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Sgomberi, speculazione e riuso

Dalla Bolognina, dopo lo sgombero di via Carracci di alcuni giorni fa: “Occupare spazi è strapparli alla gentrification”. Asia-Usb sulle recenti dichiarazioni del Comune: “Coinvolgere gli abitanti nei lavori di recupero “.

26 Marzo 2014 - 16:56

Non sarà uno sgombero a cacciarci dal quartiere

Cronaca
La mattina del 20 marzo la polizia sgombera con una cinquantina di agenti due appartamenti dell’ACER (azienda regionale che gestisce le case popolari) in via de’ Carracci 63, nel quartiere della Bolognina, occupati un mese e mezzo fa da alcuni compagni.
Immediatamente all’esterno si forma un presidio di solidali, mentre in un’altra parte del quartiere dal nulla spunta una barricata di cassonetti dati alle fiamme che blocca via Barbieri.
L’intero edificio di 24 appartamenti, risulta averne ben 13 vuoti da anni, mentre tutto il palazzo presenta danni strutturali causati dai lavori del cantiere per la Stazione AV, che si trova dall’altra parte della strada.
A sgombero ultimato l’ACER ha murato i due appartamenti, dopo che aveva già murato gli altri 11 in seguito alle due occupazioni, e ha sequestrato gli arredamenti con i quali gli occupanti avevano riempito le case vuote.
Al momento dello sgombero 9 sono stati denunciati per occupazione e per 5 di loro è scattato l’avvio di procedimento per il foglio di via da Bologna, dopo i 12 già inflitti in seguito ai due sgomberi dello scorso autunno avvenuti sempre nello stesso quartiere.
Il presidio che si era radunato di fronte alla palazzina sgomberata si è trasformato poi in un corteo che ha bloccato le strade della Bolognina, denunciando le responsabilità di Comune e Questura in tutti i casi di sfratti ed espulsioni in quartiere, legati al mega progetto di riqualificazione urbana che sta investendo la zona.
Il corteo è stato inseguito per tutta la mattinata da due plotoni di celere e una decina di digossini particolarmente incarogniti, che alla fine sono riusciti a fermare una compagna, poi portata in questura perché senza documenti, e a blindare il corteo in via di Corticella, rendendosi ridicoli di fronte a decine di passanti che ascoltavano interessati gli interventi fatti al megafono.
Il giorno dopo, sempre in risposta allo sgombero, qualcuno ha fatto visita agli uffici dell’ACER, con volantini e striscione, imbrattando la facciata del palazzo con scritte e uova di vernice.

Considerazioni
Questo sgombero offre lo spunto per fare alcune riflessioni su cosa sta succedendo in quartiere.
La palazzina di via de’ Carracci è uno dei tanti esempi con cui si stanno manifestando le dinamiche di una gentrification totalitaria, che mira a trasformare lo storico quartiere popolare di Bologna nel nuovo centro amministrativo della metropoli del futuro.
L’ACER, che gestisce l’immobile, e la Banca Popolare di Milano, che ne è proprietaria, stanno evidentemente aspettando che il palazzo si svuoti per poterci fare una bella speculazione edilizia. Ne sono prova il fatto che ACER da più di 7 anni non assegna appartamenti in quel palazzo, che ha murato tutti gli appartamenti vuoti in maniera definitiva e che da anni non compie lavori di ristrutturazione, nonostante i danni del TAV e le lamentele dei residenti.
Non sappiamo bene cosa ci vogliano fare, ma molti vicini parlano di un albergo per i viaggiatori del Frecciarossa, cosa più che plausibile vista l’immediata vicinanza della stazione e visto che tutti gli interventi infrastrutturali che stanno avvenendo in quartiere, dalla Trilogia Navile al People Mover, sono indirizzati a rendere la Bolognina un centro direzionale al servizio degli utenti del supertreno.
L’ACER tra l’altro negli ultimi anni si sta lasciando alle spalle una scia di devastazione del tessuto urbano, svolgendo un ruolo principale nella trasformazione della Boognina: case demolite anni fa che non sono state più ricostruite, cantieri aperti e mai finiti, case svuotate con la forza e lasciate vuote dopo il restauro, ecc.
Per di più è difficile immaginare che l’azienda sopporti che la pratica dell’occupazione possa diffondersi e portare nei cortili delle case popolari nuove pratiche e determinazione, dove ora regnano appartamenti murati, affitti in aumento e l’incubo dello sfratto; soprattutto se chi occupa cerca di creare legami di complicità e di lotta con i vicini, chiacchierando delle problematiche del quartiere e organizzandosi per risolverle in maniera diretta.
Altro problema è quello della repressione. In Bolognina la polizia è particolarmente pressante, ogni giorno si sente di retate nei bar, gente portata via per la più assurda motivazione, provocazioni e fermi violenti. Giornalisti e politici quotidianamente infamano il quartiere, parlando di una zona degradata, lasciata in mano a vandali e spacciatori, aprendo la strada ai rastrellamenti militari e alle ronde civiche di benpensanti e forcaioli. La volontà di ripulire il quartiere si manifesta forse più in questa opera di epurazione militare, che in tutto i progetti di innovazione urbana.
A vedere quante forze a messo in campo la questura in questo sgombero, ci sembra di scorgere una minaccia più ampia, che non riguarda solo le occupazioni abitative (che in quartiere sono tante e variegate, anche se non se ne sa molto, perché autorganizzate e in forma anonima), ma tutti coloro che vivono la Bolognina: l’ennesima avvisaglia che è in corso uno sgombero allargato della popolazione dal quartiere.

Continuiamo
Ciò che di buono è stato costruito in questi mesi, non solo attraverso le occupazioni, sono i legami e i contatti che abbiamo stretto nelle strade: le polveri sottili e le crepe nei palazzi causati dai lavori del TAV hanno lasciato nella memoria dei residenti un rancore che, fallita la via giuridica dei risarcimenti, sembra riaffiorare in maniera più determinata; la pratica dell’occupazione è ormai sdoganata in tutto il quartiere e continua a creare nuovi legami di complicità, laddove trovano posto la paura e la solitudine; l’odio per le ronde e per la polizia ha fatto incontrare e organizzare nuove persone.
Con centinaia di case vuote in quartiere, con centinaia di lavori che devono partire e che rischiano di compromettere la vivibilità delle nostre strade, e con la minaccia costante di essere sbattuti fuori dalla città, non ci si può certo fermare davanti ad uno sgombero.
Quello che è successo in via de Carracci 63 è uno dei tanti esempi che si verificheranno nell’intero quartiere.
Saperlo ci da modo di organizzarci in tempo perché questa riqualificazione non avvenga mai.
Come fare nessuno può saperlo con precisione.
Qualcuno ci sta provando occupando gli spazi e cercando di strapparli alla speculazione, denunciando gli interessi economici e sociali di banche e partiti, organizzandosi contro l’arroganza di borghesi e polizia, smettendo di combattere la guerra tra poveri che ci impongono attraverso lo spauracchio della crisi e iniziando a combattere la guerra contro i potenti.
Non sappiamo dire se questa resistenza all’invasione della Bolognina risulterà vincente, ma quello che stiamo vedendo con i nostri occhi è che, se ci si attiva, ci sono tutte le possibilità per farcela.
Noi non ci fermiamo e saremo sempre nelle strade.

Resistereallametropoli

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Asia Usb accoglie con estremo interesse le dichiarazioni rilasciate ieri (nei giorni scorsi, ndr) dall’assessore Amelia Frascaroli a proposito delle nuove misure per far fronte all’emergenza sfratti. Era ora che quanto andiamo ripetendo da anni venisse preso in considerazione e che il riuso dello sfitto, proposta storica di Asia-Usb, diventasse strategia concreta per porre limite a un dramma che ha raggiunto enormi dimensioni.

Riusare stabili sfitti mettendoli a disposizione degli sfrattati e di tutte le persone che non possono accedere al mercato dell’abitazione, è ciò che abbiamo sempre fatto quando abbiamo occupato luoghi inutilizzati restituendoli alla gente e ai bisogni della città.

Concordiamo quindi pienamente con le parole del prefetto che definisce immorale l’inutilizzo di tanta ricchezza pubblica di fronte a tanta sofferenza. Ci permettiamo di aggiungere che riteniamo ingiusto, oltrechè immorale, tanto spreco visto che son state intere generazioni di lavoratori a pagare, con le loro tasse, quei luoghi di cui oggi si parla. Sono state scelte politiche scellerate avvenute in seguito a rendere quei luoghi privati, negandoli ai bisogni delle persone per inserirli in insensati “piani di alienazione” che non hanno prodotto alcun risultato.

Più delicato ci appare il tema della “temporaneità” che l’assessore introduce a proposito del periodo di permanenza degli sfrattati all’interno di questi eventuali nuovi alloggi. Se le parole: “il tempo necessario a trovare un lavoro” indicano un riconoscimento implicito dell’incolpevolezza di tantissimi cittadini davanti alle contraddizioni che questo sistema produce e quel tempo è il tempo necessario a uscire da una condizione di incolpevole marginalità e a tornare a una condizione di piena e permanente dignità, siamo d’accordo; ma se questo dovesse significare ancora precarietà abitativa, Asia usb continuierà attraverso le lotte a proporre e praticare soluzioni alternative.

Ormai è scontata la connessione tra lavoro-reddito e casa. Nel caso il progetto delineato dall’assessore dovesse andare in porto, risulta evidente che gli stabili prescelti richiederanno interventi di recupero e adeguamento. Bisognerà investire delle risorse e sarà doveroso farlo con estrema oculatezza coinvolgendo direttamente gli abitanti nei lavori di recupero degli stabili eventualmente prescelti. Questo attiverebbe una sinergia positiva tra lavoro e casa che consentirebbe un percorso reale verso la dignità delle persone. Qualcosa di simile insomma, ai contenuti del progetto che Asia-Usb ha presentato al demanio dello stato e al comune di bologna da oltre un anno a proposito della Caserma Sani e che, ad oggi, è rimasto inascoltato.

Asia-Usb