Nelle piazze degli anni Settanta si denunciavano le "stragi di stato" gridando slogan come «Le bombe nelle piazze, le bombe nei vagoni, le mettono i fascisti, le pagano i padroni» oppure «Piazza della Loggia, Piazza Fontana: mano fascista, regia democristiana».
Oggi solo la prima parte di questi slogan comincia a essere una verità riconosciuta - a denti stretti - dai governanti attuali. «Alcune di quelle bombe erano di destra», ha dichiarato il ministro Maurizio Gasparri a fine maggio. Adesso che i conti giudiziari hanno visto archiviazioni e assoluzioni degli esecutori materiali, lo stato cerca di cancellare il ricordo dei mandanti. «In quella che è stata definita la galassia neofascista», ha dichiarato ancora Gasparri, «c'era qualche mente bacata, che immaginando chissà quale palingenesi folle, pensava che si potesse realizzarla a colpi di scure». Non dunque una strategia delle stragi, un uso calcolato della violenza, ma solo qualche «mente bacata»...
Le dichiarazioni di Gasparri, così come tanti libri recenti scritti da postfascisti (ad es. "Il sangue e la celtica" di Nicola Rao o "Io, l'uomo nero" di Pierluigi Concutelli), tendono ad accreditare una verità dimezzata: furono alcune «menti bacate» neofasciste a promuovere la "strategia della tensione"e la violenza stragista degli anni Settanta. La posta in gioco è oggi quella di nascondere e far dimenticare i mandanti e la finalità delle stragi: la loro genesi nelle istituzioni opache dello Stato italiano, dimostrata in tanti processi.
Dalla strage di piazza Fontana del 1969 fino a quella di Bologna del 1980, l'Italia ha sperimentato infatti una lunga "strategia delle stragi" condotta da uomini degli apparati dello Stato e da neofascisti da essi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati e protetti. Quelle bombe contribuirono a reprimere il movimento operaio e studentesco: il loro scopo era quello di spaventare, di manipolare l'opinione pubblica, di promuovere con la violenza un "ritorno all'ordine". E quei crimini sono effettivamente serviti per costruire un mondo più ingiusto, ipocrita e violento.
Oggi è importante ricordare che lo stragismo fu di Stato. Non solo contro tutti i tentativi di depistaggio e di revisionismo, ma soprattutto perché la memoria diffusa è l'unico antidoto contro la possibilità che certi eventi possano ripetersi.
Crediamo pertanto che il 2 agosto sia importante una presenza di piazza autorganizzata e di base: con uno spezzone nella manifestazione ufficiale, e/o con un'iniziativa autonoma il pomeriggio-sera come era stato proposto l'anno scorso.
Crediamo che si tratti di ribadire la lunga storia della violenza statale soprattutto oggi che la repressione della diversità, delle lotte sociali, dei sogni di libertà, dei diritti delle persone si fa sempre più violenta.
Per questo invitiamo tutt* - persone, collettivi, realtà sociali - a discutere in assemblea cosa fare il 2 agosto e come farlo e proponiamo di trovarci
lunedì 27 luglio h. 21
presso il Circolo Berneri
di Piazza di Porta S. Stefano 1.