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“Tempo di riscatto”, dal 36 appello agli universitari di tutta Italia

Giovedì mobilitazione nazionale a sostegno degli studenti contro i tornelli. Pubblichiamo inoltre una nuova riflessione inviata in redazione, insieme alle parole di Franco Berardi “Bifo” e di frate Benito Fusco sui fatti di via Zamboni.

14 Febbraio 2017 - 12:25

“Quanto avvenuto a Bologna è noto. Un attacco portato avanti dall’università prima con la decisione unilaterale di installare un sistema di controllo tramite i famosi tornelli, poi con l’appoggio della questura con le cariche della celere dentro il 36. Attacco contro una comunità di studenti e studentesse che rivendicano il diritto ad un sapere libero e si oppongono a inutili barriere all’ingresso di una sala studio, e che quel giorno avevano deciso di autorganizzarsi riaprendo ed autogestendo la biblioteca. E’ prima di tutto questione di diritto allo studio, ma non soltanto: è questione di minare le basi dell’alterità possibile. E’ l’attacco ad una comunità e attraverso essa ad ogni frammento di contestazione, di dissenso, di opposizione reale al discorso e ai soprusi di chi si arroga il diritto di decide sulle nostre vite. Dopo la gravissima irruzione della celere in antisommossa, abbiamo visto la giusta e degna risposta di chi non ci sta a chinare la testa di fronte a queste imposizioni”. Queste le parole apparse ieri in un post sulla nuova pagina Facebook denominata “Quelli del 36”, che si apre con la formula: “Appello: tutte le università d’Italia in mobilitazione in solidarietà con Bologna, per il riscatto della nostra generazione”.

Verso gli studenti “dicono che siamo una generazione di pigri, ci dicono che dovremmo essere flessibili, ci dicono che siamo choosy. La verità è che siamo una generazione di giovani marchiati a vita dalle politiche di precarietà del Pd e di Poletti, dal lavoro gratuito stile Expo, dall’impossibilità di tracciare prospettive di futuro ed essere imbrigliata in questo eterno presente di sofferenza. Abbiamo una grande responsabilità: rompere la solitudine di tanti coetanei e coetanee, creare una contronarrazione a chi specula sugli interessi giovanili e non fa altro che perpetuare il tempo infinito della nostra precarietà. Economica, esistenziale. Anche per Michele, per chi se ne va col cappio al collo. Perché non accada più e la forza collettiva sia il vero segno del riscatto. Facciamo perciò appello a tutte le città, agli studenti, alle studentesse ed ai tanti e tante solidali del Paese, perché giovedì 16 sia una giornata di mobilitazione e così i giorni a venire. Dal Nord al Sud alle isole segnaliamo, manifestiamo, contestiamo i responsabili delle scelte scellerate che subiamo in Università e non solo. Riappropriamoci del nostro tempo e dei nostri spazi, per costruire l’alternativa possibile all’interno dell’università ormai azienda. L’università è di chi la vive!” La firma è la stessa che si è costituita nelle scorse settimane e giorni nella lotta contro i tornelli , “Assemblea degli studenti e studentesse del 36”.

Intanto, una nuova lettera è stata inviata da un lettore alla nostra redazione in merito agli avvenimenti di questi giorni in zona universitaria. La lunga riflessione, di cui pubblichiamo alcuni stralci, inizia con questo preambolo: “Voglio fare una premessa, non sono un militante del Cua, non faccio parte di nessun collettivo, sono uno studente dell’Unibo tornato dopo l’ennesima esperienza all’estero che sta scrivendo l’ennesima tesi, per l’ennesima laurea (in tempo, cosi togliamo terra fertile ai salviniani), che probabilmente non servirà a nulla visto che in Italia vince chi è più allocco. Forse sono uno studente un pò troppo idealista e con la puzza sotto al naso, perché non ho mai voluto far parte di un collettivo. Tutte le volte che sentivo la necessità di entrar a far parte di qualcosa, c’era qualche sfaccettatura dell’organizzazione che mi interessava che non mi andava a genio, quindi facevo capitolare tutte le mie ‘buone’ intenzioni. Non mi piacciono le etichette, e a fronte di questa settimana bolognese, forse è bene che non mi siano mai piaciute e che non ne abbia mai volute, visto gli attacchi indiscriminati di cui in questi giorni i militanti del Cua sono stati bersaglio. Però ‘cogito ergo sum’. Vivo da sette anni questa città, penso di aver attraversato almeno per una volta, anche solo per la ‘birretta’, tutte le realtà che sono presenti e sono state presenti a Bologna negli ultimi sette anni. Mi piace la politica, mi piace parteggiare in un discorso, non accetto le ingiustizie ed odio con tutto me stesso la mano che le perpetua”.

Fatta questa premessa, il nostro lettore, pur riconoscendo che la quotidianità del 36 presenti delle problematiche da affrontare, boccia la soluzione dei tornelli e commenta così l’irruzione della polizia che nei giorni scorsi ha sgomberato la biblioteca da chi si stava opponendo al provvedimento voluto dall’Ateneo: “Naturalmente, dal nostro nuovo e (aziendale) rettore, amicone di Salvini e Borgonzoni, non potevamo altro che aspettarci una simile risposta. Uno sgombero violento per mano della polizia, proprio come successe lo scorso anno, nella facoltà di scienze politiche (non posso parlare con certezza e dettagliatamente perché non c’ero) dove un gruppo di ragazzi si azzardò ad attaccare quattro volantini intitolando un’aula studio ad un ricercatore italiano morto ammazzato da un governo che col nostro va a braccetto. Questo accadde proprio quando l’aula studio era piena di studenti, e le sessioni di laurea erano proprio lì, a due aule di distanza. I laureandi e le loro famiglie, in atmosfera di festa, si sono trovati davanti ad un teatrino violento e scellerato. La celere entrare dentro la facoltà e manganellare a caso, dentro un aula, con decine di persone estranee a fare da testimoni”.

In un altro passaggio, il lettore si chiede: “Chi è qua il figlio di papà (salviniamente parlando)? chi si organizza e ci mette la faccia, per provare a migliorare i servizi che ci dovrebbe dare l’università (perché la paghiamo fior fior di quattrini ogni anno), come la mensa, a prezzi più accessibili, senza doversi mangiare l’ennesimo panino dell’alimentari; chi si batte per l’infame ricalcolo dell’Isee che, come successo (anche al sottoscritto), ha tolto la borsa di studio, oppure l’ alloggio o la riduzione delle tasse a molti di noi (anche se in tempo con la laurea) nonostante i genitori non siano stati promossi o abbiano vinto al superenalotto; chi si batte per il costo infame degli affitti esorbitanti, contro i palazzinari e i proprietari speculatori che vogliono che si paghi tutto e subito, ma ci fanno vivere in situazioni, che sono a dir poco esilaranti e ai limiti del legale. Chi è il figlio di papà? Coloro che ci mettono la faccia, o chi da una tastiera offende, denigra, dall’alto della sua stanza singola da più di 400 euro (escluse le bollette) al mese, dalle sue bevute nei locali fighi di Bologna, dalle sue lezioni impossibilitate perché quei fascisti dei collettivi di sinistra non vi faranno seguire (poi qua mi fece ridere quella ragazza che ha offeso tutti e tutte e ha anche scritto al Tpi, per carità, chi le ha mandato messaggi intimidatori, chi l’ha offesa, scusatemi il francesismo, è un bischero, si è solo ed esclusivamente messo al suo livello, diventando così come lei)? Come scrive Mao Tse-Tung: ‘La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra'”.

E infine “concludo e torno a scrivere la mia inutile tesi, però voi che create petizioni farlocche su change.org, che additate come ‘violenti’ chi, al contrario vostro ha fegato, sappiate che vi meritate pagare 10 euro per un piatto di pasta e una fetta di carne in mensa, meritate le perquisizioni che ci saranno in un futuro all’ingresso delle biblioteche, meritate che la polizia entri nella vostra facoltà durante la vostra laurea, con tutta la vostra famiglia lì, e inizi a manganellare a destra e a manca come è successo lo scorso anno a scienze politiche, meritate che Merola e Coccia chiudano tutti quei luoghi di aggregazione sociale che escono dallo schema prefissato di divertimento formato da cocktail a 10 euro e ingressi nelle discoteche a 20, meritate quella Bologna fascista che la giunta comunale, il nostro rettore e il nostro questore ci stanno costruendo attorno. Sono dispiaciuto soprattutto, perché ho visto molti studenti, giustificare le violenze delle forze dell’ordine, sono dispiaciuto a vedere molti giovani che parteggiano dalla parte sbagliata, dalla parte di chi ci ha rubato tutto, dalla parte di chi ci deride e ci rifila i voucher. Se continueremo cosi Bologna sarà una città triste, non sarà la città che ho conosciuto il primo anno di università. E se continuate a schierarvi dalla parte sbagliata la meritate tutta. Tutta. Viva a chi dissente, viva a chi resiste”.

Riportiamo inoltre le parole di Franco Berardi “Bifo”, intervenuto anch’egli in questi giorni sulle vicende del 36: “Nel 1999 a Bologna si riunirono i ministri dell’istruzione dei paesi europei, e stilarono la Carta di Bologna. Nella città in cui l’università era nata più di nove secoli prima, il ceto politico del centro sinistra europeo si incontrò per sancire la sottomissione del sapere agli interessi del profitto. Da quel momento la scuola e l’università sono stati sottoposti a un’opera sistematica di impoverimento, privatizzazione e imposizione del dogma centrale del mercato: la competizione, il profitto. I tornelli nella biblioteca della Facoltà in cui ho studiato nel 1968 sono un piccolo ignobile particolare, una conseguenza dell’opera di implacabile sottomissione del sistema educativo al dominio esclusivo della finanza. Questo dominio spietato ha necessariamente risvolti securitari. Perché tutti obbediscano al dogma centrale del mercato è necessario un occhiutissimo sistema di sorveglianza che espella chi non può o non vuole piegarsi a quel dogma. Privatizzazione, sottomissione del sapere agli interessi privati e securizzazione vengono insieme, non si può avere l’uno senza l’altro. Il predominio del mercato ha prodotto la diffusione massiccia dell’ignoranza, la separazione del sapere tecnico dall’intelligenza dell’umano, e finalmente il fascismo e la guerra. C’è la guerra in gran parte del mondo, un razzista occupa la Casa Bianca, il fascismo dilaga da una contrada all’altra del vecchio continente.”

Si chiede perciò Bifo: “Chi è responsabile di questo film dell’orrore? La risposta è semplice: i mascalzoni del centro sinistra europeo che hanno governato negli ultimi decenni hanno venduto i lavoratori alle grandi corporation e hanno sottomesso la vita delle popolazioni alla dittatura finanziaria: da Tony Blair a Massimo d’Alema, da Gerhard Schroeder a Giorgio Napolitano a Matteo Renzi a François Hollande. Fino al piccolo Merola, si parva licet componere magnis. Essi hanno costretto i lavoratori a subire l’imposizione della finanza, e gli studenti a subire il dominio dell’ignoranza. La carta di Bologna fu un passaggio essenziale del tradimento che la sinistra ha perpetrato nei confronti dei lavoratori, della democrazia e della civiltà. E quel tradimento grida vendetta. Infatti i lavoratori bianchi dell’occidente si stanno vendicando, votano in maggioranza per dei partiti fascisti per vendicarsi contro la sinistra che li ha venduti allo schiavismo liberale. Il fascismo sta vincendo dovunque e travolgerà ogni protezione finché l’intero edificio della democrazia non sarà stato smantellato fino all’ultima pietra. A meno che. A meno che un movimento della conoscenza non nasca da qualche parte d’Europa per cancellare la Carta di Bologna, per cacciare tutti gli uomini che detengono il potere, particolarmente quelli della sinistra, prima di tutto quelli della sinistra perché i traditori vengano impiccati al pennone della torre più alta della città di Bologna (metaforicamente, s’intende)”.

Qualcosa cambierà “solo quando centomila studenti italiani occuperanno le loro università pronti a difenderle con ogni mezzo necessario, solo allora inizierà un processo di rinascita forse possibile in questo paese agonizzante. Non occorrono nuovi partiti né nuovi governi che ripetano gli stessi riti per gli stessi scopi. Occorre un movimento gigantesco: occorre ricomporre il sapere tecnico con l’intelligenza dell’umano, occorre che la conoscenza riacquisti la sua autonomia dal miserabile dominio del mercato. Occorre che in ogni luogo di ricerca si costituiscano comitati per la liberazione del sapere dal profitto e dalla guerra. Occorre liberare il tempo della vita dalla schiavitù del salario. Solo dentro i luoghi della ricerca questo processo può svilupparsi. A Bologna il luogo della ricerca è anche l’azienda cittadina più importante. I piccoli miserabili che detengono il potere sull’azienda più ricca della città di Bologna forse non lo sanno, ma neppure i fascisti ebbero il coraggio di fare quel che loro hanno fatto: hanno chiamato la forza armata dentro una biblioteca per difendere quei tornelli che escludono dalla biblioteca proprio coloro per cui la biblioteca esiste. Né i fascisti durante il ventennio né gli stalinisti nel ‘77 osarono chiamare la polizia dentro i locali dell’Università. I servi del conformismo neoliberali sì, non perché sono più cattivi, ma solo perché sono più ignoranti, più conformisti, più rozzi. I rettori e vicerettori di oggi non sono né fascisti né stalinisti, manca loro lo splendore del male, solo posseggono la triste retorica della subalternità al mercato. Piccoli uomini ignari della storia e della dignità hanno chiamato i manganelli per riportare l’ordine dei tornelli. Non so se ciò che accade in questi giorni sia il ritorno dell’insurrezione libertaria del ’77. Magari fosse, meno ventenni si suiciderebbero e la città sarebbe assai più allegra. Ma forse il piccolo Merola farebbe meglio a tacere sull’argomento”.

Sulle vicende del 36 è intervenuto su Facebook anche frate Benito Fusco: “Quando vedo la polizia o i carabinieri, quasi in pieno assetto di guerra, manganellare con violenza inaudita gli studenti dell’università di Bologna per alcuni tornelli in meno e qualche stornello in più, proprio a poche settimane dai quarantanni di memoria dei fatti del ’77 e dell’assassinio di Francesco Lorusso, mi vengono brutti ricordi e pensieri… veramente brutti… Sempre efficientissime, brutali e vigliacche le forze dell’ordine contro gli studenti, gli sfrattati, i senza lavoro… E sempre inutili, vili e distratte, invece, quando devono sgominare corruzioni, abusi e delinquenti istituzionali o furfanti di ogni ordine e grado… Continuando così qualcuno può farsi del male… è già successo… Lo ricordo alle nuove generazioni, dei poliziotti e degli studenti, e di quei politicanti che guardando dalle fessure delle finestre fanno finta di essere innocenti… Chi ha la mia età, ha i figli un po’ di qua e un po’ di là”.