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Se l’edilizia popolare non tiene il passo con le nuove povertà

A rivolgersi all’erp oggi soprattutto famiglie numerose, ma gli alloggi sono piccoli. E, rispetto a sette anni fa, sono i più giovani ad avere bassissime disponibilità economiche e affollare le graduatorie.

26 Dicembre 2016 - 14:15

Case popolari in S.Donato ©Michele LapiniÈ uno spaccato di una società che cambia molto rapidamente, e si impoverisce, quello che emerge dalla ricerca sulle graduatorie delle case popolari presentata alcuni giorni fa dal dipartimento di Sociologia dell’Alma Mater. Il primo dato che salta all’occhio è il calo delle domande, scese in 7 anni da quasi 8000 a poco più di cinquemila. Ma non è indice di un minore bisogno, quanto di una mutata natura dell’esclusione sociale: i requisiti regionali escludono ad esempio chi non ha una residenza sotto le due Torri (i senza dimora come fanno?) o un rapporto di lavoro in città: come dimostrarlo se è in nero, o magari a voucher?

Oggi a fare domanda sono per il 60% migranti, in gran parte si tratta di nuclei familiari numerosi con minori a carico e difficoltà economiche. La necessità di presentare un permesso di soggiorno in regola e dimostrre un’attività lavorativa ne taglia fuori però moltissimi. Tra chi è nato in italia, invece, si trovano tanti single ma anche famiglie con persone anziane: tuttavia mediamente questi ultimi risultano avere redditi Isee maggiori, mentre i redditi scendono sensibilmente sotto i 44 anni (in questa fascia quasi i due terzi dei nuclei familiari in graduatoria).

Insomma, a fare la fila per una casa popolare oggi si trovano persone più povere, molti più migranti, tantissimi giovani, famiglie numerose. Il patrimonio edilizio non sembra essere al passo con questi mutamenti: la maggioranza degli alloggi sono di piccole dimensioni e, come si ammette anche da Palazzo D’Accursio, è sempre più difficile sistemare chi ha molti figli o parenti a carico.

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