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Torino / Maxi-processo NoTav, 38 condanne in appello

Pene fino ai quattro anni, il movimento: procura “prova a riscrivere la storia”. Dopo la lettura del dispositivo parte un corteo spontaneo.

18 Novembre 2016 - 15:10

di Checchino Antonini da Popoff

(foto fb Askatasuna)“Giù le mani dalla Valsusa”, la sera di Torino si riempie delle urla di rabbia degli attivisti No Tav a pochi minuti dalla sentenza feroce al termine dell’appello del maxiprocesso per le manifestazioni del 27 giugno e 3 luglio del 2011. Sono più di cento i manifestanti che hanno atteso la sentenza al Palagiustizia di Torino e dopo la lettura del dispositivo hanno dato vita ad un corteo spontaneo che grida “Libertà” per le strade intorno al tribunale torinese verso piazza Statuto e poi fino a Porta Susa. Tra loro, di nuovo evasa, Nicoletta Dosio. L’appello si è chiuso con 38 condanne con pene che vanno dai 6 mesi ai oltre 4 anni e 6 mesi, alle quali si aggravano le provvisionali economiche. Si attenuano così alcune pene ma la legge mira al portafoglio degli imputati. In primo grado erano state condannate 47 persone per un totale complessivo di 140 anni di carcere. La Corte ha ridotto e rideterminato le pene concedendo a tutti gli imputati le attenuanti generiche. Pene comunque abnormi e ingiuste, tutte nella logica del processo politico a un movimento popolare, di massa, che è il più longevo e costante tra quelli in azione in Italia.

«Un movimento popolare che ha saputo da sempre rispedire al mittente ogni forma di accusa, politica o giudiziaria, di cui è stato fatto oggetto – scrive notav.info, il sito del movimento – anche oggi il Procuratore generale ha provato a riscrivere la storia e le giornate di lotta del 27 giugno e del 3 di luglio del 2011 che hanno visto migliaia di notav, sgomberati prima dalla Maddalena e poi tutti insieme adoperatisi nell’assedio di quello che poi è divenuta l’enorme zona rossa con al centro il cantiere tav». Viene denunciata la «requisitoria tutta politica che ha proseguito sulla strada aperta e battuta con astio dall’allora procuratore Giancarlo Caselli. Vi sono innumerevoli mostruosità non solo etiche ma anche e sopratutto giudiziarie con: imputati riconosciuti nello stesso momento in due posti completamente diversi, prove frammentarie e il tentativo di coprire tutto con un mega-concorso morale. E’ un processo politico (nonostante a volte tentino di far passare i notav come delinquenti inclini alla violenza senza motivo), non vi è ombra di dubbio, lo dimostra il dibattito in aula con le esortazioni del procuratore ai giudici a giudicare con fermezza secondo una logica tutta politica di questi fatti, mascherata da episodi singoli (persino mal verificati)».