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Via Zamboni 22, “impedito l’ingresso degli studenti nell’aula autogestita”

Informazione diffusa da Quelli del 36. E intanto l’Alma Mater ha avviato un provvedimento disciplinare contro un attivista di Hobo per una contestazione del 2014 contro il docente Panebianco: “E’ una rappresaglia dell’Ateneo”.

02 Maggio 2017 - 18:08

“L’Università stamattina ha deciso di impedire agli studenti e alle studentesse di entrare nell’aula studio autogestita di via Zamboni 22″, occupata durante la mobilitazione nata per contrastare i tornelli alla biblioteca del 36. E’ l’informazione diffusa via Facebook da Quelli del 36, che hanno proposto un’assemblea nel cortile della facoltà oggi pomeriggio “per decidere il da farsi”.

Intanto, dopo le sanzioni che nei giorni scorsi hanno colpito alcuni studenti per le proteste contro il caro-mensa, si annunciano altre misure simili in Ateneo. Lo scrive il collettivo Hobo: “Nei giorni scorsi un nostro compagno, Loris, è stato raggiunto da una raccomandata dell’Università di Bologna in cui si annuncia l’avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti finalizzato alla sua sospensione dall’ateneo. Il motivo è che Loris è stato denunciato per aver preso parte nel luglio del 2014 a un’iniziativa contro il barone nero Panebianco. Ricordiamo che in quei giorni, mentre veniva perpetrato l’ennesimo massacro contro i palestinesi, Panebianco scriveva uno dei suoi tanti editoriali razzisti e belligeranti a sostegno dei crimini israeliani e contro chi lotta per la propria terra, nell’ambito della sua più generale invocazione della guerra santa dell’Occidente. In quell’iniziativa murammo simbolicamente la porta del suo studio mettendo del filo spinato, per esprimere il nostro rifiuto radicale delle loro guerre che producono i nostri morti. Quello che è successo nei tre anni successivi e sta accadendo in queste settimane, ci dà pienamente ragione: fermare i baroni della guerra è un dovere di chiunque voglia vivere libero”.

Scrive ancora Hobo: “Non c’è da stupirsi che l’amministrazione dell’Università di Bologna la pensino al contrario, dimostrando una volta di più di avere precisi interessi politici ed economici nel sostegno delle loro guerre. Fino al punto di voler sospendere uno studente – regolarmente iscritto e che dà regolarmente gli esami – che si batte contro le guerre e i saperi di guerra. Tutto ciò sulla base del ‘Codice Etico’, regolamento inquisitoriale adottato negli anni scorsi dal regime feudale dell’Unibo e che già a suo tempo contestammo duramente, anche insieme a vari docenti. Qua va però aggiunto un ulteriore tassello. Questa rappresaglia dell’ateneo nei confronti di Loris contraddice perfino ogni più elementare forma di garantismo, poiché si basa su una presunzione di ‘colpevolezza’ individuale (come si sa la ‘colpa’, che rivendichiamo collettivamente, consiste per loro nell’opporci ai baroni della guerra). Da ciò ne consegue che adesso uno studente che viene denunciato dalla Procura non solo dovrà subire il processo penale, ma la sua pena gli viene già anticipata dall’Università attraverso la sospensione dagli studi! Non è la prima volta che negli ultimi anni viene usato questo dispositivo. Per evitare che diventi prassi consolidata, è responsabilità collettiva di chiunque lo riceva non accettarlo e farne un campo di battaglia collettiva. Perché è proprio nel silenzio che questo tipo di dispositivi raggiungono il loro obiettivo, cioè quello dell’individualizzazione e della prevenzione. A suo tempo Maurizio Matteuzzi si è sempre schierato contro questa infame giurisprudenza preventiva: ci auguriamo che tutti i docenti che gli hanno giustamente reso tributo nei giorni scorsi, ne coltivino l’esempio e il coraggio pubblico. Da parte nostra, continuiamo quello che abbiamo sempre fatto, trasformando quella che loro vorrebbero essere una silente epurazione individuale in un’occasione di affermazione della libertà collettiva. Tutto ciò, come sempre, indipendentemente da chi viene toccato. Perché se toccano uno, toccano tutti!”.