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Riapre sala studio Sant’Orsola: ma orari ridotti e ingresso solo con ‘smartphone-badge’

L’Università ha cambiato il nome della Saletta e per accedere è necessario utilizzare l’app dell’Alma Mater. Il Gruppo Prometeo contesta con striscione e cartelli: “L’Ateneo ha completamente disconosciuto 20 anni di autogestione e reso lo spazio classista ed escludente ignorando i nostri numerosi tentativi di dialogo”.

03 Dicembre 2020 - 13:02

Riapre oggi la sala studio al Sant’Orsola, ma il Gruppo Prometeo contesta l’operato dell’Università: “L’Alma Mater ha completamente disconosciuto 20 anni di autogestione e reso lo spazio classista ed escludente ignorando i nostri numerosi tentativi di dialogo”.

“Unibo: niente accordo? Non saremo mai un ricordo. Sala studio Prometeo”. Questo, spiega Prometeo con un comunicato, “è quanto scritto sullo striscione che, nel giorno della riapertura, il 3 dicembre, è stato appeso fuori dalla sala studio oltre ai numerosi cartelloni che hanno ricominciato a popolare le pareti della sala studio neo-restaurata, conosciuta col nome di ‘Saletta’ o ‘Aula studio Prometeo’ e che, per 20 anni, stata autogestita dagli studenti e dalle studentesse di Gruppo Prometeo, associazione universitaria di studenti e studentesse dei Corsi di Laurea di Medicina e Chirurgia e Medicine and Surgery dell’Alma Mater. È un modo per rianimare uno spazio che l’Università sta cercando di depersonalizzare e portare via non solo a noi, come associazione che da sempre l’ha gestito, ma all’intero corpo studentesco. La nostra apertura al dialogo e a trovare delle soluzioni di mediazione con l’Università non sono mai mancate in questi mesi. Fino a poche settimane fa, la disponibilità dell’Ateneo di dare ascolto alle proposte della sua comunità studentesca sembrava reale. Abbiamo più volte parlato col prorettore vicario Mirko Degli Esposti, con la prorettrice per gli studenti Elena Trombini, abbiamo esposto le nostre istanze sia durante il Consiglio degli studenti sia in Senato accademico e ricevuto la solidarietà pubblica della consigliera comunale Emily Clancy, di tutti i professori facenti parte del Consiglio di Corso di laurea di Medicina e Chirurgia. È stata anche lanciata una raccolta firme a cui hanno aderito in pochissimi giorni più di 500 persone. Lo scorso Settembre, quando le altre aule studio dell’Ateneo sono state riaperte, infatti, anche l’associazione Gruppo Prometeo aveva predisposto la riapertura della sala studio autogestita con l’introduzione di protocolli di sicurezza anti-Covid 19 addirittura più severi di quelli adottati dall’Alma Mater per le sue biblioteche. Lo stesso giorno della riapertura, però, è arrivato dall’Università l’ordine di chiudere lo spazio. Le ragioni dell’Alma Mater si rifacevano, da un lato, alla necessità di concludere le trattative per il passaggio di proprietà dello spazio dall’Azienda Ospedaliera – che fino ad allora ne era formalmente responsabile – all’Università e, dall’altro, all’esigenza di effettuare alcuni lavori di ristrutturazione. La sala studio è stata quindi richiusa a poche ore dalla sua riapertura, ma le richieste degli studenti e delle studentesse di Gruppo Prometeo all’Alma Mater sono state chiare: avviare un dialogo proficuo con l’Università e avere un ruolo pro-attivo nella gestione quotidiana dello spazio, così come è stato negli ultimi 20 anni”.

Continua il comunicato: “È stata quindi profonda la delusione quando l’Università ha annunciato la riapertura della sala studio con un nuovo nome (‘Sala studio Sant’Orsola’), una riduzione degli orari di apertura che, al di là dell’attuale rispetto del coprifuoco, non andranno comunque oltre la mezzanotte, e la presenza costante di una persona addetta alla sorveglianza dello spazio. Questa mattina, poi, la scoperta di un fatto ancora più grave ed inaccettabile: la sala studio, da sempre uno spazio aperto e accessibile a tutte e tutti senza la necessità di un badge universitario, ora è accessibile solo tramite smartphone e solo a chi è regolarmente iscritto all’Alma Mater. È una scelta classista e inaccettabile per un’Università pubblica e che dovrebbe essere quindi accessibile a chiunque abbia voglia di studiare. Abbiamo almeno provato a chiedere la possibilità di avere anche un registro cartaceo su cui poter segnare i nominativi di chi non è in possesso di uno smartphone e quindi non può usare l’app universitaria per accedere (al momento unico strumento per entrare in aula studio) e di chi vuole studiare, e quindi è in tutto e per tutto studente, ma ci è stata negata anche questa possibilità. È vergognoso e paradossale che proprio l’Abis, il Settore diritto allo studio di Ateneo, renda tale diritto totalmente inaccessibile e vincolato a tutta una serie di privilegi (avere uno smartphone, avere la possibilità di iscriversi all’università e pagare le tasse) per nulla scontati, soprattutto in una situazione di grave crisi economica come quella di questo momento. Questa non è la nostra Università. Questa non è la nostra Città”.

Scrive ancora Prometeo: “Ciò che abbiamo chiesto e continueremo a chiedere è un riconoscimento formale del lavoro che è stato svolto in questi anni dalla comunità studentesca tutta per mantenere la Saletta uno spazio gestito dal basso e dalla collettività. In questi mesi, abbiamo dato nostra piena disponibilità per trovare, insieme all’Ateneo, soluzioni che permettessero di formalizzare l’autogestione e risolvere i problemi legati alla responsabilità e alla copertura assicurativa dello spazio. Abbiamo pensato e proposto diversi strumenti legali, fra cui anche la possibilità di stilare un bando universitario ad hoc proprio per le attività studentesche autogestite. Tutto questo lavoro che, in un primo momento, sembrava almeno aver aperto degli spazi di discussione con l’Ateneo, si è invece rivelato vano e inascoltato, con il nuovo e asettico nome dato alla sala studio a coronare la presa in giro. Per oltre 20 anni, la gestione della Saletta non era nemmeno mai stata formalizzata e non era nemmeno chiaro se la responsabilità dello spazio e di ciò che succedeva al suo interno fosse da attribuirsi all’Ateneo o all’Azienda Ospedaliera eppure tutte e due le istituzioni erano a conoscenza della sua esistenza poiché l’una si occupava dei lavori di ordinaria manutenzione e l’altra ne garantiva le pulizie quotidiane. Difficile pensare che il nodo di chi avesse l’effettiva responsabilità di quello spazio non sia mai stato sciolto per un errore di distrazione da parte delle due istituzioni durato 20 anni. Forse invece non si è mai sentito davvero il bisogno di andare a fondo alla questione proprio perché non si pensava che quei rischi teorici potessero diventare reali. Non capiamo nemmeno perché all’Ateneo sembri fare tanta paura l’idea di uno spazio autogestito, anzi co-gestito dall’Associazione Gruppo Prometeo e dall’utenza che usufruisce dello spazio stesso. L’autogestione e il prendersi cura dello spazio sono pratiche che hanno permesso di creare negli anni un enorme senso di comunità fra le persone che quotidianamente lo hanno attraversa e ciò ha inoltre permesso che, a costi pressoché inesistenti per l’Ateneo, la sala studio fosse l’unica in tutta Bologna ad essere aperta 365 giorni l’anno, compresi i giorni festivi, offrendo un servizio senza eguali in città. Mercoledì, durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021, il magnifico rettore Francesco Ubertini ha detto a noi studenti e studentesse: ‘Resistete e pretendete di più’. È ciò che stiamo facendo”.