Attualità

Roma / Torna lo Strikemeeting, e guarda all’Europa

Da venerdì tre giorni di incontro nazionale e transnazionale: focus su campagne e vertenze comuni e sul processo dello Sciopero sociale, da estendere oltre i confini, per “battersi contro le politiche neoliberali di Bruxelles e Francoforte”.

11 Febbraio 2015 - 18:16

Sciopero socialeTra i “regali” di Natale del governo Renzi, spiccano i primi due decreti attuativi del Jobs Act ‒ quello relativo al contratto a tutele crescenti e all’eliminazione dell’articolo 18, quello relativo al NASpI ‒ e la riforma del regime dei minimi per partite Iva e freelance. La furia riformatrice ha confermato quanto denunciammo già nel mese di settembre, durante lo Strike Meeting: dietro la retorica dello “scambio”, tra vecchie e nuovi diritti, l’intenzione di colpire tutti, nessuno escluso, lavoro stabile e precario, autonomo e subordinato, studenti e disoccupati.

Nell’anno appena trascorso, almeno in Italia, l’offensiva neoliberale sul lavoro e le sue regole ha raggiunto una violenza e un’intensità senza precedenti. E già il 2015 si apre con l’attacco al pubblico impiego. Flessibilità in uscita e «occupabilità»: è questa la “coppia” consacrata dai decreti attutivi approvati il 24 dicembre (!), che si accompagna alla liberalizzazione della precarietà senza causale, alla dequalificazione del contratto di apprendistato, all’accanimento fiscale contro le partite Iva che svolgono lavoro intellettuale/comunicativo, alle poche briciole, come da programma, per l’estensione universale degli ammortizzatori sociali (a discapito, tra l’altro, del finanziamento dei contratti di solidarietà). Con la piena flessibilità in uscita del pubblico impiego, il cerchio si chiude e l’Italia entra in una nuova epoca.

Sarebbe miope e sbagliato non cogliere il carattere quanto meno europeo del processo riformistico che ha investito l’Italia negli ultimi mesi. È evidente che la «svalutazione interna» (ovvero salariale) ha colpito prevalentemente i PIIGS, è altrettanto vero che il mercato del lavoro europeo tende a omogeneizzarsi, almeno per una generazione. Minijobs (leggi sotto-occupazione), politiche attive e apprendimento duale, da questo punto di vista, sono esempi emblematici e nuova regola. Qualora gli investimenti produttivi, spinti da un ancora incerto Quantitative easing della BCE, dovessero ripartire, lo farebbero all’interno di uno scenario – dei rapporti tra capitale e lavoro, dei diritti, delle condizioni salariali, ecc. ‒ radicalmente mutato: come dire, la crisi ha fatto bene il suo mestiere. Non stupisce che in Italia anche le previsioni economiche più ottimistiche parlino, per il 2015, di una jobless recovery: dovrebbe fermarsi – ripetiamo, dovrebbe – la recessione senza che la disoccupazione diminuisca, anzi.

Nel pieno dell’offensiva renziana, durante e dopo l’approvazione del DL Poletti, ha preso avvio il processo dello Strike Meeting. Sui caratteri innovativi del processo abbiamo già insistito in questi mesi, sarebbe ridondante tornarci. Vale la pena, però, insistere sul successo dello Sciopero sociale del 14 novembre. Non solo i numeri, che pure sono stati poderosi, ma anche l’estensione spaziale (oltre 45 città coinvolte) e temporale (24 ore); soprattutto, il protagonismo di una coalizione sociale ampia, fatta di precari, studenti, disoccupati, sindacati conflittuali, comitati in difesa dei beni comuni e molto altro. Coalizione che, nel superamento della tradizionale forma dello sciopero, è stata in grado di innovarne le pratiche, esibendo l’estensione dello sfruttamento oltre il luogo di lavoro, dalla formazione alla riproduzione, dalle forme di vita alle relazioni sociali. Nulla più di un inizio, indubbiamente, ma un inizio che ha lasciato il segno.

Lo ha già ribadito l’affollata assemblea nazionale dei Laboratori dello Sciopero sociale, che si è svolta a Napoli lo scorso 30 novembre: il successo del #14N impone una ricerca politica, organizzativa, linguistica per molti versi inedita. Ben avviata nell’autunno, ma ancora tutta da svolgere. È evidente, infatti, che il percorso espansivo e indipendente contro le politiche di precarizzazione ‒ che si articolano non solo con il Jobs Act e la regolazione neoliberale del mercato del lavoro, ma anche con la messa a valore della vita tutta ‒ e quel processo di sindacalizzazione diffusa cui si è fatto riferimento negli scorsi mesi, anche e soprattutto dal punto di vista della sperimentazione pratica, devono essere approfonditi e sviluppati. Altrettanto vero che l’estensione europea dello sciopero, solo evocata con le azioni di Parigi e Berlino, deve essere ancora del tutto conquistata. Della questione, tra l’altro, si è discusso in modo produttivo tanto a Francoforte, durante il Blockupy Festival (21/22/23 novembre), che a metà dicembre a Lisbona, nel Forum sulla precarietà e la disoccupazione organizzato da Precários Inflexíveis.

Rilanciamo e articoliamo dunque, in sintonia con la discussione napoletana, il II atto dello Strike Meeting, che proponiamo per il 13/14/15 febbraio, e da tenersi a Roma. Sarà una grande occasione di ricerca comune attorno a 3 assi principali:

– Primo asse ‒ Il processo dello Sciopero sociale: le forme dell’azione e la sindacalizzazione diffusa;

– Secondo asse ‒ Campagne e vertenze comuni;

– Terzo asse ‒ Estensione europea del Social Strike.

Al primo asse vorremmo dedicare la plenaria iniziale, affinché il tema, tanto delicato quanto decisivo, possa essere affrontato e discusso da tutt* e con un tempo ampio.

Il secondo asse, seconda giornata, sarà articolato in workshop. Indichiamo tra i temi: il salario minimo europeo in alternativa a sotto-occupazione e freejob (verso il Primo maggio milanese: contro i meccanismi di sfruttamento sperimentati da Expo2015, si gioca una partita fondamentale nell’articolazione di pratiche di lotta che guardano a forme di Sciopero sociale e di nuova sindacalizzazione); reddito di base e welfare contro il business della disoccupazione giovanile (per riprendere la campagna “Garantiamoci il futuro”); l’universo della formazione, dal conflitto sulla “Buona scuola” all’organizzazione del precariato della ricerca; beni comuni e contrasto allo Sblocca Italia; quale resistenza per i freelance, vessati da gestione separata dell’INPS e riforma del regime dei minimi; “un giorno senza di noi”, come costruire lo sciopero del lavoro migrante e, nello stesso tempo, opporsi radicalmente al business dell’accoglienza; produzione e messa al lavoro dei generi, come riprendere e dare consistenza alle tematiche sollevate dal Gender Strike. Questo asse, chiaramente, può essere arricchito dalle proposte di tutt* coloro che vogliono organizzare workshop su ulteriori vertenze/campagne comuni.

Il terzo asse sarà invece dedicato all’Europa, al confronto diretto tra reti, gruppi, soggetti sindacali che vogliono provare a costruire il processo continentale del Social Strike. Anche in questo caso, così come nella prima giornata, si tratterà di una plenaria, e si svolgerà rigorosamente in lingua inglese.

Con il 14 novembre una nuova coalizione sociale ha cominciato a occupare la scena, mettendo in campo pratiche di lotta e forme di relazione che hanno fatto e possono fare la differenza. Un atto di resistenza importante, seppur parziale, contro i diktat della Troika, i poteri finanziari e le corporation globali. Ora si tratta di dare gambe a questa coalizione, di trasformarla in pratica organizzativa quotidiana, contro la precarietà, la disoccupazione, la distruzione di scuola e università pubbliche, la devastazione ambientale e le privatizzazioni. Ora si tratta di superare i confini nazionali e battersi contro le politiche neoliberali di Bruxelles e Francoforte.

Laboratori dello Sciopero sociale

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> Il programma:

Venerdì 13 febbraio

Primo asse
ore 16:00, presso Aula XIII Scienze politiche – Sapienza

Assemblea plenaria – Il processo dello Sciopero sociale: le forme dell’azione e la sindacalizzazione diffusa

Sabato 14 febbraio

Secondo asse

Workshop – Vertenze e campagne comuni
Location: Esc, Communia, Sapienza

Vertenze comuni | ore 10 – 13

Freelance, professionisti atipici e degli ordini, lavoratori della conoscenza (Esc)
Lavoratrici e lavoratori della cultura e dello spettacolo (Esc)
Strikers migranti e lo sciopero del lavoro migrante (Communia)
Le lotte contro la “Buona scuola” di Renzi (Communia)
Gender Strike: sciopero dei/dai generi (Communia)
Le lotte nel mondo della ricerca e dell’università (Sapienza – Fisica)
Neet, free job, disoccupazione giovanile: Garantimoci un futuro vs Garanzia Giovani (Sapienza – Fisica)
Le battaglie contro lo Sblocca Italia, la privatizzazione dei beni comuni e la finanziarizzazione dei servizi (Sapienza – Fisica)

Campagne comuni | ore 14:30 – 17:30
Location: Esc, Communia

Il lavoro al tempo del Jobs Act. Contro precarietà e disoccupazione: salario minimo europeo, reddito e welfare universali (Esc)
Scioperiamo il Modello EXPO. Verso le giornate NoEXPO (Esc)
Campagna sulla Sentenza Corte di Giustizia Europea del 26 novembre (Communia)
Blocchiamo lo Sblocca Italia, contro la privatizzazione dei beni comuni e la finanziarizzazione dei servizi (Communia)
Plenaria conclusiva della II giornata | ore 18:30 – 20:30
Location: Esc

Domenica 15 febbraio

Terzo asse

ore 10:30, presso Acrobax

Assemblea plenaria lingua inglese ‒ Estensione europea del Social Strike

Parteciperanno reti sociali e sindacali provenienti da: Spagna, Portogallo, Grecia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Francia…

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> Le call dei workshop:

– Neet, free job, disoccupazione giovanile: Garantimoci un futuro vs Garanzia Giovani

La disoccupazione giovanile in Europa ha raggiunto negli ultimi anni dei tassi drammatici, nonostante gli obiettivi di Europa 2020, le Raccomandazioni e la quantità di risorse investite (6 miliardi di euro stanziati dalla Commissione europea) il programma comunitario Youth Guarantee non sta avendo gli effetti annunciati. In Italia oltre i ritardi e le inefficienze organizzative nella gestione delle Regioni, il programma si caratterizza sempre più come un vero e proprio business della disoccupazione per agenzie del lavoro interinali, enti di formazione e orientamento, oltre che per le imprese interessate a bonus occupazionali, lavoro gratuito e tirocini finanziati con i fondi pubblici. Peraltro, la Garanzia Giovani, prefigura le politiche di workfare che il jobs act estenderà progressivamente a tutti I soggetti, consegnando la gestione del mercato del lavoro ai privati, con un conseguente abbassamento delle tutele ed un irrigidimento del regime sanzionatorio.

Nella prima edizione dello Strike Meeting è stata condivisa la piattaforma “Garantiamoci un Futuro” per animare un percorso di lotta contro la disoccupazione giovanile. In questo meeting il workshop si propone di connettere e coordinare con maggiore costanza le campagne territoriali che partano dalle rivendicazioni di una reale redistribuzione delle risorse e delle misure agli oltre 400 mila iscritti a Garanzia Giovani, che vivono in una costante economia della promessa e dell’attesa. Dopo diverse mobilitazioni nei centri per l’impiego di Roma nella regione Lazio abbia ottenuto i primi risultati attraverso l’apertura di un tavolo istituzionale. Vogliamo confrontarci con reti, collettivi e soggettività che stanno animando percorsi di lotta contro la disoccupazione giovanile ed il lavoro gratuito, di cui l’Expo di Milano ne rappresenta il modello paradigmatico.

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– Gender Strike: Sciopero dei/dai Generi

Lo spazio politico aperto negli ultimi mesi dal percorso dello Strike Meeting ha permesso di avviare riflessioni su precarietà, lavoro gratuito, riforma del mercato del lavoro e di tradurle immediatamente in pratiche di sperimentazione di una nuova forma sciopero, in grado di usare la grammatica della composizione sociale che ha costruito e dato vita a questo processo.

In particolare, abbiamo voluto riferirci ad una nozione allargata di “lavoro” in grado di includere le forme specifiche di sfruttamento e gratuità interne al lavoro formale, così come tutte quelle prestazioni lavorative invisibili e non retribuite. Per quel che riguarda il lavoro di cura, il lavoro affettivo, relazionale e lavoro di ri-produzione sociale, non esiste infatti corrispondenza tra facoltà, competenze, energie mobilitate e riconoscimento economico.
A partire da questa considerazione è stato possibile incrociare e far convergere l’analisi e l’approccio transqueerfemminista con i discorsi e le lotte dei/delle precar*, student*, disoccupat*, migrant* ecc… Infatti, se le forme di cattura e di messa al lavoro ai tempi del Jobs Act riguardano tutti gli ambiti relazionali e sociali delle nostre vite, sicuramente la dimensione del “genere” – come insieme di aspettative e di norme che riproducono l’ordine eteronormato neoliberale – può diventare terreno di discussione e di conflitto rispetto ai temi dell’autodeterminazione delle soggettività eccedenti e queer e della liberazione di spazi e tempi di vita.

Proponiamo dunque di ripartire dalla mobilitazione che ha ruotato attorno alla grande giornata di Sciopero Sociale del #14N per riaprire uno spazio di discussione collettiva sullo Sciopero dei/dai Generi – Gender Strike che sappia immaginare nuove pratiche generalizzabili e riproducibili da tutt*. Attraverso una riflessione condivisa su quanto messo in campo fino ad ora pensiamo che un confronto, sia sul piano dell’analisi che su quello delle pratiche, sia oltremodo necessario. Vorremmo perciò avviare un ragionamento in grado di tenere assieme i differenti livelli di articolazione delle “pratiche”. Da un lato le “pratiche” di sottrazione reale, e dunque come definire e costruire assieme nuovi immaginari e forme di sciopero legati al Gender Strike, individuando nel percorso NoExpo un’interessante occasione di dialogo e contaminazione con le lotte esistenti. Dall’altro lato le “pratiche” e le esperienze di riappropriazione di welfare dal basso, che ci parlano in maniera diretta di diritto alla salute e di contrasto alle politiche di smantellamento dei servizi pubblici, nonché di immediata rivendicazione di forme di reddito diretto e indiretto sganciato dal lavoro.

Invitiamo tutti e tutte a partecipare numerosi al workshop che si svolgerà sabato 14 febbraio (ore 10, presso Communia – via dello Scalo di San Lorenzo 33) all’interno della cornice dello Strike Meeting.

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– Strikers migranti e lo sciopero del lavoro migrante

Nonostante la crisi abbia reso sempre più feroce il ricatto del legame tra soggiorno e lavoro, i migranti sono stati protagonisti negli ultimi anni di alcune delle esperienze più rilevanti di sciopero, in particolare nel settore della logistica. Queste importanti esperienze, come quelle di lotta contro la legge Bossi-Fini e il legame tra soggiorno, lavoro e reddito, hanno però incontrato significative difficoltà nel tentativo di generalizzarsi, tanto oltre la loro dimensione di “categoria” quanto nei confronti di altri pezzi di società.
Siamo probabilmente di fronte a una cesura che attraversa i comportamenti soggettivi del lavoro migrante e che segna anche la fine di quel quadro politico, sindacale e di movimento, che fino al decennio precedente è riuscito a garantire una qualche continuità al movimento dei migranti e antirazzista contro la Legge Bossi-Fini. Contemporaneamente, si sta consolidando un nuovo governo umanitario delle migrazioni che, su scala europea, produce una differenziazione interna tra migranti e rifugiati e così rafforza le dinamiche di sfruttamento e innesca nuove modalità di accumulazione di ricchezza sulle loro spalle.
Di fronte a queste dinamiche, è necessario sperimentare nuove forme di lotta e organizzazione politica del lavoro migrante in connessione con i soggetti della precarietà nel suo complesso.
Da questo punto di vista l’esperienza dello sciopero del primo marzo continua a offrire degli spunti interessanti. Non si tratta di replicare un evento che è stato il frutto di una convergenza di forze non riproducibile a tavolino, ma di mettere a valore alcuni elementi che lo hanno attraversato: i migranti hanno fornito il primo esempio di uno sciopero dichiarato e riuscito non solo al di fuori e contro le gerarchie sindacali, ma innovando profondamente le modalità di costruzione di uno sciopero. Si è trattato di uno sciopero sociale e politico perché ha mobilitato lavoratori dei settori più diversi, ma anche perché è stato lo sciopero di un pezzo di società in grado di mettere in discussione le sue gerarchie interne. Esso ha innescato un potente immaginario politico che ha continuato a produrre soggettivazione ben al di là dei suoi più immediati tempi organizzativi, come gli scioperi nella logistica o le lotte nelle campagne del sud Italia hanno dimostrato.
Riprendere l’esperienza della giornata senza di noi non ha l’obiettivo di riportarla a nuova vita. Si tratta al contrario di raccoglierne la suggestione e di tradurla al tempo presente, pensando il problema dell’organizzazione e dello sciopero di fronte alla moltiplicazione di nuove e sempre più eterogenee figure del lavoro tra le quali, tuttavia, il lavoro migrante continua a conservare una sua specificità.
Uno degli obiettivi principali del ws sarà quello di formulare e discutere possibili campagne che guardino alla specificità del lavoro migrante ma al contempo si pongano l’obiettivo di rompere la “settorializzazione” con cui solitamente si guarda a esso dentro al lavoro nel suo complesso. Se con il Jobs act e le riforme del lavoro e dei sistemi di welfare su scala europea la precarizzazione di tutto il lavoro giunge a compiersi definitivamente, il relativo impoverimento delle condizioni di vita che ne deriva, tanto in termini di reddito quanto di salario, rende di fatto impossibile per gran parte dei migranti rinnovare i permessi di soggiorno e quindi regolarizzare la propria permanenza. Di fronte a questo inasprimento di condizioni la sola rivendicazione di salario, reddito e welfare, sebbene europei, rischia di fare salva una delle principali differenze sulla quale si regge lo sfruttamento. Per questo pensiamo che affianco a queste importanti campagne sia necessario avanzare la richiesta di un “permesso minimo di soggiorno di almeno due anni” al di là della presenza o durata del contratto di lavoro e del livello di reddito percepito.

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– Freelance, professionisti atipici e degli ordini, lavoratori della conoscenza

Dopo tante promesse, Renzi ha colpito a morte (o quasi) i freelance. In particolare quelli più fragili che, a partire dal 2011, si sono avvalsi dei vantaggi del regime dei minimi. Il regime forfettario introdotto dalla Legge di stabilità aumenta l’imposta sostitutiva dal 5 al 15%, diversifica i limiti di fatturato, penalizzando i lavoratori della conoscenza (da 30.000 euro a 15.000 euro l’anno). Anche l’introduzione del coefficiente di redditività, necessario a calcolare l’imponibile, punisce i freelance che operano nel campo del lavoro creativo e della produzione scientifica.
Nella Legge di stabilità il governo Renzi non ha voluto evitare l’aumento al 30,72% (dal primo gennaio) dei contributi alla gestione separata, aumento che sta penalizzando e penalizzerà gravemente i lavoratori autonomi con la partita Iva. E’ stato calcolato che il reddito netto medio di questi autonomi è di 515 euro mensili (con un compenso lordo medio di 18.640 euro annui). L’aumento dei contributi ridurrà ancora di più questi importi. Questo significa: disoccupazione, lavoro nero o informale, perdita di quel poco che la crisi ha lasciato a questi lavoratori.
Neanche a dirlo, i freelance sono stati esclusi dai famosi 80 euro e dall’estensione dell’ASpI: i nuovi ammortizzatori sociali riguarderanno i parasubordinati (i collaboratori a progetto), ma non le partite Iva. Infine, come dicevamo, la mazzata imposta dalla riforma Fornero, l’aumento vertiginoso dell’aliquota INPS (vedi sopra). Un freelance che rientra nel regime forfettario non può che vivere al di sotto della soglia di povertà. E le cose di certo non vanno meglio per i professionisti degli ordini: da segnalare in primo luogo l’accanimento della Cassa forense sui giovani avvocati.
Siamo consapevoli che si tratta di un mondo eterogeneo, difficile da organizzare attraverso le forme sindacali tradizionali. Ma l’offensiva è netta, e molto dura, impone quanto meno una risposta unitaria. Lo Strike Meeting, giunto al suo II atto dopo il successo dello Sciopero sociale del 14 novembre scorso, può essere l’occasione giusta per avviare un confronto virtuoso, mettere in rete saperi, intensificare le relazioni, promuovere campagne comuni.
Invitiamo freelance, professionisti atipici e degli ordini, lavoratori della conoscenza a partecipare numerosi al workshop che si svolgerà sabato 14 febbraio (ore 10, presso Esc – via dei Volsci 159) all’interno della cornice dello Strike Meeting.

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– Le lotte nel mondo della ricerca e dell’università

Questo workshop vuole tenere insieme diverse figure della formazione, costruendo nuove connessioni tra tutti i soggetti subalterni dell’università: studenti, assegnisti, dottorandi, ricercatori e tutte le figure precarie dell’università.

Questo perchè i meccanismi di sfruttamento e di addestramento alla precarietà dell’università riformata dal processo di Bologna rivelano tutta la loro funzionalità al mercato del lavoro su scala europea e globale, tradotta e completata in Italia dal Jobs Act e dai provvedimenti del governo Renzi.

Nell’università dell’ossessione valutativa, il lavoro non pagato diventa elemento cardine e contraddizione più evidente di un sistema formativo fondato sul merito e sul concetto di ‘formazione continua’ e teso a riprodurre disuguaglianze sempre più profonde in un contesto di crisi. Stages e tirocini non retribuiti sono divenuti parte fondamentale ed obbligatoria dei percorsi formativi. Spacciati come elementi di formazione per una più facile immissione nel mondo del lavoro, questi dispositivi sono in realtà degli enormi regali alle aziende, che attraverso questi possono disporre di manodopera non pagata. In alcun modo si osserva una correlazione tra il sostenimento di uno stage ed un miglioramento nelle prospettive lavorative future degli studenti.

Una ricerca sempre più fondata sullo sfruttamento di soggetti con contratto precario, se non addirittura del tutto non retribuiti, comporta direttamente abbassamento della qualità della didattica; i criteri di valutazione e autovalutazione degli atenei ricadono come meccanismi di controllo sia per gli studenti che per tutti i precari della ricerca; i meccanismi di inclusione differenziale e di nuova esclusione rimodulano l’accesso all’università per gli studenti (tasse, diritto allo studio) e per i ricercatori (precarizzazione dei meccanismi di reclutamento).

Quali sono le nostre armi comuni per contestare e sabotare questa università riformata e quali linee comuni per immagginare un’altra università?

Ripartendo da questi elementi, vorremmo discutere ipotesi di lavoro concrete, immaginare vertenze, campagne, mobilitazioni in grado di riaccendere il conflitto all’università, pratiche e percorsi che mettano in discussione gli assunti e i paradigmi dominanti che vorrebbero fare del lavoro gratuito e sottopagato la costante sistemica di un’economia fondata sulla speranza e la promessa.

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Le battaglie contro lo Sblocca Italia, la privatizzazione dei beni comuni e la finanziarizzazione dei servizi

Le privatizzazioni e la finanziarizazione dei beni comuni e dei servizi pubblici rappresentano una delle chiavi di volta per la speculazione e la creazione di profitti; questo vale in Europa (come nel resto del globo) e, in Italia, vale in modo ancor più profondo, proprio perchè in questa fase di crisi strutturale, in ossequio alle indicazioni della governance europea, un nuovo processo guidato dal Governo Renzi si sta attuando.

Un processo che vede nel combinato disposto di diversi strumenti legislativi e una notevole campagna mediatica, un attacco diretto ai quei servizi e ricchezze sociali che rappresentano la tutela di diritti fondamentali.

Non a caso, in tutta Italia, movimenti territoriali stanno animando battaglie in cui si intrecciano, a partire dalla prossimità geografica, comitati di base e associazioni, singoli cittadini e strutture organizzate, sindacati e realtà autogestite; una forza sotterranea e costante che non arretra nella pretesa di non veder sottratta la propria dignità e i propri diritti, ma anche la capacità di decidere sul proprio futuro ponendo un immediato problema di democrazia.

E quindi, da nord a sud, diverse lotte si intrecciano, dalla difesa della terra o contro le speculazioni edilizie e per il diritto all’abitare fino a quella contro le trivellazioni petrolifere, da quelle contro gli inceneritori a quelle per il diritto all’acqua, da quelle in difesa della sanità pubblica a quelle per i servizi pubblici locali e un nuovo diritto alla città.

Vogliamo provare a costruire un nuovo momento di confronto, capire come far cooperare maggiormente queste esperienze proprio nell’ottica dello sciopero sociale, costruire una nuova tappa in un processo che continua a proseguire nel tempo.

Per questo vorremo provare ad entrare in profondità sugli elementi che caratterizzano il minimo comun denominatore di queste battaglie e della loro capacità di innovazione e conflitto, soprattutto nella loro capacità di connessione. E vorremo partire proprio dal decreto Sblocca Italia che, al suo interno, contiene quell’intreccio mortifero tra grandi opere, privatizzazioni, devastazioni ambientali a cui corrisponde, per inverso, una mappa dettagliata di attivazioni territoriali, tra cui vorremo contribuire a stabilire una connessione.

Per questo immaginiamo che il workshop parta da alcuni elementi di approfondimento:

Sblocca Italia, come procede l’applicazione;
Sblocca Italia e oltre, cosa si organizza nei diversi territori;
quando la privatizzazione riguarda i servizi pubblici nazionali: la sanità;
la privatizzazione avanza, processi di fusione delle multiutility e quotazione in borsa.