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Torna il divieto di manifestare

Delbono come Cofferati: di nuovo in vigore, per un anno, il provvedimento prefettizio che vieta le iniziative politiche in parte del centro storico. A marzo scorso duemila in piazza violarono la “zona rossa”.

29 Ottobre 2009 - 17:46

ceE’ scattata la proroga, da parte della Prefettura bolognese, del decreto emanato nel febbraio scorso che vieta cortei, presidi e qualsiasi manifestazione politica nell’area della cosiddetta “T”: via Indipendenza fino all’intersezione con via Righi, via Rizzoli, via Ugo Bassi, le piazze Maggiore, Nettuno, Re Enzo e Santo Stefano.

Scaduto nella sua prima formulazione il 30 settembre scorso, il provvedimento dà attuazione della Direttiva emanata dal ministro dell’interno Roberto Maroni a seguito delle polemiche scaturite per le dimostrazioni delle comunità arabe contro l’operazione Piombo Fuso delle forze armate Israeliane sulla striscia di Gaza, dimostrazioni conclusasi a Bologna e a Milano con preghiere di massa in piazza.

La proroga, per un anno e senza modifiche, è stata preceduta dal nulla osta del Comitato provinciale per l’ordine pubblico, a cui siedono inseme al prefetto Angelo Tranfaglia il sindaco Flavio Delbono e la preseidente della provincia Beatrice Draghetti.

Le prime vittime della proroga sono stati gli attivisti dell’Uaar, Unione degli atei e agnostici razionalisti, identificati dagli agenti della Digos mentre stavano tenendo un banchetto (peraltro regolarmente autorizzato). Il responsabile bolognese dell’Uaar, Roberto Grendene, ha commentato attaccando senza mezze parole un  «divieto che, calpestando i diritti di cittadini atei e agnostici, delle loro associazioni ed anche delle confessioni di minoranza, non vale per le manifestazioni religiose ‘tradizionali’». Una discriminazione «anticostituzionale e indegna di un paese civile» che «dovrebbe essere rimossa».

Pare chiaro che l’avvicendamento a Palazzo d’Accursio non abbia mutato l’idea di città portata avanti dal Partito Democratico: una città chiusa e impaurita, dove vuote parole d’ordine come sicurezza e legalità giustificano sempre crescenti limiti alla libertà di espressione, al dissenso, all’autodeterminazione di sé e del proprio stile di vita.

Contro il divieto a manifestare si erano mobilitati la primavera scorsa i sindacati del Patto di Base insieme ai centri sociale e a varie reti di movimento e realtà associative bolognese. Duemila persone sono sfilate lo scorso 21 marzo violando la “zona rossa” creata dalla misura prefettizia. Ora che il provvedimento non è più sperimentale ma componente stabile di un  modello sempre più autoritario di governance sul tessuto sociale bolognese, si avverte l’urgenza di una nuova moblitazione quanto più ampia possibile delle forze vive, vitali e solidali che innervano questa città. (gi.ast.)

Dall’archivio di Zic.it:
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