Opinioni

Virus, Csi: “Il rischio è che aumentino le diseguaglianze”

Il Centro di Salute Internazionale e Interculturale: “Necessario tutelare la salute delle persone in condizioni di vulnerabilità e di esclusione sociale, di coloro che già al di fuori dell’attuale crisi sanitaria si scontrano con barriere d’accesso ai servizi sociali e sanitari”.

17 Marzo 2020 - 14:40

di Centro di Salute Internazionale e Interculturale

CSIamo

Senza dimora, homeless (foto Senza dimora, homeless (foto Andréa Farias)Ciao, non abbiamo scritto finora perché (s)travolte e anche un po’ sommerse da quanto sta accadendo, ognuna nel rivolo della sua vita a tenere insieme pezzi di famiglia e di reddito, rapporti, processi e mobilitazioni tanto locali quanto internazionali che vanno ritarate e riadattate alla luce di un contesto in rapida evoluzione. Alcune di noi sono anche in prima linea nell’organizzare o offrire servizi di cura. Il CSI è un corpo collettivo, e per esprimerci insieme ci serve confronto, e quindi tempo, che finora non abbiamo avuto.
Abbiamo tuttavia cercato di interpretare ciò che stava accadendo attraverso le nostre conoscenze e la nostra esperienza. Già prima che si susseguissero i decreti e le limitazioni forzate, abbiamo progressivamente ridotto e poi completamente sospeso l’attività in presenza, come principio di precauzione e di tutela, nostra e soprattutto collettiva. Valutando con attenzione i rischi della diffusione del nuovo coronavirus, soprattutto per persone con diverse condizioni di vulnerabilità con le quali noi lavoriamo, abbiamo ritenuto che questa fosse la scelta più giusta da fare.
Stiamo comunque continuando il nostro lavoro e le nostre riflessioni a distanza, online, e contribuendo a mantenere vivi e attivi i processi di cui siamo parte, soprattutto quelli rivolti a mettere in luce la pericolosità della situazione per le persone senza fissa dimora o che vivono in contesti marginali, nelle strutture dell’accoglienza o in insediamenti informali, nonché a sostenere – ancora una volta! – l’importanza di una salute e di una sanità pubblica come bene comune.

Salute e disuguaglianze

Come associazione siamo impegnate nel contrasto alle disuguaglianze in salute e nella promozione della salute delle persone in condizioni di vulnerabilità. Facendo riferimento al quadro teorico dei determinanti sociali della salute, sappiamo che le persone si ammalano in maniera disuguale, e che la distribuzione di salute e malattia è influenzata da fattori sociali, politici ed economici che definiscono le condizioni di vita e le esposizioni differenziali ai diversi fattori di rischio. Rispetto alla situazione attuale, siamo a conoscenza del fatto che tutte siamo rischio e possiamo rappresentare un rischio per le altre persone, ma anche del fatto che non tutte abbiamo gli stessi strumenti per mettere in campo azioni personali per proteggerci e proteggere la salute collettiva. Sottolineiamo la necessità di tutelare la salute delle persone in condizioni di vulnerabilità e di esclusione sociale, di coloro che già al di fuori dell’attuale crisi sanitaria si scontrano con barriere d’accesso ai servizi sociali e sanitari, i cui bisogni di salute non sempre trovano risposte all’interno del sistema di cure. In assenza di interventi inclusivi di promozione della salute e prevenzione secondo un principio di equità, assisteremo all’aumento delle difficoltà di accesso ai servizi, dell’esclusione sociale e della discriminazione, con conseguente aumento di malattie e morti prevedibili e inasprimento delle disuguaglianze in salute.
Appare a questo proposito emblematico ciò che è avvenuto all’interno di numerose carceri italiane, in cui gli “ultimi della società” hanno risposto all’ansia e angoscia del dilagare dell’infezione, e alle misure di blocco dei colloqui con i familiari e di sospensione dei permessi e uscite per i semiliberi, con rivolte che hanno portato a 12 persone morte di cui ancora non si conoscono i nomi e le effettive cause del decesso. Il sovrafollamento e le condizioni insalubri nelle carceri sono allarmanti nell’attuale contesto e richiedono urgenti misure per evitare il diffondersi incontrollato dell’epidemia.

Isolamento e solitudine

Nella periferia della città in cui lavoriamo, il nostro approccio di promozione della salute si fonda sul contrasto all’isolamento e sulla costruzione di una collettività solidale, di cui anche noi siamo divenute, e ci sentiamo, parte. La condizione di solitudine che molte di noi stanno vivendo in questi giorni è la condizione che tante persone vivono quotidianamente. Ciò è particolarmente vero per chi abita in alcune aree di periferia urbana che, negli ultimi decenni, sono state progressivamente svuotate di servizi, di luoghi di incontro e di socialità, e dove, conseguentemente, si sono alimentati processi di frammentazione sociale e di disgregazione delle relazioni di comunità. Le disuguaglianze urbane esistenti sono inasprite dalla situazione attuale, sia dal punto di vista della salute fisica (maggiore rischio di ammalarsi) sia dal punto di vista emotivo, relazionale e sociale. Per questo motivo, è stato particolarmente difficile prendere la decisione di sospendere le attività e, nelle scorse settimane, ci siamo chieste, rispetto a un concetto ampio di salute, a cosa dare la priorità.
Al momento, anche se non possiamo procedere nella forma che avevamo pensato e che stavamo utilizzando, il nostro lavoro con le persone continua, e (ri)parte dalla relazione. Stiamo contattando telefonicamente le persone che conosciamo, facendo sentire la nostra presenza e valutando il bisogno. Stiamo inoltre immaginando attività creative a distanza che continuino il nostro percorso di co-ricerca dal basso sull’abitare e sulla salute, a maggior ragione in questa condizione

Servizi di salute

A livello sanitario, il contrasto al nuovo coronavirus è reso particolarmente difficile dall’attuale organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), costituito da 21 servizi sanitari regionali con profili istituzionali e organizzativi non omogenei. Da decenni, inoltre, l’intero sistema è soggetto a continue contro-riforme e tagli ai finanziamenti. Infatti la riduzione dei posti letto ospedalieri, il depotenziamento dei servizi sanitari territoriali pubblici, i processi di ”aziendalizzazione”, la proliferazione di coperture sanitarie assicurative private o mutualistiche (inserite anche nei contratti collettivi di lavoro) e la presenza di operatori privati non accreditati e non contrattualizzati dal SSR che operano direttamente sul mercato della salute hanno portato a un progressivo smantellamento del servizio pubblico e a una estrema varietà dello stesso tra le diverse regioni italiane. Nonostante i principi fondanti di universalismo e solidarietà che hanno caratterizzato la nascita del SSN, si assiste oggigiorno a forti diseguaglianze nell’accesso alle cure e nella tutela della salute della popolazione.
L’emergenza del coronavirus in Italia ha ulteriormente rimarcato tutto ciò portando in evidenza che le strutture pubbliche sono quelle in prima linea nella lotta alla diffusione del virus, in fortissima sofferenza e non sufficienti a garantire un adeguato accesso alle cure in modo equo a tutta la popolazione. In questo contesto, operatrici e operatori della salute – in ospedale e ancora più sul territorio – lavorano in condizioni estremamente difficili e spesso in assenza delle dovute protezioni, esponendosi a rischi inaccettabili e diventando a loro volta potenziali veicoli dell’infezione.
Con maggior forza di fronte a una crisi sanitaria che ha smascherato tutti i punti di debolezza di un sistema troppo fragile e iniquo, e in linea con le richieste nazionali della Campagna Dico32! – Salute per tutte e tutti, come CSI continuiamo a ribadire che la politica sanitaria debba basarsi su:

Centralità della prevenzione e promozione della salute in tutti gli aspetti della vita e del lavoro
Prestazioni sanitarie utili, necessarie ed efficaci accessibili a tutte e a tutti, senza vincoli di cittadinanza
Finanziamento basato sulla fiscalità generale
Protezione della sanità da logiche di mercato
Ruolo attivo delle persone nei propri percorsi di cura e nella definizione delle politiche di salute.

Le cause delle cause

Siamo infine consapevoli che le conseguenze sociali (paura del prossimo, sospetto verso i rapporti umani, desiderio di ulteriori misure securitarie), economiche-lavorative (diminuzione improvvisa del reddito per migliaia di precari/e, l’assenza di politiche di welfare consone a contrastare la mancanza di reddito prolungato, ferie forzate e cassa integrazione per centinaia di lavoratrici/ori, tutela di alcune categorie e inadempienza delle norme sanitarie previste per altre come logistica o imprese di pulizie), relazionali e familiari (isolamento forzato, sensazione di solitudine e frustrazione, assenza di contatti umani e libertà di movimento ma anche aumento della violenza domestica) che l’attuale crisi sanitaria sta facendo emergere sono anche il risultato di una governance neoliberale quotidiana. Nel corso dei decenni, questo sistema ha: inasprito le disuguaglianze e aumentato il divario tra le diverse classi sociali; diminuito la stabilità lavorativa e il potere contrattuale di lavoratrici/ori attraverso contratti precari e la diffusione “dell’economia del lavoretto” (gig economy); inasprito la competizione, l’individualismo e l’iperconsumismo; ostacolato la condivisione e la diffusione di processi e luoghi di autogestione; aumentato i dispositivi di controllo sociale, sperimentato nuove misure di sicurezza oltre che di militarizzazione dello spazio pubblico; incentivato la privatizzazione e la mercificazione della vita quotidiana e dell’ambiente in cui viviamo e smantellato i sistemi di welfare. A fronte di una situazione quotidianamente compromessa da una crisi economica globale e da rapporti di forza ineguali finalizzati alla massimizzazione del profitto economico, riteniamo che la promozione della salute e il diritto alla salute per tutte e tutti non possa che essere portata avanti giorno dopo giorno giorno, collettivamente, attraverso un insieme sfaccettato di strategie, lotte e alleanze finalizzate alla messa in discussione dei sistemi di potere che determinano e perpetuano le disuguaglianze.

Quindi, anche se i nostri spazi si sono ristretti e siamo costrette a contingentare le relazioni umane e sociali, non vogliamo solo ribadire i nostri principi e impegnarci in ciò che crediamo ma prepararci a ciò che avverrà dopo questa emergenza: evitare che le restrizioni alle libertà personali, che incidono in modo sproporzionato sulle esistenze precarie e ostacolano forme di collettività solidale, permangano senza dovute giustificazioni di bene collettivo; sostenere una profonda ricostruzione/riappropriazione del servizio sanitario pubblico e di adeguate politiche di welfare; continuare a operare per una trasformazione profonda del nostro modo di vivere il pianeta, improntata alla giustizia sociale e ambientale.