Suggestioni da Berlino

Berlin

"Alexander Platz e la sua torre sono ormai vicini. Adesso però la torre svetta tra rovine d´acciaio e di cemento e macchine che distruggono e ricostruiscono. Il 'sogno tecnologico-bolscevico, atea mistica meccanica' ha perso; qui è chiaro, sembra di essere tra i resti di una antica civiltà perduta. Chi vince cancella."
10 agosto 2007 - Gennaro Imbriano

Berlin - Potsdamer Platz Berlin. Potsdamer Platz. Sole tenue, appena accennato sulla vecchia piazza. La piazza che agli inizi del `900 era la più futurista del mondo. La più attraversata e movimentata del mondo. Ampio spazio, grossi palazzi - ferro e democrazia; razionalità germanico-occidentale.
Il ferro della struttura, solidità e impianto sicuro; il vetro della trasparenza, della immediata visibilità, della ostentata chiarezza. E i segni del muro; poi, più a est, Leipziger Platz. Enorme spazio vuoto, solo un grosso cartello pubblicitario sui palazzi: Coca-Cola. I resti del muro bene allestiti per turisti di passaggio; sono lì a soddisfare ogni vacua curiosità di superficie. Qui giunse, mai così tanto ad ovest, il sogno del socialismo reale. Qui quel sogno incontrò, ben prima di costruirlo, un muro. Carri armati, uomini e mezzi corazzati,
faccia a faccia, già nemici dopo la comune vittoria. Una corsa contro il tempo e contro lo spazio, una penetrazione quasi innaturale vero il west. Si fermò, o meglio arrivò fino a - Potsdamer Platz, cuore della Berlino europea. Il vento dell´est si impossesò - forza dei simboli, solo parzialmente - di questa piazza. Il vento dell´est che, tuttavia, era figlio della stessa razionalità occidentale, parte fondamentale di essa. Ma la storia materiale ha seguito un´altra strada, non i ghiribizzi metafisici del pensiero: il prodotto più avanzato del
pensiero razionalistico occidentale che non trova nulla ad occidente - che dell´occidente può solo rubare-murare una piazza (miseria della potenza e panzer dei deboli, solo metä di una piazza. acciaio di cartone).
Ma intanto qui non si incontrano ancora due mondi. Non c´è incontro. Qui l´ideologia del vincitore, semplicemente, si impone sul silenzio dei vinti, sulla impossibilità, tutta democratica, di dare loro la parola. Non è la democrazia contro la barbarie, il dialogo contro il terrore, l´aperto contro il totalitario, la libertà trasparente dei palazzi di una nuova Potsdamer Platz contro la
pesantezza macchinosa e la gradiosità solo formale e in fondo presunta
vuota di una torre che, tra le case, si intravede svettare da Alexander Platz. È piuttosto il vuoto dell´ideologia che mostra pezzi di muro sui quali, dal lato orientale, emerge grande il volto barrato, cancellato, giudicato per sempre di Rosa Luxemburg, su cui c´è scritto: "Ich bin eine terroristin".

Berlin - Pariser Platz Pariser Platz con la porta di Brandeburgo. Il "salone" della Repubblica. Unter den Linden, lungo viale verso est. Il cuore di Berlino, il centro della DDR. La Humboldt Universität e le grandi biblioteche. Grossi e maestosi palazzi, simbolo della cultura tedesca, del sogno romantico-ottocentesco -e oltre- del ritorno ai Greci, di una fuga nell'origine figlia del presente monco, separato, diviso da mille muri nella Germania moderna; di un passato aperto, di un futuro remoto, di un presente tutto proiettato avanti nella ricerca indietro. E poi Karl-Liebknecht-Srasse. Un grande viale verso Alexander Platz e Karl-Marx-Allee. La torre della televisione sempre più vicina. Schloss-Platz, con il "Palazzo della Repubblica" e il Palazzo del "Consiglio di Stato". Quest´ultimo svetta oramai nel nulla. La piazza è vuota, abbandonata. Solo due passi più in là da tutto il resto del centro-vetrina e sembra di essere in un altro mondo. Solo le gru e i grossi cantieri che freneticamente distruggono, cancellano, creano una nuova Berlino, capitale europea metropolitana. Quasi dovessero
cancellare un brutto sogno, un ricordo fastidioso, un vergognoso errore. Come un bambino che si pulisce frettolosamente le mani dopo essere stato colto a rigirarle nella marmellata. Più in là della piazza vuota, l´altro palazzo, il grande Palazzo della Repubblica, Palast der Republik, completamente distrutto. Non ne resta ormai che lo scheletro.
Il simbolo della Repubblica Democratica demolito, annientato. I segni della storia, le tracce urbanistiche vanno rimodellate, reinventate, adeguate al nuovo. La strana forma del dominio della democrazia che deve cancellare le strutture del nemico, non renderne visibili i simboli, stravolgerne le forme espressive, modificare il volto della città, rielaborare nuovi sensi, rifare il volto di Berlino capitale della DDR. Come un monito della storia presente, non già di quella passata, come un segno chiaro e vacuo al tempo stesso, immaginifico e
reale, solo accennato e pesante come il cemento che ricopre, resta una serie di cartelli sulle reti metalliche che circondano e avvolgono lo scheletro del palazzo ormai distrutto, tra il vuoto spettrale e le giostre che, poco più in là, distraggono folle di turisti e passanti frenetici. "Smantellamento, non demolizione. Un ambiente gradevole e una città amichevole". "Il centro della città per una strada dal nuovo volto". "Una scelta democratica: una nazione discute e trova la strada". In tutto questo c´è un senso non solo ideologico, è chiaro. È il bisogno troppo urgente di fare, finalmente, una sola Germania, e una sola Berlino. Ma questo passa inevitabilmente per la distruzione di segni, parole, gesti. Distruggere, annientare quel che resta. Lo si fa con i palazzi, ma soprattutto cn la storia. Al tempo stesso, quasi riproposizione della frenesia futurista della Potsdamer Platz degli inizi del secolo scorso. Velocità, futuro, trambusto, luci, gente che va e viene, la Germania da rifare.
Poco più in là, beffardo, il "Marx- Engels forum", dopo il fiume. E pensi: perché questo non lo toccano?
Una famiglia latino-americana fa le fotografie di rito. Ma il foro è oramai un buco nella memoria, un segno che forse ancora resterà. Dopo la Shloss e il palazzo distrutto quasi sembra inoffensivo. Non si capisce bene se ancora non investito dal nuovo senso di una architettura normalizzante, vera espressione di una democrazia totalitaria, o, ancor peggio, destinato a restare lì mentre intorno si fa il vuoto, mentre forme di vita ed espressioni cementificate di quella vita - quale che fosse, quale che sia il giudizio di valore su di essa- scompaiono. Destinato a restare lì come un isolato museo. Come un pesce fuor d´acqua. Sono inoffensivi i simboli di quel foro, se intorno a loro la città ha cancellato il resto. Sono pezzi di un passato remoto, della preistoria della civiltà, che non hanno più nulla da dire, proprio come il Palazzo della Repubblica. O forse no, chissä, paradossalmente meglio, vengono ripuliti da tutta l'immondizia seminata intorno a loro e in loro nome. Resi quasi puri, liberati (liberati?..) dal peso della Volskspolizei e della Stasi. Annientati o liberati? Non si scappa, entrambe le cose.

Berlin - Alezander Platz Alexander Platz e la sua torre sono ormai vicini. Adesso però la torre svetta tra rovine d´acciaio e di cemento e macchine che distruggono e ricostruiscono. Il "sogno tecnologico-bolscevico, atea mistica meccanica" ha perso; qui è chiaro, sembra di essere tra i resti di una antica civiltà perduta. Chi vince cancella.
Anche la democrazia lo fa. Ma in un modo più subdolo. Che strano: la DDR si chiamava "democratica". Era l´espressione nominale di una idea della democrazia tutt'affatto diversa. Una democrazia d´acciaio, non di plastica. La democrazia dei palazzoni tristi. La democrazia materiale priva del concetto, tutto capitalistico-liberale, di espressione votante, pseudo-decidente. Una democrazia figlia del razionalismo avanguardistico-radicale giacobino. Una democrazia senza libertä. Solo case e scuola per tutti.

La torre svetta nel vuoto; e, ora, anche nel buio della sera che arriva.
Vista più da vicino, la testa di Engels qui nel foro è piena di ragnatele. E di zanzare e insetti di ogni tipo che sembrano cibarsi degli avanzi di una carcassa. Al suo fianco, Marx siede sornione. Osserva con calma monumentale, attende con scultorea e grandiosa tranquillità. Chissà cosa sta pensando... Forse è solo eccitato da quello che gli accade intorno; dal capitalismo che avanza, edifica, produce; e distrugge il passato mortifero.