Acabnews Bologna

“Svincolare il permesso di soggiorno da lavoro e residenza”, oggi sciopero e corteo

In piazza Si Cobas, Coordinamento migranti, Crash e Cua. Proprio oggi rinviato a giudizio un avvocato accusato di favorire il rilascio dei documenti a richiedenti asilo. Protezione internazionale, 9000 pendenze a Bologna. Sanatoria, Adl Cobas: “Ancora non ci sono risposte”. Yoox, Ispettorato lavoro non rileva discriminazioni. Calderara, sciopero e picchetto a Ups.

29 Gennaio 2021 - 19:38

Stamattina presidio sotto l’ufficio immagrazione per “chiedere per tutte e tutti di accedere al permesso di soggiorno, diritto che viene ancora troppo spesso negato e osteggiato, che permette tra le altre cose di accedere al sistema di welfare e alle cure mediche necessarie. Per svincolare il permesso di soggiorno dalla residenza e dal contratto di lavoro. Solo la lotta paga!”. Lo scrivono i Si Cobas, che hanno indetto per oggi uno sciopero generale al quale registrano adesioni nelle scuole, negli uffici pubblici, nelle industrie metalmeccaniche. Dopo il presidio, i manifestanti si sono mossi in corteo fino a piazza Maggiore e una delegazione è stata ricevuta a Palazzo D’Accursio.

Durante la giornata è arrivata inoltre la notizia del rinvio a giudizio per associazione a delinquere, falso e per favoreggiamento della permanenza irregolare sul territorio italiano un avvocato bolognese, arrestato dalla polizia a inizio marzo. È accusato di aver trasferito in modo illecito, e dietro compenso, il domicilio di stranieri richiedenti asilo provenienti da tutta Italia nel territorio bolognese, in modo da poter far loro rilasciare permessi di soggiorno.

Sempre oggi, un giudice della Corte di appello ha fatto sapere che “il Tribunale di Bologna è tra i primi in Italia per nuovi procedimenti relativi alla protezione internazionale, e che le prendenze sono circa 9.000”.

Tornando alla piazza, c’era anche il Laboratorio Crash: “Siamo in presidio sotto l’ufficio immigrazione nella giornata di sciopero generale, per chiedere il diritto per tutte e tutti di accedere al permesso di soggiorno. Tale diritto, che viene ancora troppo spesso negato e osteggiato, permette tra le altre cose di accedere al sistema di welfare e alle cure mediche necessarie, soprattutto in questo periodo!”. E il Cua: “Oggi siamo statə in presidio sotto l’ufficio immigrazione e poi ci siamo mossə in corteo verso Piazza Maggiore, per la mobilitazione lanciata dal S.I. Cobas, che da ieri ha visto scioperi in moltissimi settori, per pretendere tutele e diritti, che in tempi di Covid stanno venendo sempre meno, mentre i ricatti e i problemi legati a reddito e ai rallentamenti burocratici continuano ad aumentare. Stamattina abbiamo gridato che il ricatto dei permessi di soggiorno deve finire, questo è uno strumento utilizzato per alimentare le disuguaglianze economiche e sociali sulla base della propria provenienza. Tuttə devono avere accesso a welfare, reddito e salute e non essere costrettə a lavorare nell’ombra senza tutele. L’Italia e l’ Unione Europea alimentano un sistema razzista e classista, che si basa sullo sfruttamento della mano migrante secondo gli interessi del mercato. Migliaia di persone vengono invisibilizzate e le loro vite messe in bilico su un filo spinato, come nel caso di tutte quelle soggettività che si ritrovano al confine con la Bosnia, bloccate tra i boschi e la neve, nel gelido inverno, perché non gli viene permesso di valicare una linea. Come questo numerosi sono i mezzi del sistema per ostacolare la costruzione di una società dove tutto sia garantito a tuttə. Nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università,ovunque, dobbiamo rompere i ricatti imposti, a partire da quello economico che ci costringe a scegliere tra vita e pane. Vogliamo una vita dignitosa e la vogliamo per tuttə! Pretendiamo diritti e tutele, non filo spinato fisico e burocratico!”.

Ha partecipato inoltre il Coordinamento migranti, che scrive: “Cosa vuol dire il permesso di soggiorno per la vita delle donne e degli uomini migranti? Vuol dire che le donne e gli uomini migranti hanno bisogno di un’autorizzazione dello Stato per lavorare.Vuol dire che ogni migrante deve lavorare tantissimo per ottenere un pezzo di carta senza il quale non può avere un contratto di lavoro, perché senza un lavoro in regola non può avere il permesso.Vuol dire che tutta la famiglia dipende da un documento. Il permesso di soggiorno decide se i familiari possono ricongiungersi oppure no. Vuol dire che con un permesso per ricongiungimento le donne si trovano a dipendere dai documenti del marito. Se vogliono essere libere le donne migranti sono costrette ad accettare i lavori più faticosi per rinnovare il proprio permesso.Vuol dire spendere periodicamente centinaia di euro per tutte le pratiche burocratiche, per le richieste e il rinnovo.Vuol dire dover dimostrare continuamente di avere una casa, un reddito, un certo livello di lingua italiana.Vuol dire che la vita delle migranti e delle migranti è in mano a istituzioni, padroni e funzionari razzisti”.

Il coordinamento riporta anche l’intervento di un’operaia Yoox: “Oggi siamo di nuovo in piazza per gridare la nostra rabbia, siamo qui a lottare come facciamo ogni giorno, per sopravvivere e per mangiare. Come tolgono il pane a noi della yoox, così lo toglieranno ai lavoratori di tutte le aziende. le problematiche dell’interporto di Bologna sono presenti in tutto il mondo. Se smettiamo di lottare ci toglieranno anche ciò che siamo riuscite ad ottenere finora. Bisogna liberarsi della paura, quando sei povero hai paura che se alzi la testa ti prendano il pezzettino di pane che hai. è quello che stanno facendo con noi che stiamo scioperando. Noi però siamo forti e non andremo via!”. Tuttavia, oggi l’Ispettorato al lavoro ha comunicato di non aver rilevati “fenomeni discriminatori” nell’operato della Lis Group, l’azienda che opera nei magazzini dell’Interporto per conto di Yoox.

Un’altra vertenza calda in questi giorni è quella dei lavoratori dell’Ups di Lippo di Calderara in appalto al Gruppo Tmg. Scrivono Si Cobas e Sgb: “I facchini hanno scioperato e presidiato sino alle luci dell’alba i cancelli della multinazionale Ups per rivendicare il ripristino dell’intero orario lavorativo e la chiusura della ‘cassa integrazione Covid’ dietro la quale si maschera un processo di delocalizzazione del lavoro verso altri siti a minor costo. La chiusura del sito produttivo avvenuta a marzo durante il lockdown palesò da subito il tentativo di una ristrutturazione aziendale mascherata dall’ormai nota causale ‘cassa integrazione Covid 19’ e proseguì per svariati mesi durante i quali grazie alle mobilitazioni dei lavoratori sostenuti dai loro sindacati, si ottenne la parziale riapertura del sito con l’obbiettivo di ripristinare il 100% dell’operatività e una serie di accordi, sia in sede sindacale che prefettizia, che regolamentavano il pagamento dei pregressi dovuti al fallimento della precedente società. Nonostante l’impegno dei lavoratori e l’aumento del giro dei volumi per Ups, la cassa integrazione sul sito di Bologna non venne chiusa. L’orario lavorativo e le precedenti condizioni contrattuali e normative mai ripristinate. Intanto la merce veniva dirottata verso altri siti ‘più convenienti’ ove veniva impiegata manodopera precaria e più ricattabile.Gli accordi presi anche in sede prefettizia venivano continuamente disattesi da parte della Società coinvolte, in particolar modo sulle scadenze per il pagamento dei pregressi relativi alla società uscente (sempre del Consorzio Tmg, a cui si aggiungevano continue problematiche : sistematici errori in busta paga, continui ritardi nel pagamento degli stipendi e nell’erogazione della cassa integrazione.Queste le ragioni per le quali dopo 11 mesi i lavoratori si trovano ancora costretti ad una mobilitazione che rivendica niente meno che il diritto al lavoro, costretti in un limbo di precarietà e attesa , mentre si avvicinano sempre di più il mese di marzo e il famigerato sblocco dei licenziamenti, le società non offrono alcuna garanzia e si rifiutano di firmare un accordo in grado di tutelare la continuità lavorativa. Ai lavoratori non resta che utilizzare le uniche armi a loro difesa, l’unità e la lotta. La mobilitazione non si fermerà sino a quando non si avranno garanzie certe del ripristino dell’intero orario lavorativo contrattualmente stabiliti ivi comprese le precedenti condizioni economiche e normative”.

Si registra infine un intervento di ieri di Adl Cobas sulla sanatoria 2020, chiusa cinque mesi fa: “Ancora non ci sono risposte soprattutto per chi ha fatto la richiesta di emersione, comma 1.  Dopo una corsa ad ostacoli in piena estate dopo due mesi di lockdown, dopo aver superato requisiti stringenti e prassi illegittime che hanno caratterizzato l’ultima ‘Sanatoria’ che permetteva la regolarizzazione soltanto in alcuni settori produttivi, i lavoratori e le lavoratrici migranti che sono riusciti a presentare la domanda di emersione ora devono fare i conti con un altro ostacolo: le lunghe attese per le convocazioni in Prefettura e per la sottoscrizione dei contratti di soggiorno e questo sta accadendo anche nella nostra città e Regione.  Insieme ad altre realtà della RER (Associazione Rumori Sinistri onlus, Città Migrante, YaBasta Bologna) abbiamo dato vita nell’estate scorsa ad un Help line di supporto e orientamento alle persone migranti per presentare la domanda di regolarizzazione. I ritardi, l’interpretazione e l’applicazione delle norme inerenti alla domanda di emersione, insieme alla situazione generale causata alla pandemia, sommate a questa lunga attesa, peraltro senza ricevere nessuna comunicazione a riguardo – telefoni delle Prefetture che squillano a vuoto, pec inviate senza alcuna risposta – rischiano, da un lato, di far venir meno l’impegno dei datori di lavoro a mantenere la promessa dell’assunzione, dall’altro, di lasciare i lavoratori e le lavoratrici migranti senza un lavoro e uno stipendio regolare per poter far fronte alle spese contingenti (casa, alimenti ecc..) in un momento in cui povertà e disuguaglianze sono cresciute.  Senza contare le situazioni in cui il datore o la datrice di lavoro sono deceduti.  Vedere il palcoscenico mediatico per l’ennesima crisi di governo di questi giorni, agita da chi ha voluto e firmato questo assurdo provvedimento che ha lasciato migliaia di persone prive di un permesso di soggiorno e pertanto invisibili e senza assistenza sanitaria in piena pandemia, ci ricorda solo che i e le migranti sono cittadini di serie B in questo paese. Mentre a pochi centinaia di km da qui, stiamo assistendo all’altra faccia della medaglia delle politiche migratorie e delle vergogne più evidenti dell’Unione Europea: quella dei confini e dei e delle migranti bloccati nelle rotta balcanica. Alla faccia della Giornata della memoria. Per queste ragioni non vogliamo rimanere in silenzio! Riteniamo che questi gravi ritardi e l’inefficienza della macchina statale nel trattare le pratiche che riguardano i cittadini e le cittadine migranti, sia rispetto alla sanatoria che ad altre pratiche (rinnovi dei permessi, ricongiungimenti famigliari, residenze, richiesta cittadinanza ecc ecc) rappresenti una grave forma di discriminazione e oppressione. Per questo, come con l’Help line durante la sanatoria, continuiamo a far emergere e denunciare le grandi ingiustizie e prassi discriminanti che colpiscono le persone migranti. Noi non siamo e non saremo mai complici”.