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Ravenna / Sito Co2 fuori dal Recovery Fund, ma le/gli ambientaliste/i non si fidano

Il progetto non è nell’ultima bozza del piano per i fondi Next Generation Eu. No Ccs: “Ci auguriamo che il progetto non riappaia con altrettanta rapidità quando saremo prossimi all’approvazione finale del documento prima della consegna all’Unione Europea”.

18 Gennaio 2021 - 12:41

Le attiviste e gli attivisti della campagnaNo Ccs – il futuro non si sTocca” hanno scritto una lettera aperta ai vertici di Eni, al presidente del Consiglio, a quello della Regione e al sindaco di Ravenna, dove il Cane a sei zampe vuole costruire un grande impianto per la cattura e stoccaggio di anidride carbonica.

Recita il testo: “Il 30% di Eni, partecipata statale, è di proprietà delle cittadine e dei cittadini, quindi nostra, anche se non ci è concesso di incidere sui suoi piani strategici o industriali. Tale progetto si inserisce alla perfezione nella narrativa di greenwashing dell’azienda. Estrarre metano, consumare energia per trasformarlo in idrogeno, catturare una minima parte delle nuove quantità di CO2 emesse e utilizzarla per far risalire più idrocarburi: questo il passepartout per far meritare al CCS un posto, dal valore di 1,35 miliardi, nella sezione ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’ nelle prime bozze del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Documento che definirà i progetti da finanziare attraverso i fondi europei del Next Generation EU. Dall’ultima bozza del 12 gennaio il CCS sembra essere scomparso. I motivi possiamo intuirli, forse l’Europa, che scommette sull’idrogeno verde più che sul blu, non avrebbe approvato un progetto così costoso e allo stesso tempo vago e incerto. Eppure anche se dai giornali non traspare vogliamo pensare che le nostre mobilitazioni di dicembre in Emilia Romagna e in tutta Italia, insieme a prese di posizione forti delle associazioni che da anni si occupano di clima, siano servite a orientare in parte le decisioni che influenzeranno le nostre vite per i prossimi anni in maniera decisiva”.

Prosegono i NoCcs: “Riconosciuto questo primo e significativo risultato ci auguriamo che il progetto non riappaia con altrettanta rapidità quando saremo prossimi all’approvazione finale del documento prima della consegna all’Unione Europea, magari risolvendo l’attuale crisi di governo con nuovi equilibri che vadano a peggiorare ulteriormente le politiche ambientali. Resteremo in allerta, perché il CCS figura ancora nel piano industriale di Eni, che sta già pensando di finanziarlo attraverso dei green bond. Le ultime bozze del PNRR dimostrano che le grandi compagnie hanno ancora una fortissima influenza sulle scelte politiche, a volte tenendo in ostaggio le istituzioni. La retorica da greenwashing, lo strumentale ricatto ambiente-salute-lavoro, l’esternalizzazione dei costi ambientali e sociali producono profitto per pochi e devastazioni per molte e molti, d’esempio sono: il pretesto dell’idrogeno per approvare la costruzione di nuovi metanodotti firmati Snam, la riconferma del vecchio piano energetico nazionale basato sul gas e le risorse su vecchi mega-progetti, le privatizzazioni, l’ingerenza delle multiutilities nel Mezzogiorno e la presenza di Eni a Gela e Porto Marghera, che racconta di aver riconvertito le proprie raffinerie per la produzione di biodiesel, più inquinante del diesel normale, e, almeno a Gela, continua a utilizzare olio di palma il cui approvvigionamento è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico. Sono tutte proposte insoddisfacenti quelle indicate per tutela del territorio e le risorse idriche, con un grande assente che è il dissesto idrogeologico”.

Si legge poi: “Se credete di avere la situazione sotto controllo, allora stiamo andando troppo piano. La garanzia di un pianeta vivibile è il binario su cui far scorrere qualsiasi scelta politica, che può diventare occasione o condanna per le prossime generazioni. Prima di approvare l’ultimo PNRR, o pensare di concedere il prossimo finanziamento a Eni per il CCS, sappiate che la situazione ravennate è attenzionata da tutta l’Italia e ci sono migliaia di persone pronte a mobilitarsi nei prossimi mesi per difendere l’unico pianeta che abbiamo e sul quale intendiamo vivere ancora in futuro. Ravenna è territorio fertile per avviare una riconversione alle rinnovabili che può essere d’esempio per l’intero Paese, ma occorre tracciare con determinazione una nuova strada abbandonando le logiche del passato che il CCS, invece, ripropone. Vi chiediamo pertanto di esprimere pubblicamente che intendete rinunciare alla costruzione dell’impianto CCS proposto e che non concederete né a Eni né ad altre compagnie di avviare progetti di questa tipologia in nessun’altra zona d’Italia, né a Ravenna né altrove”.