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Ex Beretta, “condannato chi difende il diritto all’abitare”

Asia-Usb: “Sentenza ingiuste e inaccettabili”. Solidarietà da Unione Inquilini. E il Cua sui pronunciamenti del Tribunale riguardanti la contestazione contro Maroni del 2009: “La resistenza di allora necessaria quanto il rinnovato impegno di oggi”.

10 Maggio 2018 - 13:01

Per Asia-Usb sono “profondamente ingiuste le sentenze che ieri il Tribunale di Bologna ha emesso nei confronti dei nostri delegati e iscritti: persone completamente private di una casa, condannate per aver rivendicato in maniera organizzata che l’ex-clinica Beretta in via XXI Aprile, inutilizzata da quasi 10 anni, fosse utilizzata come alloggio a canone popolare da assegnare a quelle stesse famiglie, che ci avevano vissuto per quasi un anno rendendolo di nuovo un posto abitabile e vero punto d’incontro nel quartiere. La pena è di un mese di detenzione più 200 euro di multa, oltre al risarcimento di 5000 euro all’Ausl, proprietario costituitosi parte civile. Le riteniamo ingiuste e inaccettabili perché la sola giustizia sociale possibile è quella che si basa sull’equità dei diritti sociali. Per molte famiglie e persone che vivono in condizione di estrema povertà risulta impossibile accedere all’assegnazione di case Acer – o addirittura entrare in graduatoria, come prevedeva i regolamento Acer negli anni in cui avvenivano i fatti per chi avesse un Isee pari a 0,00 euro – e la situazione è solo peggiorata in anni recente. Le richieste di alloggio popolare, da parte di nuclei aventi diritto, a cui non segue una risposta positiva sono ogni anno migliaia (circa 4000 quest’anno), e gli sfratti per morosità sono in continuo aumento; allo stesso tempo le case Acer sfitte nella provincia di Bologna sono quasi 2000, mentre innumerevoli quelle di proprietà private, grandi enti o singoli. Il sindaco di Bologna sembra ricordarsi di questo fatto un giorno all’anno, pubblicando sui giornali promesse di realizzare qualche centinaio di alloggi in un numero indeterminato di anni. L’ultima volta è stato pochi giorni fa, quando sulle pagine del Corriere appariva l’annuncio della cessione dell’ex-clinica dall’Ausl al Comune – in cambio di due piccoli ambulatori come permuta – allo scopo di realizzare alloggi Erp. Peccato che questo venga fatto oggi, quando lo stabile è di nuovo un rudere disabitato, mentre chi aveva avuto il coraggio di richiedere la stessa cosa nel 2011, organizzandosi come proprio diritto in maniera sindacale, viene condannato per aver tentato di difendere uno dei diritti basilari: il diritto all’abitare”.

Interviene a riguardo anche l’Unione Inquilini: “È  in discussione in questi giorni, in consiglio comunale, il passaggio di proprietà dello stabile ex Beretta che appartiene alla Ausl e che è andato all’asta per varie volte , sempre andata quasi deserta da parte dei privati. Dopo esser stato occupato per due volte da rifugiati e italiani, famiglie  e singoli che chiedevano che quello stabile, vuoto da 10 anni e lasciato all’incuria , fosse utilizzato dal comune per farne edilizia residenziale pubblica al servizio dei cittadini che ne avevano bisogno, viste le 6000 domande Erp, dopo trattative con quartiere, Comune, Ausl e prefettura, dopo aver lasciato spontaneamente l’occupazione con le varie rassicurazioni, rivelatasi false, oggi il Comune ne vuole fare appartamenti. Quelle occupazioni ieri sono costate condanne da parte della ‘giustizia’ ai militanti e alle persone che hanno lottato per un diritto di tutti. Oggi ci chiediamo, ma era necessario che le istituzioni si facciano per forza reazionarie e repressive per la mancanza di idee e di vere politiche abitative? Chiediamo come Unione Inquilini quali sono i termini di costo che il Comune sta trattando con asl, due ambulatori? (a questo siamo al baratto?) E perché l’amministrazione non ha voluto dare risposte politiche sulla situazione abitativa che ancora oggi è  presente a Bologna? Chiediamo inoltre che le forze di opposizione  controllino che non vi sia ulteriore speculazione edilizia, questa volta con soldi pubblici  di tutti i cittadini. Come sindacato seguiremo la vicenda affinché gli interessi dei cittadini e il diritto zll’abitare sia tutelato. Esprimiamo la piena solidarietà con tutti i cittadini e militanti per il diritto all’abitare che erano nel giusto ieri e lo sono oggi di fronte ad una giustizia  piegata a gli interessi di parte grazie a leggi che i governi che si sono susseguiti, da Forza Italia al Pd, hanno applicato contro la classe lavoratrici”.

Il Cua, invece, commenta le condanne per la contestazione che nel 2009 accolse a Bologna l’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni: “C’era il movimento dell’Onda Anomala. Ogni giorno migliaia di studentesse e studenti universitari e medi organizzavano cortei, manifestazioni, sit in e assemblee. Tra l’altro a Bologna l’onda fu più lunga che altrove spingendo in avanti con numeri importanti e radicalità le istanze che, una volta approvata la riforma Gelmini, nella altre città rifluirono. Il movimento studentesco e precario di allora, a Bologna, si scatenò a partire dalla contestazione all’odiata riforma, di cui tutti oggi hanno davanti ai propri occhi i disastrosi effetti, ma in poco tempo allargò la mobilitazione a molte altre istanze legate allo slogan e programma politico del ‘noi la crisi non la paghiamo’ e del ‘che se ne vadano via tutti’ rivolto al governo del corrotto Berlusconi. Fu quindi automatico e legittimo organizzare una protesta contro il ministro degli Interni Maroni che allora mostrava il pugno duro contro migranti, giovani e contro gli ambiti sociali più arrabbiati e riottosi perché in primis colpiti dalla repressione, proprio come gli ultras che in quegli anni erano oggetto di una sostanziosa aggressione repressiva. Aggressione che ha poi aperto la strada a nuove pesanti forme di controllo. Ad oggi non possiamo che rivendicare in pieno le ragioni che portarono una generazione di studenti precari a tentare di raggiungere quel convegno per contestare la presenza del ministro Maroni. Per quanto ci riguarda siamo stati, siamo e saremo sempre al fianco di quei soggetti sociali che il sistema individua per criminalizzarli, reprimerli e sperimentare forme di controllo sociale da estendere al resto della società. D’altronde l’odioso allargamento dello strumento del ‘daspo‘ dalle curve alle nuove forme di povertà è un fatto di attualità. Nove mesi di condanna per aver contestato il nuovo ordine che dagli stadi avrebbe poi invaso il resto della società. Una condanna di cui andiamo fieri. Una condanna di cui, seppur arriva a quasi dieci anni di distanza, rivendichiamo contesto e ragioni politiche con orgoglio e amore di giustizia, quella vera, che chiamiamo giustizia sociale. Tutte le questioni, compresa quella oggetto del processo, sollevate dal movimento dell’Onda a Bologna sono state materia di attacchi reazionari da parte dei governi Monti, Letta e Renzi spiegando come la resistenza di allora fosse necessaria quanto il rinnovato impegno attuale. Avevamo ragione noi… ieri come oggi alla lotta!”.