Acabnews Bologna

Via Massarenti 232: la testimonianza del fallimento delle politiche abitative di tante giunte

Negli anni tante promesse di recupero, poi l’inserimento in un progetto economicamente insostenibile di “autorecupero istituzionale”, mezze idee e continue giravolte: ora l’immobile, ormai inagibile dopo decenni di inutilizzo, è stato venduto dall’amministrazione.

15 Marzo 2020 - 18:02

“Bologna, via Massarenti 232”, questo indirizzo è diventato la testimonianza concreta del fallimento delle politiche abitative di tante Giunte comunali che si sono succedute al governo della città da almeno 25 anni a questa parte. Tante promesse di recupero, poi l’inserimento in un progetto presuntuoso ed economicamente insostenibile di “autorecupero istituzionale”, mezze idee e continue giravolte, che hanno portato nei giorni scorsi alla vendita all’asta vinta da un offerta di 301.066 euro più 66.234 euro di Iva. Il Comune è molto soddisfatto dell’alienazione, la base d’asta era di 189.000 euro, ma non c’è stato un minimo ragionamento politico, una infinitesimale idea di autocritica sul fatto che un immobile pubblico è rimasto vuoto e inutilizzato per quasi 30 anni e, parallelamente la situazione abitativa in città è andata progressivamente aggravandosi.

La storia di questa costruzione gialla, all’angolo tra via Rimesse e via Massarenti, ben visibile a chi percorre questa arteria di scorrimento verso il centro della città è importante raccontarla. Zic ne ha parlato anche nell’inchesta “Chiedi alla polvere”.

Un tempo l’immobile era utilizzato al piano terra da un laboratorio di falegnameria e al piano rialzato si trovavano alcuni appartamenti. Nella seconda metà degli anni novanta si andò progressivamente svuotando, senza che la proprietà comunale decidesse di intervenire per risanare l’immobile.

In autunno del 2000, una manifestazione pubblica che fece il giro degli immobili pubblici vuoti, per denunciare, di fronte all’emergenza abitativa che già allora cominciava a mordere, il loro stato di abbandono. Tra gli altri, con cartelli e striscioni, venne segnalato lo stabile di via Massarenti 232, perché lo si lasciava degradare sempre più, invece che ristrutturalo ed utilizzarlo per l’edilizia sociale?

A questa domanda la giunta di centro-destra guidata da Giorgio Guazzaloca, rispose nel 2001, per bocca del suo assessore al Bilancio e al Patrimonio, il “casiniano” Gian Luca Galletti. Quello che diversi anni dopo diventò il ministro all’Ambiente del governo Renzi, nell’aula del Consiglio comunale giurò pubblicamente che i lavori di ripristino dell’immobile sarebbero partiti in poche settimane e che ne sarebbero scaturiti sette allogggi di Erp.

Il cantiere non partì mai, qualche anno più tardi, a fronte del cedimento del tetto, il Comune fece attaccare dei cartelli con scritto sopra “pericolo di crollo”.

La Giunta di Sergio Gaetano Cofferati mise la palazzina all’interno di un elenco di alloggi destinati a un bando di autorecupero, ma, dopo la presentazione, il tutto naufragò miseramente.

Il 16 gennaio 2012 la giunta Merola riaprì il progetto per l’autorecupero di nove immobili, tra questi c’era anche lo stabile di via Massarenti. L’idea di fondo non era cambiata: un’Associazione temporanea di scopo, costituita dall’associazione Xenia, dal Consorzio Abn e dalla Cooperativa sociale ABCittà, avrebbe sostenuto la costituzione in cooperativa degli autorecuperatori che sarebbero stati selezionati attraverso il bando. Si trattava di un’idea balzana, per partecipare a quel percorso, veniva richiesta una quantità di denaro agli autorecuperatori che risultava più conveniente fare un mutuo e acquistare casa. E, in tutti casi, quello che avrebbe dovuto essere un progetto rivolto a coppie giovani con basso reddito, non in grado di confrontarsi con i prezzi del mercato immobiliare, richiedeva un tot di ore di lavoro da parte degli autorecuperatori e pure l’esborso iniziale di diverse decine di migliaia di euro.

A Bologna “pacchi” di questo tipo vengono definiti con un famoso proverbio “gli interessi di Cazzetto”, ma, all’epoca, l’assessore alla Casa, Riccardo Malagoli, giurò sulla bontà del progetto e sulla sua portata innovativa, assicurando che i cantieri sarebbero partiti entro l’estate di del 2012. Ma nessun lavoro mai cominciò, nel corso di questi anni il “pericolo di crollo” si è allargato anche ai muri portanti e oggi il fabbricato è dichiarato assolutamente “inagibile”, quindi la sua vendita viene considerata una buona cessione che ha come obiettivo la creazione di “insediamenti per l’abitare collettivo”.

Della serie: ma per quanto tempo ci vorrete prendere ancora per il naso?

In questi anni, tante volte, gruppi di senza casa sono entrati nell’aula di Palazzo D’Accursio e hanno interrotto il Consiglio comunale gridando “vergogna”. Ci viene da dire: come avevano ragione.