotto al silenzio assoluto. Ma avremmo
dovuto colmare quel vuoto, avremmo dovuto gettare tutti gli strumenti di
comunicazione indipendenti nella campagna per il no con gli
operai. Avremmo dovuto creare un legame tra il popolo del vaffanculo e la
resistenza operaia, altrimenti è ovvio che il vaffanculo va in direzione
del fascismo. Avremmo dovuto creare un rapporto tra resistenza operaia e
insorgenza precaria.
Che ciò non sia accaduto significa che non esistiamo più. Non esiste alcun
movimento, alcuna intellettualità, non esiste alcuna intelligenza
collettiva. Quando Miriafiori chiama chi non risponde è un codardo o un
imbecille. Nessuno ha risposto all'appello di Mirafiori
nell'intellettualità italiana, e nei circuiti di movimento. Ho il sospetto
che in questo paese siano rimasti solo codardi ed imbecilli.

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