Attualità

Rimini / Natale 2014. Si muore di povertà ed indifferenza.

Approfondimento di Casa Madiba Network dopo che, nei giorni scorsi, un migrante senegalese di 34 anni ha perso la vita davanti alla stazione per via del freddo e della condizione di salute cagionevole.

21 Dicembre 2014 - 12:13

povA Rimini nel 2014 si continua a morire di povertà. Davanti alla stazione FS, luogo frequentato da migliaia di persone e altamente controllato dalla Polizia, Lamil Fall (migrante senegalese di 34 anni)ha perso la vita per via del freddo e della condizione di salute cagionevole.

Premessa

Nell’ultimo anno, sono già quattro gli homeless deceduti nel nostro territorio a causa delle condizioni di vita feroci e disumane che è costretto a sperimentare chi si trova ai margini delle nostre città e viene continuamente stigmatizzato e reso invisibile dalle politiche governative.

Stefano, Arianna, Lami e la donna di origini rumene deceduta questa estate nelle strutture abbandonate ex-Hera (invisibile tanto da non riuscire a trovare il suo nome sulle pagine di cronaca nera).

La tragedia di Lamil Fall va analizzata attraverso lo studio di due dimensioni differenti: la prima è prettamente materiale e la seconda è relativa alla dimensione di indifferenza delle persone verso i poveri ed homeless.

Dimensione materiale, lo Stato sociale ed i poveri

La crisi economica ha condotto un numero crescente di persone a rivolgersi alle associazioni cattoliche operanti nel territorio (Caritas, Papa Giovanni XXIII e Capanna di Betlemme). L’aumento della disoccupazione e l’impoverimento dei lavoratori ha condotto centinaia di persone verso il basso nella catena sociale. Il nostro dialogo con alcuni homeless, che frequentano la stazione, ci ha condotto a dialogare con uomini che fino ad anni fa conducevano una vita semplice e molto umile, ma dignitosa. Poi la perdita del lavoro o talvolta un divorzio ha rotto la loro routine, conducendoli a vivere una vita da homeless. Loro stessi ci hanno spiegato come gli enti assistenziali del territorio riminese non hanno strutture adeguate per rispondere all’incremento della povertà e degli homeless.

Sempre più persone sono state costrette a vivere per strada a causa della crisi economica, conducendoli a sviluppare patologie depressive, incrementando il rischio di assumere eroina oppure divenire alcolizzati cronici.

In questo contesto, negli ultimi anni i governi nazionali hanno imposto tagli verticali (chiamati in modo ideologico “spending review”). Ovvero, l’austerità ha imposto nel nostro territorio un risparmio di decine di milioni su sanità e stato sociale in genere, e nello specifico per ultimo registriamo una riduzione numerica degli assistenti sociali.

Sino ad oggi (17.12.2014), il cosiddetto “piano freddo” del comune di Rimini non è stato ancora attivato ed i fondi stanziati a sostegno degli homeless sono irrisori rispetto al bisogno reale.

La guerra ai poveri rappresenta un fenomeno materiale, perché le risposte alle nuove condizioni di povertà sempre più diffuse sono dannatamente insufficienti. Viviamo in una città, in cui le ultime inchieste riferiscono di 967 senza fissa dimora stabili. Negli ultimi anni non sono mai stati predisposti dei dormitori pubblici e gli unici progetti di accoglienza riconosciuti dal Comune sono garantiti da enti legati al mondo religioso come la Caritas e l’ass. Papa Giovanni XXIII.

Sul piano materiale, il numero di posti letto sono limitati (inferiori ai 120); queste strutture forniscono un precario e fugace servizio, dove si garantisce un tetto per poche notti e solo in orari notturni, lasciando le persone a sé stesse e alla strada durante tutta la giornata. Siamo coscienti che percorsi di inserimento lavorativo richiedono diversi mesi e la possibilità di superare almeno una dimensione di precarietà (quella abitativa).

Il taglio dello Stato Sociale dal governo nazionale rappresenta la dimensione materiale della guerra ai poveri. A titolo evocativo, ci limitiamo a citare il cosiddetto “Piano Casa” di Lupi, che invita gli enti locali a tagliare le utenze alle abitazioni occupate in modo irregolare da poveri, incapaci di pagare l’affitto.

Apprendiamo dai giornali e parlando con alcuni migranti che Lami Fall era stato ricoverato in ospedale ed aveva salute cagionevole. Si dovrebbe indagare quali siano state le relazioni fra il Pronto Soccorso e gli assistenti sociali, se la cura del paziente abbia condotto un ragionamento sulla tutela della salute dopo il tempo trascorso nella struttura ospedaliera. In generale, si deve sottolineare che le precarie condizioni di salute sono destinate al peggioramento dovendo dormire per strada a dicembre.

Dimensione antropologica, indifferenza e guerra ai migranti/poveri

La guerra ai migranti/poveri ha una dimensione politica e culturale. Essa è realizzata attraverso la comunicazione delle principali forze politiche, gli articoli di alcuni giornalisti e talvolta dalle agenzie stampe delle Questure.

I migranti sono rappresentanti regolarmente come un nemico solo per il fatto di essere sul territorio nazionale oppure come persone antropologicamente propense al crimine e alla violenza.

In merito a questo ultimo aspetto, le narrazioni delle operazioni di polizia contro gli homeless che trovano rifugio di fortuna in colonie o case abbandonate, non analizzano il fatto che solo condizioni disperate possono condurre una persona ad abitare in alloggi senza riscaldamento o senza i servizi basici. Inoltre, raramente ci si pone il problema di dove vadano a vivere gli homeless dopo le suddette operazioni di polizia per sgomberare le strutture abbandonate da anni.

Si continua a morire nell’indifferenza e gli homeless raramente incontrano uno sguardo sensibile ed umano.

La dimensione antropologica è connotata da una guerra agli esclusi (poveri, migranti, homeless, sex workers,..) che ha mutato i rapporti sociali, che ci sta portando a vivere in città dove alle relazioni e ai meccanismi di solidarietà si sostituisce la lotta alla sopravvivenza. Da anni si stanno educando i poveri (lavoratori precari, stagionali e disoccupati) a combattere contro chi vive in condizioni di miseria e il migrante. Le campagne comunicative contro gli stranieri hanno condotto molte persone a guardare con paura e sospetto le persone bisognose, dai lineamenti centro-africani, come il ragazzo morto di fronte alla stazione di Rimini.

Siamo profondamente turbati, anche dal luogo dove Lami Fall è passato a miglior vita. La stazione è un luogo di transito di migliaia di persone, dove passano diverse decine di autobus sino a tardi, alcune attività economiche sono aperte anche la notte e la locale Polizia è particolarmente attiva nel controllo dell’area.

Siamo amareggiati dall’idea che tantissime persone abbiano visto il migrante in condizioni di salute cagionevoli senza chiamare il 118. L’indifferenza e la paura verso i migranti sono elementi qualificanti di questa tragedia, proprio per il luogo dove il senegalese si è spento.

In conclusione:

Noi stiamo provando a descrivere un piano complesso ed articolato. Poniamo quindi alcune domande collettive.

Quanto tempo e quante morti ancora dobbiamo attendere prima che la città e le sue Istituzioni aprano un dibattito autocritico verso se stessi, prendendo in seria considerazione proposte che provengono da chi lotta per il recupero del patrimonio immobiliare sfitto?

Quando il Comune si porrà l’obiettivo di realizzare un piano efficace di risoluzione dell’emergenza abitativa, complessiva di tre dimensioni umane: gli sfratti, le lunghissime attese per accedere ad una casa Acer e l’istituzione di un servizio di assistenza e osservazione?

Non ci vogliamo però rassegnare all’idea che il futuro per noi, per i nostri figli, per i luoghi che viviamo possa essere qualificato dalla disumanizzazione delle relazioni.

Coltiviamo l’idea che siano i luoghi sottratti all’abbandono, alla rendita, alla speculazione, alla mercificazione, al profitto quelli da cui si possa ripartire per immaginare nuove città cooperanti e meticce, per costruire forme di solidarietà reali e la parte debole possa mostrare la sua forza.

Le trentaquattro mila case sfitte presenti nel territorio della Provincia di Rimini possono salvare delle vite. Porre il tema della loro requisizione e del loro recupero mediante somme di denaro contenute e ponendo al centro il tema della loro sostenibilità non è una battaglia ideologica. Solo da qui possiamo innovare se non vogliamo che ad ogni inverno si aggiungano nuovi nomi ad una lista di morte.

Rimini è una città ricca, in cui il turismo produce ricchezza, ma dove la forbice sociale si è allargata e gli homeless possono perdere la vita in luoghi altamente frequentati. Restiamo umani.

Casa Madiba Network