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Ateneo: al 36 “resta controllo degli accessi, o così o si chiude”

Cua: “Accesso ai servizi Unibo non sia negato a nessuno, torneremo a dar battaglia”. Lubo: “Rimangono ferite aperte”. Hobo: da Alma Mater “opera di normalizzazione del conflitto e del sapere critico”.

19 Luglio 2017 - 10:31

L’Università nel pomeriggio di ieri ha dato la sua versione sulla riapertura, dopo cinque mesi, della biblioteca: senza tornelli all’ingresso su via Zamboni, ma con una bussola che filtra l’accesso a laboratorio informatico, bagni e area riservata al personale, mentre per la sala studio c’è già un operatore incaricato di controllare chi entra.

Ci sono 50 posti in meno: la sala degli affreschi, infatti, è diventata un’aula didattica della contigua Scuola di Lettere. Aperture serali e prestito bibliotecario saranno riattivati solo a settembre.

“Abbiamo ancora il controllo degli accessi”, sintetizza il presidente del sistema bibliotecario Guglielmo Pescatore: il nuovo assetto “garantisce la sicurezza per il patrimonio, per gli utenti e il personale. Il problema era l’uso improprio della porta di sicurezza, che doveva essere lasciata apribile col maniglione. Sistematicamente qualcuno la apriva”.

Subito un avvertimento ai collettivi: “Se si dovessero manifestare ancora problemi rilevanti, l’intenzione del rettore a quel punto, l’ha detto chiaramente più volte, è di chiudere definitivamente la biblioteca e trovare una soluzione di carattere radicalmente diverso”.

E i 50 posti in meno? “Sono ampiamente compensati dagli spazi di via Belmeloro”, dice Pescatore. Che però, a quanto si legge, non sembrano essere nelle migliori condizioni.

Proseguono, intanto, le prese di posizione delle realtà studentesche.

Il Cua, dopo aver segnalato la riapertura in mattinata,  ha appeso striscioni e affisso manifesti nei dintorn, e su Facebook aggiunge: “La zona universitaria saluta la riapertura di Zamboni 36 senza tornelli all’ingresso! Noi in quanto studenti e studentesse che frequentano ogni giorno queste strade, ribadiamo che non accettiamo dispositivi limitativi della libertà di tutti e tutte di accedere ai servizi della biblioteca, né accettiamo la sospensione di chi lotta contro i gravi problemi dell’Alma Mater. Siamo quindi pronti fin da settembre a continuare a dare battaglia perché a nessuno venga negato l’accesso alla cultura e ai servizi dell’Unibo e non solo!”.

Scrive Lubo: “Risulta paradossale che la biblioteca venga aperta proprio ora, a sessione d’esami quasi conclusa, quando gran parte degli studenti e delle studentesse sono ormai fuori Bologna, e che i posti per studiare siano ridotti e senza possibilità di accesso libero ai computer a causa della chiusura della Sala Affreschi al 36; nonostante ciò, siamo comunque lieti di constatare che l’accesso agli spazi comuni e al cortile della biblioteca non è sottoposto alle restrizioni di accesso dei tornelli e che l’aula studio è accessibile senza identificazione. Il rettore Ubertini ha inspiegabilmente atteso mesi per riaprire uno spazio degli studenti e delle studentesse che era già agibile da tempo, dimostrando la propria vigliaccheria e la propria incapacità di porsi a confronto con le legittime istanze di chi voleva il 36 completamente libero dal controllo degli accessi. Rimangono comunque aperte le ferite, causate dal Rettore, della repressione del dissenso studentesco e dei procedimenti disciplinari avviati nei confronti di chi ha attraversato questa giusta e degna lotta. Ci teniamo dunque a ribadire che continueremo a frequentare la biblioteca di Discipline umanistiche e che daremo battaglia perchè tali sanzioni vengano ritirate e perchè tutt* gli studenti e le studentesse sottoposti a limitazioni della libertà o ad altre misure a seguito di quanto avvenuto in questi mesi siano completamente liber* e possano studiare e vivere il 36 con noi”.

Secondo Hobo, infine, “dello spazio che abbiamo lasciato il 9 febbraio scorso, in seguito ad una intensa giornata di lotta che ha visto studenti e studentesse occupare e scontrarsi ripetutamente con la polizia, è rimasto poco: la sala affreschi, luogo di condivisione del sapere, è diventata un’asettica aula per la didattica, i bagni e l’aula computer delimitati da tornelli, all’ingresso della biblioteca lavoratori trasformati in controllori degli accessi tramite badge. Il 36 di oggi è pienamente compatibile con l’opera di normalizzazione, di gestione del conflitto e del sapere critico, di chiusura degli spazi di socialità intrapresa dall’Unibo”. Aggiunge il collettivo: “Il rettore, con l’apertura posticipata del 36 e le sospensioni inflitte agli studenti e alle studentesse che lottano all’interno della stessa istituzione universitaria, sta giocando le sue carte, il nostro compito non è quello di scrutare impassibili da lontano”.