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Volevano rifare Ordine nuovo, smantellato gruppo armato neofascista

Operazione ieri in tutta Italia su ordine della Procura dell’Aquila. 14 arresti e 31 perquisizioni. Il capo sarebbe un ex carabiniere.

23 Dicembre 2014 - 11:10

di Checchino Antonini da Popoff

Un particolare dell'arsenale sequestrato ai neofascisti
Un particolare dell’arsenale sequestrato ai neofascisti

L’hanno chiamata Operazione “Aquila Nera”: ordinanze di custodia per 14 indagati che progettavano azioni violente contro obiettivi istituzionali Roma. Carabinieri in azione dalle prime ore di ieri mattina in diverse regioni italiane, tutto parte dalla procura della repubblica di L’Aquila. 14 gli indagati per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico ed associazione finalizzata all’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Sono in corso di esecuzione anche delle perquisizioni a carico di altri 31 indagati. Al centro delle indagini del Ros un gruppo clandestino che, «richiamandosi agli ideali del disciolto movimento politico neofascista ‘Ordine Nuovo’, progettava azioni violente nei confronti di obiettivi istituzionali, utilizzando i social network quale strumenti di propaganda eversiva», spiegano gli investigatori.

L’ordinanza rivela anche «I ripetuti tentativi degli indagati di reperire armi, tramite una rapina già pianificata o approvvigionamenti all’estero». I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle ore 10.30 presso la procura della repubblica di L’Aquila. Nell’operazione dei carabinieri del Ros disposta dalla magistratura dell’Aquila, i militari hanno arrestato una persona a Milano ed hanno eseguito anche alcune perquisizioni nel capoluogo lombardo. Operazioni anche a L’Aquila, Chieti, Ascoli Piceno, Torino, Gorizia, Padova, Udine, La Spezia, Venezia, Napoli, Roma, Varese, Como, Modena, Palermo e Pavia.

Le indagini andavano avanti da due anni  e sono state corroborate da intercettazioni ambientali e telematiche. Al vertice dell’organizzazione ci sarebbe l’ex carabiniere Stefano Manni e la moglie Marina Pellati di Montesilvano. Secondo i Ros il gruppo di neofascisti pianificavano rapine e furti in case di persone che detenevano armi ma di armi ne aveva già recuperate dai nascondigli dei repubblichini e dei neofascisti, in Abruzzo ce ne sono stati parecchi, che presero parte al tentato golpe Borghese. Una scorta d’armi sarebbe già avvenuta in Slovenia. Sequestrato anche un arsenale regolare detenuto da una persona estranea ai fatti ma che era nel mirino degli arrestati per un “rifornimento”. Sei gli arresti operati sulla costa abruzzese.

Le intenzioni del gruppo eversivo era quello di creare il caos e sovvertire le istituzioni ispirandosi a quell’Ordine nuovo di Franco Freda e Stefano Delle Chiaie, fondata nel ’69 da Clemente Graziani e Pierluigi Concutelli. Tra gli indagati Rutilio Sermonti, 94 anni, già di “Ordine Nuovo”, considerato un intellettuale dell’ambiente. Solo un paio di settimane fa il Resto del Carlino annunciava un’intervista al “brillante pensatore e studioso” che “ ha preferito rifugiarsi nella provincia al riparo della ribalta capitolina”. Repubblichino, fondatore del Msi, con Rauti fuori e poi dentro, “ecologista” di destra

Tra le domande farneticanti dell’articolista che sorvola su Ordine Nuovo: “Il vasto dibattito che caratterizza il pensiero contemporaneo dovrebbe spingere verso la perfezione, invece assistiamo a crisi, timori, rischi, qual è il suo pensiero in merito?”.

Strettissime le relazioni di On con i servizi segreti e i carabinieri da Piazza Fontana in poi. Ordine Nuovo venne sciolto per “ricostituzione del disciolto partito fascista” nel 1973 dal ministro dell’interno Paolo Emilio Taviani, un uomo di Gladio ma contrario a trasformare la guerra fredda in guerra civile sul fronte interno.

Ad aprile 2014, secondo quanto riporta un sito abruzzese, Primadanoi, una notizia piombò inaspettata in Abruzzo: «Proteggete il presidente Chiodi con la scorta». La richiesta arrivava dalla procura di Torino che allertò i colleghi aquilani del «pericolo imminente e concreto» per l’allora presidente della Regione e di conseguenza gli fu affidata una scorta 24 ore su 24.

La notizia diventò pubblica solo dopo 20 giorni che gli agenti della Digos e i carabinieri, a turno, scortavano il governatore e i motivi sono sempre rimasti nell’ombra creando un certo sconcerto in regione. Anche la sua abitazione di Teramo è stata costantemente vigilata dalle forze dell’ordine. Per Chiodi una campagna elettorale blindata ma lui assicurò «mi sento tranquillo e dell’indagine non so assolutamente nulla: posso dire di non aver ricevuto minacce di alcun genere se non un paio di anni fa quando ignoti mi fecero recapitare alcuni proiettili nella sede di Pescara dell’assessorato alla Sanità».