Gli ultimi "fuochi" di Cofferati

Pratello: dopo quattro ore gli osti si tolgono le manette

Un'altra clamorosa protesta contro le ordinanze del sindaco è avvenuata oggi a Palazzo d'Accursio, mentre era in corso il consiglio comunale. Cinque gestori dei locali di via del Pratello si sono incatenati a pochi metri dall'ufficio del primo cittadino, in solidarietà con lo sciopero della fame edella sete di Abdel, il gestore del Tarbakan.

15 dicembre 2008 - Roberto Gazzotti

Chissà se avevano fatto acquisti presso un sexi shop, certo è che le manette che si sono attaccati alle braccia hanno fatto effetto questa sera in Consiglio Comunale.
Un altro gesto eclatante… sembra proprio che in tutta questa vicenda delle ordinanze di Cofferati contro i locali del Pratello, se non si arriva ad atto estremi non si ha un minimo di ascolto o di spazio mediatico.
I gestori dei 5 locali, in solidarietà con lo sciopero della fame e della sete di Abdel del Tarbakan (ancora ricoverato in ospedale), hanno animato questo pomeriggio una stanca seduta del Consiglio Comunale che sarebbe andata oscurata dai commenti alle primarie del PD del giorno prima.
La protesta degli osti del Pratello è scattata verso le 16, dopo che la moglie di Abdel, che aveva consegnato al sindaco il certificato dell’Ospedale Bellaria sul ricovero del marito, si era vista liquidata in pochi secondi dalle scarne parole di Cofferati: “Digli di smettere e di riprendere a mangiare… prima di giovedì non lo incontro”.
A quel punto, in cinque si erano ammanettati davanti all'ufficio del sindaco attaccandosi al maniglione antipanico della porta di ingresso dell’anticamera del Consiglio Comunale.
Ma il primo cittadino non ha concesso loro l'incontro urgente che avevano richiesto per Marina Prosperi, l'avvocato di Abdel.
Dopo quasi quattro ore di questa singolare forma di protesta Vladimir del Barazzo, la moglie di Abdel, uno dei gestori del Viapian e gli altri due manifestanti hanno però rinunciato ad andare avanti facendosi aprire le manette da Elio Corrente (il padre di Vladimir) e lasciando Palazzo d'Accursio.
A sbloccare la situazione è stato il colloquio con il presidente di Confesercenti Sergio Ferrari, uscito da un incontro di un'ora con il sindaco che si era appena concluso.
Ferrari, laconicamente, prima di parlare con gli osti, aveva dichiarato ai giornalisti: "Siamo arrivati ad un punto che è talmente indietro che qualsiasi cosa si ottenga è comunque più avanti di quello che c'è".
Quale sarebbe stata la notizia che ha fatto recedere i gestori dei locali dalla loro lunga protesta?
Cofferati ha accettato un nuovo incontro con l'associazione di categoria dei commercianti per giovedì prossimo, alle 15.30. Il sindaco si è dichiarato disposto a discutere dei singoli casi, se gli osti coinvolti dall'ordinanza che impone la chiusura delle osterie alle 22, daranno la delega alla Confesercenti di trattare per loro. A Confesercenti sono associati tre dei cinque locali colpiti dall'ordinanza (tra cui quello di Abdel Sanhaji) ma, tramite la delega, l'associazione potrà rappresentare anche gli altri. Altrimenti, sia i gestori associati che quelli non associati, potranno interloquire con l'amministrazione direttamente o tramite un proprio legale.
Che sia un passo in avanti è difficile dirlo… in molti hanno commentato il passettino indietro di Cofferati come una delle sue mosse tattiche per allungare i tempi della vertenza, dividendo i soggetti coinvolti, come, del resto, ha già tentato oggi con i gestori del Mammuth a cui ha proposto una tabella di impegni “molto pericolosa”, per riaprire il locale fino all’1 per un periodo di prova di tre mesi.
Intanto per Abdel e i rischi che corre per la sua salute, a Palazzo d’Accursio, tra assessori e consiglieri è disinteresse quasi totale, a nulla infatti sono serviti gli interventi di Roberto Sconciaforni e Valerio Monteventi che chiedevono un gesto umanitario nei confronti dello sciopero della fame e della sete.
Certo è che se la città è rappresentata, in massima parte, dalle persone che siedono sui banchi di Palazzo d’Accursio, non c’è da meravigliarsi se risulta essere indifferente ai problemi dei cittadini più deboli e bisognosi.

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