Campagna nazionale

Ferma la guerra, firma la legge

E' iniziata la raccolta di firma per la legge di iniziativa popolare per liberare l'Italia da accordi segreti, basi e servitù militari, proposta da un lungo elenco di personalità del mondo della politica, dei sindacati, del movimento contro la guerra e da realtà collettive, come Emergency, la Rete Disarmiamoli, il Movimento No Dal Molin ed altre.
Di seguito, pubblichiamo la Proposta di Legge e la relazione.

7 novembre 2007

PROPOSTA DI
LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE SUI TRATTATI INTERNAZIONALI E SULLE BASI E SERVITÙ MILITARI
(Annuncio pubblicato su Gazz. Uff. serie generale n. 219 del 20.09.2007)

sì pace no bombe TESTO
ARTICOLI
Titolo 1 trattati militari
Art.-1 Tutti i trattati ed accordi internazionali di tipo militare, anche se esclusivamente di ricerca, a cui l’Italia partecipa, devono essere necessariamente ratificati dal Parlamento e la ratifica deve essere rinnovata ogni due (2) anni. Non potranno essere stipulati accordi segreti e quelli eventualmente esistenti dovranno essere resi pubblici entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge.
In mancanza di ratifica e/o della rinnovazione della ratifica l’Italia deve considerarsi receduta dall’accordo.
Art.-2 non potranno essere stipulati e, anche in caso di rinnovo, essere in nessun caso ratificati trattati ed accordi militari, che prevedano:
a) la possibilità anche a scopo difensivo dell’ uso di armi nucleari;
b) la possibilità dell’uso anche a scopo difensivo di armi di distruzione di massa, nel senso della convenzione per la messa al bando delle armi chimiche e biologiche ed in contrasto con la Convenzione di Ginevra e comunque in contrasto con l’obbligo di evitare sofferenze inutili alle popolazioni civili ( uranio impoverito, cluster bombs, mininukes, al fosforo, ad energia diretta, a laser…);
c) la possibilità di attacchi e di impegni militari in paesi terzi, salvo che in caso di difesa dall’attacco dal medesimo paese;
d) la possibilità della permanenza e il transito in Italia di armi nucleari, chimiche, batteriologiche, ed altre armi che sono in contrasto con la Convenzione di Ginevra per la protezione della popolazione civile e comunque in contrasto con l’obbligo di evitare sofferenze inutili alle popolazioni civili ( uranio impoverito, cluster bombs, mininukes, al fosforo, ad energia diretta, a laser…);
e) lo sviluppo di ricerche nel campo di nuove tecnologie a fini bellici e/o di riarmo;
f) l’acquisto e produzione di armamenti connessi alla proiezione di potenza ed allo scopo militare offensivo.
g) lo sviluppo di ricerche su armi chimiche e batteriologiche. Laboratori di ricerca su armi nucleari, chimiche e batteriologiche eventualmente presenti sul territorio nazionale dovranno essere chiusi e ricovertiti ad uso civile entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge e ciò sia che siano nella disponibilità italiana che di paesi terzi.
Art. – 3 oltre a quanto contenuto nell’art. 2, non potranno essere stipulati e, in caso di rinnovo, non potrà essere concessa la ratifica di trattati ed accordi militari in materia di difesa, sicurezza, spese militari, esercitazioni militari, addestramento del personale militare e ricerca nel campo degli armamenti con Paesi nella cui legislazione non sia escluso l’utilizzo di armi nucleari e di distruzione di massa dei tipi indicati nel precedente art. 2 e che non hanno sottoscritto trattati internazionali per la messa al bando delle armi chimiche e di distruzione di massa;
Art. – 4 tutti i trattati ed accordi di tipo militare oggi in essere dovranno essere necessariamente ratificati entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge ed in base alle preclusioni e modalità previste dalla legge stessa. Gli accordi ed i trattati non ratificati saranno ritenuti revocati.
Titolo 2 basi caserme e installazione
Art. -5 tutti i progetti di costruzione e/o ampliamenti di basi, caserme ed installazioni militari sul territorio nazionale, siano esse di mare o di terra, anche se nella disponibilità di Paesi terzi, , non potranno essere autorizzati senza la preventiva valutazione ambientale strategica come disciplinata dal decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. I progetti già autorizzati al momento dell’entrata in vigore della presente legge dovranno essere riesaminati al fine di garantire il pieno recepimento delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale, prevedere un sistema di controlli idoneo ad accertare l’effettivo rispetto delle prescrizioni ambientali e di sicurezza nonchè essere sottoposti alla valutazione di impatto ambientale nelle modalità e forme di cui agli art. 26 e segg. del decreto legislativo n. 152 del 3/4/2006. Ogni due (2) anni tutte le basi, caserme ed installazioni militari dovranno attestare il rispetto delle prescrizioni e la loro regolarità ambientale mediante certificazione rilasciata dall’ARPA competente per territorio.
Art.- 6 per tutti i progetti di costruzione e/o ampliamento di basi, caserme ed istallazioni militari sul territorio nazionale anche se nella disponibilità di paesi terzi, ed anche se già autorizzati dovrà essere presentato, unitamente all’altra documentazione necessaria, il progetto di riconversione civile della struttura al termine della sua destinazione militare , che dovrà garantire il riassorbimento di tutti i lavoratori civili impiegati, nonché indicare l’entità e le modalità di reperimento delle necessarie risorse economiche.
Accordi internazionali che prevedano la messa a disposizione a paesi terzi di parte del territorio nazionale a scopo militare, dovranno necessariamente prevedere l’impegno economico prevalente, in misura non inferiore ai 4/5 della intera somma prevista, di tale paese terzo per le attività di costruzione ed istallazione e della successiva attività di riconversione compresi gli oneri accessori di adeguamento urbanistico..
Art. 7 La destinazione militare non potrà in nessun caso superare la durata di 5 anni rinnovabile esclusivamente una volta e tutte le basi, poligoni, istallazioni e servitù militari in essere da più di 10 anni dovranno essere chiuse e riconvertite a scopi esclusivamente civile entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge.
Art. -8 ogni due (2) anni tutte le basi, caserme ed istallazioni militari dovranno attestare il rispetto delle prescrizioni e la loro regolarità ambientale mediante certificazione rilasciata dall’ARPA competente per territorio.
Art. -9 le autorizzazioni per la costruzione, istallazione, ampliamento di basi, caserme ed istallazioni militari sul territorio nazionale anche se nella disponibilità di paesi terzi, potranno essere concesse esclusivamente con il parere favorevole di un comitato misto composto dal Ministro della difesa o suo delegato, dal Ministro dell’Ambiente o suo delegato, dal Presidente della Regione e dai Sindaci delle zone interessate ed ogni decisione dovrà necessariamente essere presa con il parere favorevole dei rappresentanti degli enti locali interessati.
Art.-10 l’opportunità della permanenza e/o ampliamento di basi, caserme, istallazioni e delle servitù militari già esistenti sul territorio nazionale anche se nella disponibilità di paesi terzi, dovrà, anche in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente in materia ed agli accordi internazionali eventualmente in corso, essere valutata entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge dalla commissione mista costituita nei modi di cui al precendente art. 9. Tutti i progetti in corso dovranno essere sospesi in attesa dell’adeguamento alla presente normativa.
Art.-11 per tutte le basi, istallazione militari, poligoni e campi di tiro sia marini che terrestri attualmente esistenti, anche se nella disponibilità di paesi terzi, dovrà essere predisposto, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, un piano di riconversione ad usi civili che preveda il completo riassorbimento di tutti i lavoratori civili impiegati.
Art. -12 Nessuna struttura civile – porti, aeroporti, ferrovie, potrà essere usata per scopi militari compreso il passaggio di armamenti e truppe per missioni miliari fuori confine.
Art. -13 Tutti i progetti di installazione, costruzione ed ampliamento di basi militari attualmente in corso, nonché l’uso di strutture militari esistenti per esercitazioni a fuoco (siano esse terrestri, navali o aeree) sono sospesi in attesa dell’adeguamento alla presente normativa.

SCHEDA DI PRESENTAZIONE della legge di iniziativa popolare
sui trattati internazionali e sulle basi e servitu’ militari

L’OBIETTIVO DELLA PRESENTE LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE E’ LA LIBERAZIONE DEI TERRITORI DEL NOSTRO PAESE DALLA PRESENZA DI PESANTI SERVITU’ MILITARI SOTTOFORMA DI BASI MILITARI, CAMPI DI ESERCITAZIONE SIA MARINI CHE TERRESTRI, DEPOSITO E TRANSITO DI ARMAMENTI, USO DI INFRASTRUTTURE CIVILI A SCOPO MILITARE, USO MILITARE DEI PORTI MERCANTILI CON ATTRACCO DI NATANTI NUCLEARI, AEROPORTI E LUOGHI DI STOCCAGGIO DI ARMI DA GUERRA.
La presenza ormai invasiva e intollerabile,per la popolazione civile, di queste installazioni militari, a cui vengono asservite le esigenze vitali della società civile, è collegata, per ragioni materiali e geopolitiche all’uso offensivo degli armamenti contro altri popoli ed alle complicità generali del nostro paese nella guerra globale, come hanno mostrato in questi anni l’uso delle basi del nostro paese per sferrare attacchi di guerra come quelli contro la Serbia, l’Iraq, l’Afghanistan ed ancora l’Iraq, in un quadro di riproposizione della logica neocoloniale e di occupazione militare dei territori. Dunque la battaglia per la smilitarizzazione dei territori è una concreta battaglia contro la guerra e per il disarmo, per rompere le complicità dell’Italia con chi conduce la guerra globale facendo anche uso di armi di distruzione di massa.
Poiché la presenza delle basi militari e tutto il sistema delle servitù militari è regolato da trattati internazionali ma soprattutto da accordi bilaterali secretati oppure mai ratificati dal Parlamento- come quelli facenti riferimento alla NATO, agli USA ed a Israele- la presente legge, intesa come legge-quadro, affronta la questione degli accordi militari stabilendo alcuni punti inderogabili che attuino concretamente l’art. 11 della Costituzione e rendano operativi in Italia i Trattati firmati dalla stessa Italia per la messa al bando delle armi di distruzione di massa ( da quello sulla nonproliferazione nucleare, a quello sulla messa al bando delle armi chimiche e batteriologiche, a quello di Ottawa sulle mine anti-persona).
I punti inderogabili che pone questa legge sono: a) la desecretazione di tutti gli accordi militari e l’obbligo di ratifica parlamentare; b) il divieto di ratifica di ogni accordo militare che preveda sotto varie forme la guerra di aggressione ( dal deposito e installazione di armi di distruzione di massa alle alleanze con paesi che prevedano l’uso di armi di distruzione di massa o missioni militari di aggressione contro paesi terzi, all’acquisto e produzione di armi offensive, alla ricerca nel campo bellico); c)la riconversione delle strutture militari in strutture civili, stabilendo un termine massimo di dieci anni per ogni struttura militare già esistente;d) l’adeguamento delle strutture militari esistenti alla normativa di tutela ambientale, stabilendo nel contempo il parere favorevole vincolante degli enti locali; d) la sospensione dei progetti in corso di nuove installazioni militari o ampliamenti delle basi militari esistenti.
L’entrata in vigore di questa legge segnerebbe una svolta concreta verso il disarmo, la pace e la smilitarizzazione dei territori

Relazione

La legge di iniziativa popolare di cui si chiede al Parlamento l’approvazione nasce dall’esigenza di arrivare ad una discussione e definizione pubblica dei principi che ispirano e che dovranno ispirare la politica estera e militare del nostro paese nonchè dalla esigenza che ogni accordo di tipo militare debba necessariamente essere ridiscusso periodicamente e ciò per evitare quell’automatismo che ci vede oggi parti acritiche di accordi che dall’originaria dimensione esclusivamente difensiva hanno progressivamente cambiato la loro portata.
Gli enormi cambiamenti che si sono verificati nel corso degli ultimi cinquanta anni, infatti, hanno fortemente ridimensionato la validità del modello di difesa introdotto con l'approvazione del trattato multilaterale che ha dato vita alla Nato (North Atlantic Treaty Organization Organizzazione del Trattato Nord Atlantico). A questa struttura di difesa multinazionale, creata nel 1949 in supporto al Patto Atlantico, (firmato a Washington il 4 aprile dello stesso anno), ha aderito sin dall'inizio l'Italia, insieme a Gran Bretagna, Canada, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Portogallo. Il trattato costitutivo della Nato ha carattere strettamente difensivo, e si rifà all'art. 51 della Carta Onu, che recita testualmente: “Nessuna disposizione della presente Carta pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.” Dunque secondo l’art.51, come afferma la dottrina internazionalistica, è previsto l’uso della forza esclusivamente a scopo difensivo, cioè solo nel caso in cui uno Stato debba difendersi da un attacco armato, e non nel caso in cui l'attacco sia imminente ma non attuale. Nel primo mezzo secolo la NATO si attenne a questa dottrina. Infatti, nel mezzo secolo della "guerra fredda", la Nato non intervenne militarmente in alcuna area, anche laddove si determinarono situazioni di crisi, come nel Mediterraneo. Ciononostante, centinaia di basi Usa e Nato furono insediate in Europa e, di queste, quasi 150 nella sola Italia. Oggi le basi militari Usa nel mondo conosciute sono oltre 850, il doppio di quelle dell'impero romano d'occidente nel momento della sua massima espansione - II sec. d.c., quando esso si estese dall'Atlantico al Caucaso, al Sahara, alla Britannia - e un terzo in più di quello vittoriano, sui cui territori, 29 milioni di chilometri quadrati abitati da 390 milioni di persone, agli albori del XX secolo non tramontava mai il sole. Riguardo a questo impressionante dispiegamento bellico, sono sempre più numerosi gli analisti che ritengono che esso comporti un sostanziale depotenziamento dello stesso concetto di sovranità territoriale e, del resto, gli esperti militari, quando si trovano a dover descrivere il segno della supremazia Usa sul pianeta, ricorrono al termine "impronta"-, che evoca le moderne caratteristiche reticolari della presenza globale americana nel mondo, che pare lecito definire neocolonialiste .
Una presenza così massiccia non può non condizionare in maniera rilevante l'economia delle regioni interessate e scadenzare i tempi di vita delle popolazioni, alle quali è progressivamente sottratta la ricchezza derivante dall'utilizzo paesaggistico del proprio territorio e soprattutto la salute
in conseguenza dell'inquinamento ambientale e dell'esproprio di vaste porzioni di esso e, spesso, è concesso usufruire dei beni naturali (il mare, la spiaggia, il verde) solo in subordine ai tempi delle attività belliche (le esercitazioni, le manovre militari, i trasporti di armamenti), o, infine, è concesso esercitare le attività necessarie alla propria sussistenza solo nella misura in cui esse siano compatibili con le esigenze militari. Questo sistema di servitù che pende sul capo della gente minaccia la salute collettiva, specie nei siti dei poligoni di tiro sottoposti all’uso dell’uranio impoverito ed espone le popolazioni al rischio di diffusione della radioattività oppure a incidenti atomici nei siti in cui vengono depositate o transitano ( come negli 11 porti nucleari italiani) le armi atomiche. Inoltre questo sistema di militarizzazione dei territori disegna un concetto di sovranità – di spoliazione di sovranità - molto più complesso della semplice espropriazione di territorio e ha determinato, nel nostro paese, una forte opposizione da parte di moltissime associazioni della società civile, molte delle quali concertano da tempo un'azione diffusa sull'intero territorio nazionale.
Si aggiunga a ciò che la politica militare della Nato, che aveva un compito esclusivamente difensivo, negli anni '70/'80 del secolo scorso, con il progressivo tramontare della potenza sovietica, si è fatta più spiccatamente offensiva. Nel 1978 Brzezinski, National Security Adviser del Presidente americano Carter, elaborò il concetto di "arco di crisi" per il fianco sud della Nato, per applicare il quale, nel 1983, venne costituito il CENTCOM (Central Command), con competenza su circa 40 paesi tra Mediterraneo e Golfo. In quegli stessi anni, l'Amministrazione Usa passò dalla filosofia della deterrenza a quella della "compellenza", criterio che prevedeva l'adozione di "ogni politica che tenda ad agire su un dato scenario in modo da costringere l'avversario ad adottare quelle politiche che meglio si adattano ai propri interessi". Al Consiglio Atlantico di Roma del 1991 venne quindi elaborato il "Nuovo concetto strategico dell'Alleanza atlantica" e istituito il Consiglio di cooperazione del Nord Atlantico (Nacc) che inizierà le sue attività il 20 dicembre 1991. Ma è nel gennaio 1994, al vertice di Bruxelles, che venne elaborata la "nuova" Nato, a partire dal lancio del programma Partnership for peace, volto all'allargamento dell'alleanza a Est e preludio per la radicale trasformazione, avvenuta il 24 aprile del 1999, dello statuto dell'Alleanza che, ampliando aree e motivazioni di intervento, da trattato difensivo si trasformò ufficialmente in trattato di intervento globale in tutto il mondo.
Al centro di questa trasformazione vi è il "Nuovo concetto strategico “, che prevede che la Nato utilizzi ora le sue forze militari in strumento di gestione delle crisi, di intervento e di proiezione della forza, estendendo l'area d'azione alla periferia dei paesi membri, nonché a tutte le aree in cui vi sia il pericolo di interruzione del flusso di risorse vitali cioè energetiche. In seno al Nuovo Concetto Strategico del ’99 si approva la dottrina nucleare della NATO (nuclear sharing)- che prevede la detenzione e l’uso dell’arma atomica a scopo di deterrenza-, sottoscritta anche dall’Italia in violazione del Trattato di non proliferazione nucleare, firmato dalla stessa Italia. In virtù del nuclear sharing l’Italia ospita le bombe atomiche nelle basi di Aviano e Ghedi e in altre basi segrete. Novità degli ultimi anni è l’allargamento ai paesi dell’Est Europeo della alleanza NATO e la scelta di realizzare lo Scudo missilistico per i paesi che stanno sotto l’ombrello della NATO. Una scelta che costituisce la più seria minaccia alla pace mondiale e rischia di riproporre un nuovo conflitto globale tra Ovest ed Est.
Alla luce dei passaggi fin qui sommariamente accennati, appare opportuno valutare sotto una luce radicalmente nuova il ruolo strategico della Nato. Il ruolo offensivo della NATO ha prodotto la “guerra umanitaria” in Jugoslavia del 1999 e l’invasione dell’Afghanistan del 2001, tuttora in corso con la partecipazione dell’Italia. Le ragioni originarie di adesione dell’Italia alla NATO nel ’49 sono oggi venute meno poiché il contesto geopolitico è radicalmente cambiato. Oggi le ragioni difensive e di sicurezza vengono tanto più vanificate dalla intrinseca trasformazione della Nato da struttura difensiva in struttura offensiva e di controllo egemonico, come proiezione, di fatto, dell'egemonia Usa sul pianeta. In una parola, l'interesse della sicurezza nazionale italiana non coincide più con le strategie messe in atto dalla Nato poiché queste si fondano su interventi militari che svincolano la sicurezza dalla pace e producono l’occupazione militare dei territori di altri popoli.
In generale, poi, si rende necessario, per tutti gli accordi di tipo militare, arrivare a prevedere l’obbligo di periodica valutazione prendendo atto degli enormi cambiamenti che si sono verificati a livello geopolitico mondiale, sottraendosi a quella logica della guerra permanente che in buona parte è la semplice applicazione delle teorie keynesiane all'economia militarista con l’aumento delle spese militari.
Non va infine trascurato -come sottolineato dai vari comitati che si battono per la riconversione a usi civili degli insediamenti militari- l'aspetto della difficile coabitazione di quest'ultimi con le comunità locali, che si vedono ingiustamente espropriate di ampie e bellissime zone, che vivono nella preoccupazione delle conseguenze ambientali e sanitarie delle attività militari (responsabili di diversi tipi di inquinamento: dell'aria, dell'acqua e del suolo) e che temono la presenza di armi nucleari a pochi metri dalle proprie abitazioni.
Le lotte delle popolazioni civili ( specie in Sardegna) per la chiusura dei poligoni di tiro e contro le esercitazioni militari della NATO, contro gli ampliamenti delle basi militari e contro la formazione di nuove basi ( ad esempio la lotta di Vicenza contro il DalMolin), contro i siti di stoccaggio di nuovi armamenti ( vedi gli Eurofighter a Grosseto, i cacciabombardieri a Cameri), le lotte contro l’uso dei nostri porti e delle ferrovie per il trasporto di macchine da guerra( trainstopping) devono avere risposta istituzionale attraverso l’approvazione in Parlamento del testo di legge di iniziativa popolare che si presenta e che pone al centro di ogni decisione la tutela della salute e dell’ambiente rovesciando quel principio di priorità militare che sino ad ora ha costretto la popolazione italiana a sopportare e subire limitazioni anche ai propri diritti più basilari.

per informazioni:
legge.popolare.basi@gmail.com