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Scuole private, i referendari: “B come Bugie”

Dal comitato Articolo 33, promotore del referendum contro i fondi comunali alle private, un “decalogo” delle false affermazioni diffuse da chi si oppone al quesito (chiedendo di votare ‘B’ per mantenere il finanziamento).

11 Aprile 2013 - 16:31

“B come Bugie” è una sorta di decalogo delle “bugie” con le quali i detrattori del quesito referendario e della consultazione democratica tentano di difendere scelte politiche che mai come ora mostrano la corda: il Sistema integrato pubblico/privato in ambito scolastico ha fallito e la lista di attesa nella scuola pubblica dell’infanzia sta lì a dimostrarlo senza ombra di dubbio (i dati numerici sono aggiornati a marzo 2013) .

Comitato Articolo 33

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> Il testo del volantino che il comitato Articolo 33 invita a diffondere:

B come Bugie

La Curia, la FISM, il PD, il PdL, la Lega Nord…

…dicono che il sistema integrato pubblico/privato per la scuola dell’infanzia è efficiente ed economico tanto da garantire un posto a tutti i bambini.
È FALSO. A giugno del 2012 le famiglie di 423 bambini che avevano chiesto l’iscrizione a una scuola pubblica risultavano senza posto, mentre nelle scuole paritarie private rimanevano liberi 140 posti. E’ il risultato del processo di privatizzazione della scuola pubblica: posti liberi nelle scuole paritarie private e liste di attesa nella scuola pubblica. Il fallimento del sistema integrato pubblico/privato è sotto gli occhi di tutti.

Dicono che senza il contributo annuale di un milione e 200 mila euro erogato dal Comune, le scuole paritarie private chiuderebbero e i 1.730 bambini che le frequentano resterebbero per strada.
È FALSO. Nessuna scuola privata ha mai chiuso i battenti neppure prima che iniziassero a essere finanziate con risorse pubbliche (1995). Anzi, prima di allora la percentuale di iscritti era perfino superiore a quella di oggi: il 24% contro il 22%. Evidentemente le famiglie che iscrivono i propri figli a scuole private non lo fanno in base ai contributi pubblici ma per convinzione religiosa, status sociale o per omogeneità culturale: infatti, 25 dei 27 istituti privati che ricevono i finanziamenti comunali sono di ispirazione cattolica; dei due rimanenti, uno chiede una retta di 1.000 euro al mese e l’altro adotta un metodo educativo alternativo. Vale poi la pena ricordare che ai contributi comunali si aggiungono risorse statali e regionali per un altro milione e 200 mila euro.

Dicono che un bambino costa 6.900 euro all’anno in una scuola comunale e solo 600 in una scuola privata.
È FALSO. I 600 euro non corrispondono al costo di un bambino nella scuola paritaria privata, ma al contributo annuale – soldi di tutti noi – che il Comune eroga mediamente a ogni alunno che frequenta una delle 27 scuole private convenzionate, al fine di ridurre di circa 60 euro la retta mensile. In questo modo con i fondi pubblici si facilita l’accesso ad una scuola “esclusiva” solo a chi può permetterselo.

Dicono che le scuole paritarie private offrono un servizio pubblico e quindi aperto a tutti.
È FALSO. Offrono un servizio solo a chi può pagare una retta che va da 200 a 1.000 euro al mese. Quanto poco le scuole paritarie siano aperte alle minoranze, a chi è in difficoltà, e ai non cattolici lo dimostrano le cifre: gli alunni stranieri nelle scuole dell’infanzia paritarie private sono 80 (4,6%) contro i 1595 (23,3%) delle scuole pubbliche; gli alunni con disabilità sono solo 6 (0,3%) contro i 145 (2,1%) delle scuole pubbliche, le quali in più, accolgono 271 bambini con disagio sociale; in 25 delle 27 scuole paritarie private l’iscrizione prevede l’accettazione obbligatoria di un progetto educativo d’ispirazione cattolica.
La scuola pubblica, viceversa, non è un servizio aggiuntivo a richiesta individuale ma un diritto sancito dalla nostra Costituzione (art. 33 e 34) e in quanto tale esigibile sempre, da chiunque, senza distinzioni di censo, di abilità o di religione.

Dicono che si vogliono cancellare le scuole private e disconoscere la libertà educativa delle famiglie.
È FALSO. Nessuno sostiene che enti o privati non possano istituire scuole “esclusive” ma, come prescrive la Costituzione, devono farlo senza pesare sulle spalle di tutti noi. Più che mai in un momento in cui si allungano le liste di attesa delle scuole pubbliche comunali e statali. La libertà educativa è garantita dalla Costituzione. Ogni famiglia che lo desideri, può scegliere per i propri figli una scuola paritaria privata qualsivoglia ma, ancora una volta, dovrebbe farlo senza pesare sulla collettività.

Perché la collettività deve pagare le scuole di pochi quando invece la scuola pubblica, la scuola di tutti, è sempre più abbandonata?

Comitato Articolo 33