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Coopservice, tre anni dopo arrivano altri decreti penali

Cinque condannati a pagare complessivi 75.000 euro per le lotte in sostegno alla vertenza contro ateneo e cooperativa. Hobo: “Non abbasseremo la testa”. Sospensione studente che contestò Panebianco, il collettivo annuncia ricorso al Tar e crowdfunding.

05 Luglio 2017 - 10:57

“A distanza di anni dalle lotte contro Coopservice che in Università hanno visto mobilitarsi lavoratori insieme con studenti e studentesse, nel caldo luglio bolognese la Procura, a braccetto con l’Università, ha nel silenzio comminato 5 decreti penali di condanna per un totale di 75 mila euro a studenti e studentesse”, dispositivi “che fanno seguito ad altrettanti decreti già emessi dalla procura subito dopo la mobilitazione”. Ne dà notizia Hobo su Facebook.

I decreti penali sono condanne pecuniarie emesse dal gip a cui è possibile presentare opposizione chiedendo un processo solo nei quindici giorni successivi alla notifica. “L’accusa – prosegue il collettivo – è quella di essersi opposti a fianco dei lavoratori alle condizioni che Coopservice, in quanto braccio padronale dell’Unibo, riservava ai suoi dipendenti; dopo il demansionamento a cui i contratti erano stati sottoposti la paga dei lavoratori era addirittura arrivata a 2,80 l’ora. La mobilitazione aveva visto tante e tanti scioperare e picchettare i palazzi del potere dell’Unibo per almeno un paio di mesi, portando avanti sia un piano di lotta sindacale sia un piano di conflitto che accumulasse forza e raggiungesse degli obiettivi concreti. Come oggi dimostrano questi decreti penali, il Partito Democratico si mostra ancora una volta come un sistema di potere omogeneo e articolato che riversa le condizioni della crisi sulle spalle di studenti e studentesse, precari e lavoratori. Ecco perché denunciamo l’utilizzo di questi strumenti che vorrebbero intimidirci e derubarci, non abbasseremo la testa e continueremo ad opporci a questo sistema di potere e ai suoi differenti volti”.

Ieri, in un altro intervento sui social network, Hobo è tornata sulla sospensione disciplinare di uno studente per aver preso parte nel 2014 a un’iniziativa di contestazione nei confronti del docente Angelo Panebianco, annunciando una campagna di crowdfunding per sostenere le spese del ricorso al Tar: “La nascita e la diffusione della campagna ‘Libertà di studiare’ ha visto la presa di parola e la solidarietà di molti soggetti differenziati dell’università, tra cui docenti, lavoratori, precari e studenti. Con essa abbiamo voluto mettere a nudo il vero volto del rettore Ubertini e le nefandezze contenute nel codice etico, ovvero il tentativo di chiudere spazi di agibilità politica tramite l’instaurazione di un regime preventivo volto ad individualizzare e punire le condotte ‘pericolose’ di chi quotidianamente attraversa l’università e produce sapere critico e dissenso. Il senato accademico, riunitosi il 23 maggio scorso, ha comminato a Loris una sospensione disciplinare di due mesi dalla frequentazione universitaria, nonostante la misura annunciata dovesse superare i tre mesi. In quella giornata infatti, molti studenti e studentesse hanno bloccato e sospeso ripetutamente quella riunione tra inquisitori, facendo di quella misura un campo di battaglia e rifiutando un’Università che diventa tribunale dei suoi stessi studenti. Il rettore, difronte alla determinazione degli studenti, ha deciso di chiamare la polizia affinché il senato si svolgesse e la misura, seppur depotenziata, fosse comminata”.

Prosegue il collettivo: “A più di un mese dall’irrogazione, oltre all’illegittimità sostanziale e politica di queste misure, si sono palesate gravi incongruità dal punto di vista tecnico-giuridico: l’organo preposto a valutare l’eventuale condotta di Loris era il Consiglio della sua facoltà, quella di Lettere e Filosofia, che avrebbe avuto pesi e connotazioni differenti nei criteri di scelta. Ecco perché abbiamo deciso di opporci anche su questo livello formale, crediamo infatti che il Rettore debba assumersi tutte le responsabilità delle sue decisioni. Oltre alle buone possibilità che il provvedimento del Senato venga annullato, il ricorso al Tar ha delle implicazioni politiche notevoli: da oggi in poi qualsiasi atto illegittimo di Ubertini dovrà trovare strenua opposizione su ogni piano, da quello politico e conflittuale a quello giuridico e formale, per far sì che le misure diventino un campo di battaglia e non vengano mai più date. Il ricorso ha tuttavia un costo notevole, soprattutto per chi affronta spese universitarie già abbastanza sostenute; infatti per poter sottoporre al Tar di Bologna il provvedimento amministrativo dell’Università la spesa è di 1000 euro. Per questo motivo abbiamo intrapreso un crowdfunding, cosicché tutte e tutti coloro che hanno sostenuto la campagna possano dare un contributo economico, a seconda delle proprie possibilità, per garantire la fattibilità del ricorso. Per chi volesse contribuire mettiamo a disposizione un Iban, intestato a Loris Narda: IT82S0760105138229674629676. Questa la causale: contributo campagna libertà di studiare”.