Acabnews Bologna

Sandra e la Dea

Su suggerimento di un’amica, pubblichiamo l’intervento di Schiassi al convegno di Roma (2014) su Marija Gimbutas: “Continuiamo a cercare nella nostra storia passata strumenti per cambiare questo presente”.

08 Febbraio 2018 - 10:40

Da un’amica di Sandra Schiassi, scomparsa improvvisamente alcuni giorni fa, riceviamo il testo dell’intervento di Sandra al convegno “Marija Gimbutas. Vent’anni di studi sulla Dea”, che si tenne a Roma nel maggio del 2014.

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Parto dall’inizio della mia attività politica: un po’ di movimento antiautoritario, un po’ di movimento hippy, le occupazioni al liceo, poi all’università, qualche anno in potere operaio poi finalmente arriva il movimento femminista, da cui non sono uscita nemmeno dopo che ho conosciuto la Marija. Finalmente l’analisi dei suoi reperti provava che un mondo non sessista era possibile. L’avevo sempre sognato. Alle Armonie, centro di donne che ho contribuito a creare proprio 20 anni fa, pensiamo che questa nuova conoscenza vada diffusa. Abbiamo organizzato tre convegni sulla dea, nel 2000 “Il Mito e il Culto della Grande Dea. Transiti, metamorfosi, permanenze”, nel 2004 “Dopo la Dea”, nel 2005 “Libri di Donne, Libri di Dee”. Continuiamo a cercare nella nostra storia passata strumenti per cambiare questo presente.

Marija Gimbutas irrompe alle Armonie di Bologna. Circa a metà degli anni ‘90, mentre si tornava a gruppetti da una manifestazione femminista, l’Anna Draghetti mi raccontò una storia pazzesca. Una sua amica archeologa le aveva detto che era uscito un libro “esplosivo”. L’autrice, Marija Gimbutas, sosteneva che, fino a tutto il neolitico, dio era una donna. Una parte di me lo sospettava da tempo. Era dagli anni ‘70 che molte di noi femministe cercavano una roba del genere nei libri di Fromm, di Graves, di Malinowski. Cercavamo le prove dell’esistenza nel passato di una società non sessista, pacifica ed egualitaria. Vado subito in libreria per comprare questo libro, Il Linguaggio della Dea, ma costa centomila lire. Esito, ma interviene provvidenzialmente la Raffaella Lamberti che me lo regala, dicendosi sicura che ne avrei diffuso i contenuti. Lo lessi di corsa e cominciai a parlarne con le compagne dentro e fuori Armonie. Scrissi anche un articolo sulle Voci della Luna, una rivista d’arte e poesia diretto da una mia amica, Vittoria Garavagli. Le idee della Gimbutas avevano “le gambe”, correvano da sole. Bastava parlarne a una riunione e tutte andavano a cercare il libro che nel frattempo purtroppo era esaurito e non si parlava di ristampa. Decidemmo ad Armonie di organizzare un convegno sulla dea, approfittando dei fondi nel 2000 per Bologna, in quell’anno Città della Cultura. Fu una due giorni esaltante per i contenuti e anche perché parteciparono tantissime donne. Molto diverse da noi, funzionarono come finestre spalancate che fanno entrare aria nuova ed eccitante. Conoscemmo la Percovich, conoscemmo magiste, sacerdotesse, streghe, pagane, wicca. È stato un periodo glorioso, spesso sveglie fino a tardi a discutere, cercavamo di ricostruire la storia delle donne, fuori dalle censure e dalle menzogne del patriarcato. Le nuove conoscenze diventarono amicizie. Facciamo un secondo convegno dove tutti i legami si stringono ulteriormente. Impariamo cose nuove, nuovi punti di vista e dove riusciamo a convincere Chiara Orlandini a ristampare il libro di Marija, tradotto da Selene Ballerini e tutte possiamo ascoltare gli ululati di Michela Zucca contro gli inquisitori durante la caccia alle streghe e lo stupendo balbettio profetico amoroso di Mary Daly che ci lasciò quasi tutte in trance. Non ci fermiamo, facciamo il terzo convegno per presentare tre libri di donne che amiamo: Luciana Percovich, Mary Daly e Viki Noble. Il titolo fece scuola, ce l’hanno copiato in tante: “Libri di donne libri di dee”. Alcuni mesi prima la Percovich ci aveva invitate in Valsevaranche, dove avevamo passato due giorni interi a ballare con sciamane e sciamani venut* da tutto il mondo e lì mi regalò la cassetta (i DVD non erano ancora diffusissimi) di un film su Marija Gimbutas, Signs out of Time. Era in inglese, la Luisa Vicinelli lo tradusse, mio figlio fece i sottotitoli e io mi occupai di riassumere il testo che in molti casi era troppo lungo. Ne facemmo un dischetto grazie al contributo di Simona Lembi, allora assessora alle pari Opportunità in Provincia e facemmo la prima alla Festa dell’Unità e vennero donne da tutta Italia. Abbiamo fatto tantissime proiezioni nei luoghi più disparati e abbiamo fatto un sacco di copie del dischetto da regalare a tutte quelle che ce lo chiedevano (Ora è edito ufficialmente da Psiche2 di Torino col titolo Segni fuori dal Tempo e una introduzione di Luciana Percovich, ndc).

Per fortuna, e lo dico con triste ironia, quel periodo intenso ed esaltante è finito, altrimenti saremmo schiattate di fatica. Sono emersi conflitti e ci siamo ritrovate divise tra le femministe tradizionali e quelle del sacro femminile e le divisioni crescevano anche all’interno di entrambe le fazioni. Furono brutti momenti in cui la rottura drammatica sembrava l’unica soluzione ai conflitti. Io ero tra quelle che continuavano a barcamenarsi. Partecipavo alle assemblee di donne su aborto e contraccezione, contro gli obiettori e contro la violenza alle donne. Nello stesso tempo celebravo le feste dell’anno, facevo i cerchi e i voli sciamanici, divinavo con gli astri … Dall’anno scorso ho cominciato ad andare in due scuole elementari a parlare della dea ai bimbi di terza, quelli che fanno preistoria. Per me è stata un’esperienza illuminante. Mi presento con qualche copia delle statuine (compresa quella di Willendorf), qualche libro e un manifesto. Mi fermo un’ora e parlo della società non sessista del paleolitico e del neolitico, cioè quando le donne non erano escluse né dalla gestione della cosa pubblica, né dall’amministrazione del culto, quando le armi non venivano riprodotte sui manufatti, quando le tombe non erano molto differenziate. Parlo quindi di una società non militarista e tendenzialmente egualitaria. Parlo della sacralità del corpo, soprattutto di quello femminile, perché nella pancia fa crescere i bambini e li nutre con il seno. I bimbi guardano le statuine con curiosità e senza imbarazzo. Hanno ancora il senso del sacro. Nella manovra di avvicinamento tra le due fazioni ci metterei anche la manifestazione del 25 novembre, quando siamo riuscite a sostituire con i nostri tamburi il tradizionale camioncino con musica e microfono e a terminare il corteo con un enorme cerchio sciamanico in Piazza Maggiore. Adesso c’è in giro un’altra proposta che spero si realizzi. Una compagna delle Armonie ha pensato di sostituire i vecchi presidi nei luoghi dove la violenza viene esercitata sulle donne. Vorremmo celebrare in quei posti e in quelli molto visibili le notti di luna piena con danze e tamburi. Con un po’ di magia credo che ce la faremo.