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Scuola: “Adesso si spediscono i bambini direttamente in parrocchia”

L’amministrazione tratta con la Curia per collocare nelle parrocchie del Porto-Saragozza alcune classi di primaria. Usb: “Conseguenze della distruzione del welfare”. Nelle secondarie tazebao “No invalsi”. Educatori uniti denunciano: “Fino a 1800€ per accesso alla professione”.

09 Maggio 2018 - 12:58

Il Comune di Bologna è in trattativa con la Curia per ottenere spazi all’interno di alcune parrocchie del quartiere Porta-Saragozza in cui allestire alcune aule per le scuole primarie della zona. Ecco “le conseguenze della distruzione del welfare”, commenta l’Usb: “Adesso spediscono i bambini direttamente in parrocchia“. Si vedono in questo modo i risultati della “scellerata politica di disinvestimento del pubblico e della sempre più forte spinta alla privatizzazione: incertezze ai cittadini in cambio di tasse che si disperdono in contributi alle scuole paritarie e assenza totale di investimenti per garantire l’erogazione del servizio”. L’Usb si rifà al referendum del 2013 sui fondi comunali alle scuole dell’infanzia private: l’esito fu ignorato “con grande arroganza” e oggi “i cittadini di Bologna fanno i conti con le conseguenze di quella decisione”. Ad esempio: “Quanto costerà in più all’erario l’affitto dei locali della Curia?”, chiede il sindacato. “Da un lato un servizio che costa alla comunità molto di più, sempre di più, dall’altro una gestione che si rivela una ‘opportunita’, come scriveva nel 2017 il Comune, ma a noi sembra una opportunità solo per far fare cassa ai privati. Il tutto avviene in spregio del principio costituzionale dell’articolo 33 ‘senza oneri per lo Stato’ e del principio della laicità della scuola pubblica svenduta per imperizia e mancanza di pianificazione da parte di una amministrazione che anche quest’anno dimostra di non saper neppure programmare attraverso delle banali proiezioni demografiche”. L’Usb si chiede dunque dove vada a finire “la tanto millantata libertà di scelta delle famiglie”, se i posti “letteralmente mancano, gli spazi si riducono e le convenzioni con i privati (la maggior parte enti cattolici) dettano la priorita’ delle scelte alla pubblica amministrazione”. E una “deriva che, con tutta evidenza, prima o poi ci condurrà alla totale dismissione del servizio pubblico”. Intanto, per l’Usb va ‘smontato’ l’ottimismo dell’amministrazione sulle graduatorie della scuola dell’infanzia: “Quest’anno per ben 2.778 domande rimangono in lista d’attesa ben 214 bambini a fronte di 201 posti ancora disponibili, ma ovviamente non saranno posti disponibili nei quartieri indicati nelle domande dalle famiglie”. Il Comune dichiara che “a conti fatti la lista d’attesa è azzerata, fingendo di dimenticare che la prossima graduatoria a giugno potrebbe vedere altri bambini rimanere fuori graduatoria. Eventuali posti potrebbero liberarsi solo incentivando le famiglie a scegliere una scuola paritaria del proprio quartiere di residenza, liberando in questo modo qualche posto”. E se Palazzo d’Accursio “prendesse quel milione di euro che ogni anno elargisce alle scuole paritarie e lo usasse per investire in scuole comunali? Ci sarebbe a disposizione della cittadinanza una maggiore disponibilita’ pari a circa 200 posti”.

Sempre in tema scuola, riparte la protesta contro i test Invalsi. Scrive il Collettivo autonomo studentesco: “In queste notti siamo stati in diverse scuole di Bologna ed abbiamo attacchinato un mosaico contro le invalsi! Da sempre questi test sono stati ampiamente criticati da studenti e professori, per il semplice fatto che sono inutili! Portano ad una distinzione delle scuole in A e serie B, in scuole che vale la pena fare e scuole per “ignoranti”, in scuole che meritano i finanziamenti dello stato e non. Infatti le scuole dove c’è un alta percentuale di boicottaggio non ricevono finanziamenti dallo Stato, che si può dire vengano usati come ricatto. Inoltre le invalsi portano anche ad una discriminazione dello studente, nella parte personale da compilare vengono fatte domande sul lavoro dei genitori e su quanti libri si ha in casa, così da poter dividere i ragazzi in studenti ricchi e studenti poveri. Le invalsi poi sono sempre state definite anonime ma non lo sono mai state, nel primo foglio di ogni prova c’è un codice con su scritto il numero della classe e quello del registro. Quest’anno è stato ufficializzato il fatto che non siano anonime, poiché adesso i professori possono osservare le prove svolte e corrette. Dalle scuole elementari, passando per le medie, fino ad arrivare al liceo le prove invalsi non fanno altro che contribuire al modello di scuola azienda, in cui si punta a far uscire dagli istituti scolastici studenti-lavoratori, non studenti pensati con una coscienza per controbattere le ingiustizie che vengono loro inflitte! Quest’anno, come ogni anno NO INVALSI!”.

Invece, gli Educatori uniti contro i tagli intervengono sulla nuova disciplina dell’accesso alla qualifica professionale: “In queste ultime settimane si assiste ai primi passi dell’attuazione della legge 205 (commi 594-601), conosciuta ai più come Legge Iori. Alcuni Atenei, i primi a muoversi in tal senso, hanno sviluppato e reso pubblica ufficialmente la loro proposta relativa al corso per l’acquisizione della qualifica di educatore professionale, come indicato nel comma 597. Senza entrare nel merito per ora della proposta formativa, salta velocemente agli occhi la richiesta economica di tali corsi di qualificazione: per quel che riguarda le proposte già presentate il prezzo va dai 1600 ai 1800€, tutti, come indica senza fraintendimenti la legge, ad onere del corsista. Questo ha subito attirato l’attenzione degli Educatori Uniti contro i tagli suscitando preoccupazione. Le proposte emerse in questi primi mesi dopo l’approvazione della legge non considerano le esigenze e le caratteristiche delle persone a cui si rivolgono, la loro quotidianità e soprattutto le loro possibilità economiche – per molti educatori la cifra richiesta rappresenta due stipendi mensili, se non più – né tantomeno si aprono ad un dialogo col tessuto sociale interessato. Noi Educatori Uniti contro i tagli, per nulla soddisfatti di quanto accade, stiamo cercando strade alternative che possano alleggerire le già pesanti spalle degli operatori che vorranno e dovranno svolgere questo percorso di qualifica. Abbiamo aperto un dialogo con Legacoop Emilia Romagna per confrontarci con quelle realtà universitarie che sono disponibili a intraprendere un dialogo costruttivo per favorire, anche e soprattutto in termini economici, la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori al percorso di qualificazione. Stiamo tentando di aprire un confronto con la regione Emilia Romagna, per comprendere la disponibilità e la possibilità di fondi che possano supportare singolarmente il pagamento della tassa d’iscrizione al corso. Questo per tentare, ancora una volta, di difendere la dignità del lavoro delle educatrici e degli educatori e i diritti dei singoli cittadini e lavoratori. La qualità dei Servizi alla Persona sul territorio e il benessere di tutti coloro che usufruiscono di tali Servizi dipendono anche da questo. Chiediamo ai collettivi di operatori sul territorio regionale e nazionali, alle associazioni, ai singoli colleghi, a chiunque sia interessato a tale tema di aggregarsi attorno al nostro appello, di unirsi ai nostri sforzi e di supportarci in tale percorso. Mostriamo che ci siamo, che siamo uniti e che abbiamo lo stesso obiettivo, quello del rispetto del nostro lavoro. Dimostriamo alle parti politiche, alle università, alle istituzioni che quando la necessità è stringente la rappresentanza della professione educativa cresce, è folta e coesa. Abbiamo bisogno di ognuno di voi per portare avanti con successo tale strada”.