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Università, occupata un’aula studio del plesso Belmeloro

Studentesse e studenti autorganizzate/i in occupazione lanciano una “rivendicazione di spazi in cui studiare” e accusano le istituzioni di non avere preso “provvedimenti che ci permettano di studiare ed esistere”. Proposto un questionario: secondo moltissimi mancano spazi, “mentre il 69% di chi necessita di usufruirne afferma di non trovare posto ‘sempre’ o ‘spesso'”.

17 Febbraio 2021 - 16:04

“Stamattina un gruppo di studentx autorganizzatx dell’Università di Bologna ha occupato l’aula G in via Andreatta 8!” E’ quanto riporta una “rivendicazione studentesca di spazi in cui studiare” diffusa da studentesse e studenti che hanno occupato in mattinata le aule universitarie dell’area ex-Belmeloro, rivendicazione rilanciata sui social network anche dal collettivo Saperi Naviganti e da Làbas.  “A fronte – si legge infatti nel comunicato inviato in redazione – della riduzione dei posti nelle biblioteche e nelle aule studio a causa del Covid-19, studentx autorganizzatx dell’Università di Bologna, desiderando un sistema universitario realmente attento alle proprie esigenze, rivendicano innanzitutto la possibilità di studiare negli spazi universitari inutilizzati”.

Per studentesse e studenti “ad ormai 11 mesi dall’inizio delle restrizioni ancora non sono stati presi provvedimenti che ci permettano di studiare ed esistere in modo tale che le nostre necessità siano soddisfatte. Abbiamo raggiunto il limite ed è arrivato il momento in cui chi sceglie per noi debba aprire le orecchie e trovi un rimedio che non sia la solita minestra riscaldata paternalista. Ad oggi ciò che è stato fatto per noi è il minimo indispensabile per garantire la didattica online ed è palesemente insufficiente al fronte delle necessità di qualunque studentx. Oltre a ciò, le misure contenitive si rivelano per nulla inclini alla tutela dei nostri diritti di iscrittx all’università: sono stati infatti chiusi molti spazi non aprendone di nuovi e più sicuri, siamo stati lasciati per strada permettendo che fossimo criminalizzati per questo. Tutto ciò è stato fatto nascondendo sotto il velo del ‘questo lo facciamo per voi’, il solito braccino corto di un’università che è sempre più azienda e meno istituzione”.

Tramite un questionario proposto in Università le e gli occupanti dicono di avere “dato conferma ai nostri comuni pensieri riguardanti i problemi del sistema universitario nei confronti della componente studentesca. La verità è che (nell’ottica dell’università-azienda) ci sentiamo come clienti a cui è stato privato il diritto al rimborso per tutti i servizi di cui non abbiamo potuto usufruire da 11 mesi a questa parte: le tasse, infatti, non sono diminuite di un centesimo in proporzione alla diminuzione dei servizi di biblioteca, consultazione libri, accesso ai laboratori, mensa universitaria, spazi di aggregazione e confronto; ed in proporzione, inoltre, alle difficoltà economiche in cui un enorme numero di studentx e famiglie riversa a causa del SARS-COV-2. Il 36% ha manifestato questo come uno dei principali problemi, e perciò vogliamo soluzioni! Chi ha potere decisionale sull’università in Italia si dimostra freddo e distante dall’effettiva condizione di chi fatica e si impegna per studiare, magari anche lavorando: lo dimostrano le ultime dichiarazioni dell’ormai ex-ministro dell’Università Manfredi, convinto che l’unico indicatore di una formazione efficace sia il rendimento in termini di valutazione agli appelli d’esame. Noi studentx affermiamo che non sia assolutamente così”.

Continua il comunicato: “Attraverso un meccanismo di economizzazione della nostra condizione si è acuita la distanza tra l’esistente ed il dato statistico, così il buon rendimento universitario appare invariato rispetto al pre-Covid19. Non si tiene a mente però, nelle indagini statistiche, del ricatto economico a cui siamo sottopostx ogni qualvolta si avvicini la scadenza per il pagamento delle tasse universitarie. Di fatti alla domanda su quanto la pandemia avesse influito sulla propria condizione psichica legata al rendimento universitario, l’81% degli studentx raggiuntx dal questionario ha indicato le voci ‘molto’ o ‘moltissimo’. Ciò dimostra che i dati raccolti dal ministero offrano una fotografia parziale e disumanizzante della condizione in cui ci troviamo ad affrontare l’università. È così che centinaia di studentx dell’ultimo anno si approcciano alla consegna della tesi di laurea con l’acqua alla gola, sperando di non dover pagare un’intera retta aggiuntiva nel caso non riescano a consegnare entro il vicinissimo 20 febbraio. Ed è così che moltissimi studenti, per via delle misure anti-Covid19, non hanno potuto trovare un tirocinio che gli permettesse di laurearsi in tempo, trovandosi costretti al pagamento della suddetta retta aggiuntiva per motivi che vanno oltre l’impegno ed il rendimento. Il 24% delle persone intervistate manifesta esplicitamente questo problema, e da settimane la richiesta di un semestre aggiuntivo viene portata direttamente al prorettore vicario grazie alle proteste di decine di studentx. Perciò vogliamo soluzioni!”.

Ancora in merito ai risultati del questionario si può leggere che “il problema indicato per la maggiore è perfettamente in linea con quello che si percepisce immediatamente frequentando la zona universitaria: mancano gli spazi per lo studio e lo manifesta il 91%, mentre il 69% di chi necessita di usufruirne afferma di non trovare posto ‘sempre’ o ‘spesso’. Perciò vogliamo soluzioni ed oggi dimostreremo che ci sono. Abbiamo infatti deciso di dimostrare che gli spazi esistono e che debbano essere messi a disposizione degli studenti; che sia nostro dovere riappropriarci dei luoghi che di fatto ci appartengono e che sia possibile farlo in sicurezza. Il dualismo e la distanza fra di noi e l’istituzione ci costringono ad organizzarci trovando metodi per amplificare le nostre voci desiderose di cambiamento. Oggi semplicemente cercheremo di studiare in spazi che ci consentano di farlo, rivendicando e mettendo in atto, così, il nostro diritto allo studio nell’immediatezza con la quale il problema si presenta. Ed oltretutto, al contrario di come molti opinionisti saranno spinti a pensare, lo faremo in totale sicurezza. L’Università è gli studenti e le studentesse, dunque noi, come cuore pulsante di essa, siamo prontx a cambiarla”.