Il 2 agosto 1980, alle 10.25, nella sala d'aspetto di 2° Classe della Stazione di Bologna Centrale, in un assolato sabato d’estate, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplode uccidendo ottantacinque persone e ferendone oltre duecento. Le vittime sono normali cittadini che affollano i binari del nodo ferroviario più importante d’Italia, in un giorno di partenza per le vacanze estive.
Mani fasciste, poi coperte dai vertici della Loggia massonica P2, causano morte, terrore e distruzione, tante vite travolte, tanti sogni spezzati, tante speranze svanite in un attimo.
Quella alla stazione di Bologna è la più grande strage italiana in tempo di pace. Tra il 1969 e il 1984, in Italia, sono avvenute otto stragi politiche dalle caratteristiche comuni: tutte hanno visto coinvolti personaggi appartanenti alla destra eversiva, in tutte sono emerse protezioni, connivenze, responsabilità di appartenenti agli apparati dello Stato, tutte sono rimaste per molto tempo senza spiegazioni ufficiali, senza colpevoli e senza mandanti. Si è fatto di tutto intorno alla strage di Piazza Fontana, di Brescia, Bologna, Ustica, compresi i processi. Di tutto per non scoprire la verità, ma per occultarla. La verità storica e politica è rimasta per anni patrimonio dei movimenti, imbrigliata dai silenzi, omissioni, depistaggi, fino all’apposizione del segreto di Stato, poi è diventata senso comune di larga parte del paese, senza che a ciò corrispondesse un’azione adeguata.
Il problema vero è che la lunga stagione di stragi continua a trascinare, come un peso morto, un deficit di verità sulla “democrazia italiana” che continua a respirare l’aria viziata dai troppi segreti di Stato.
I giorni nostri sono percorsi da un forte vento di destra, spesso con egemonia culturale e sociale: si è riformato un “consenso di massa” alle odierne forme del fascimo.
Per questi motivi, l’anniversario del 2 agosto non può essere vissuto come un rito: deve essere vissuto con meno celebrazione e più indignazione. Va riorganizzato con l’impegno antifascista, insieme al tentativo di parlare a quella massa anonima di giovani, sulla cui “terribile solitudine” e “drammatica indifferenza” continua a scrivere (inascoltato) solo qualche vecchio poeta.