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Usa / Dakota, contro l’oleodotto ”una battaglia globale” [audio]

Zeroincondotta intervista Tufawon, attivista contro un oleodotto costruito nella riserva nativo-americana. A chi lotta contro il Tap in Salento: “Stiamo combattendo per le stesse cose. Per la madre terra”.

10 Giugno 2017 - 19:05

Standing Rock è il nome tradizionale che i nativi americani hanno dato alla loro terra. Una riserva che attraversa due stati americani: il Sud Dakota e il Nord Dakota. Ed è da quelle valli che, in occasione del G7 Ambiente a Bologna, è arrivato l’attivista Tufawon, ospite ieri sera a Làbas, per raccontare la battaglia della sua tribù contro la costruzione dell’oleodotto Dakota Access.

Dopo l’elezione del presidente Donald Trump l’oleodotto ha iniziato a funzionare a pieno regime, e come denunciato dalla gente che presidia la zona, in pochi mesi ci sono già state tre perdite di petrolio. Questa la situazione della regione in questo momento: “Oggi la pipeline è in attività e il petrolio sta scorrendo. Stiamo facendo pressione sulle banche per fare in modo che disinvestano i loro soldi. Abbiamo fatto affari con gli indigeni per 500 anni. Siamo qui perché siamo dei guerrieri. Per proteggere la madre terra. Proteggere l’acqua sacra e continuare a lottare”.

Il viaggio in Europa ha un significato politico preciso: la condivisione della lotta per la difesa della terra. Così Tufawon spiega la sua presenza a Bologna: “C’è un altro progetto simile di pipeline per esempio. Quello che vogliamo fare il nostro movimento è mettere in connessione l’Europa e le zone da dove veniamo. Il progetto pipeline ha ricevuto fondi da molte banche. Molte di queste sono banche europee. E’ molto importante per gli indigeni venire in Europa e chiedere loro di togliere i loro soldi da questo progetto. Far vergognare pubblicamente queste banche. Chiedere di smettere i progetti futuri della pipeline. Perché l’effetto non è solo sull’acqua. Il petrolio dell’oleodotto potenzialmente può fuoriuscire e distruggere l’ecosistema e il fiume Missouri. Gli effetti sull’acqua potabile sarebbero per primo sulle persone di Standing Rock. Ma c’è da dire anche che a Standing Rock ci sono solo otto mila persone. Ma 18 milioni di persone dipendono da quell’acqua potabile. La pipeline coinvolge direttamente l’acqua potabile, l’eco sistema locale. Quello che vogliamo fare è mettere in collegamento la pipeline con l’Europa. Prendendo il petrolio dei giacimenti. Poi questo petrolio viene estratto, bruciato, e contribuisce alla dispersione di Co2 nel mondo. Contribuisce al cambiamento climatico, alla riduzione della calotta polare. E all’innalzamento dei mari, comprese le coste europee. Non si tratta solo di una battaglia dei nativi. Ma di una battaglia mondiale. Sono sicuro che questo messaggio sia chiaro in Europa”.

E a proposito della battaglia dei No Tap in Puglia, dei No Tav in Val Susa, e di quanti lottano per difendere la terra, dal Dakota arriva questo messaggio di solidarietà che arriva dall’America: “La battaglia No Tap penso sia importante. Ogni tipo di progetto di estrazione di petrolio, di gas o risorse naturali dal pianeta terra contribuisce al cambiamento climatico. Per ognuno di questi gruppi è importante essere solidali insieme. E’ una battaglia unica. Anche se gli effetti sono in una specifica regione o cultura che è direttamente investita. C’è un livello di unità e solidarietà che dobbiamo condividere. Stiamo combattendo per le stesse cose. Per la madre terra. Combattiamo per la transizione all’energia pulita e verde”.

 

> Ascolta l’intervista di Zic a Tufawon, attivista per Standing Rock: