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Raccolta ciliegie, lavoratori “ingannati e trattati con logiche padronali, prepotenti e irrispettose”

Usb: “L’assenza di tutele per i lavoratori agricoli viene utilizzata per giustificare licenziamenti e per lasciare a casa dopo pochi giorni buona parte dei dipendenti a cui era stato promesso di lavorare almeno 35 giornate”.

25 Giugno 2020 - 16:06

L’Unione sindacale di base lavoro agricolo ha reso pubblica in rete la testimonianza di di alcuni lavoratori che nella fase di emergenza sono stati impiegati in agricoltura, in una delle più grandi e importanti aziende del bolognese.

Raccontano i lavoratori: “Per settimane abbiamo cercato annunci online, ci siamo registrati alle agenzie regionali aperte a gran voce per l’occasione, abbiamo chiamato i consorzi agrari, le associazioni di produttori e gli uffici per l’impiego. I primi di maggio abbiamo trovato l’annuncio di un’agenzia interinale” che “cercava, nero su bianco, lavoratori da impegnare per più di un mese nella raccolta di ciliegie a Pianoro”, nei campi di proprietà di una società del bolognese.

Prosegue la testimonianza: “Ci sottolineano la massima serietà dell’azienda, qui si parla di gente quotata in borsa, ci dicono. Una settimana più tardi, nella sede della società, indossata la mascherina, un signore elegante teneva un colloquio con ognuno di noi e ribadiva che l’impegno richiesto era di 35-40 giornate di lavoro, 39 ore a settimana, più eventuali proroghe. Presenti anche una delle titolari della società e una segretaria. I tre facevano appello alla nostra serietà e al nostro impegno nel rispettare il mese di lavoro previsto. Pochi giorni dopo, a Imola, nella sede dell’agenzia interinale, ci viene presentato un contratto che copre i primi dieci giorni di raccolta, a partire dal 25 di maggio, giustificato come periodo di prova, il resto saranno proroghe, ci dicono. Altri lavoratori contrattualizzati per una ventina di giorni mentre i lavoratori assunti direttamente dall’azienda avranno il termine al 30 giugno. Il primo giugno, a sette giorni dall’inizio della raccolta, vengono lasciate a casa tre persone con contratto interinale e, ci sembra di capire, altre tre persone contrattualizzate dall’azienda. Due giorni dopo, al termine di una giornata di lavoro, altri lavoratori ricevono l’avviso che non verrà prorogato il loro contratto. L’8 di giugno vengono lasciate a casa altre cinque persone sotto contratto diretto con la società. Le notizie arrivano senza avvertimenti o comunicazioni preventive, le spiegazioni che ci vengono date sono contrastanti e fumose. Veniamo a sapere che la raccolta prosegue in un ambiente di lavoro sempre più pesante, in cui i lavoratori vengono arbitrariamente minacciati di licenziamento e trattati irrispettosamente, in una catena di prepotenze che parte dai vertici dell’azienda e arriva fino nei campi. Ciliegina sulla torta: nuovi lavoratori vengono chiamati a raccogliere tra i filari. Tra di noi c’è chi ha rifiutato altre offerte di lavoro e chi si è organizzato per rispettare l’impegno richiesto per la stagione, contando su questo ingaggio per tirare un temporaneo sospiro di sollievo. Siamo stati ingannati e trattati con logiche padronali, prepotenti e irrispettose, sia in termini personali sia lavorativi. Abbiamo cercato diverse volte di avere un confronto, un dialogo, delle spiegazioni e abbiamo ottenuto risposte poco chiare e discordanti. Ora, vogliamo denunciare la nostra storia: che sia uno specchio per chi parla di agricoltura dall’alto con ipocrisia e retorica; che sia di avvertimento a chi si trova e troverà nella nostra situazione. Noi crediamo che per avere un’agricoltura più giusta e un mondo del lavoro più dignitoso non debbano essere ammessi questi trattamenti. Dietro alla parola flessibilità, che troppo spesso abbiamo sentito usare, anche in questi giorni di raccolta, si nascondono la nostra precarietà e l’assenza di tutele. Evidentemente c’è chi si aspetta anche quest’anno la stessa flessibilità e professionalità che veniva richiesta col ricatto gli anni passati ai nostri colleghi.”

Scrive in conclusione il sindacato: “Come Usb abbiamo dimostrato, anche con lo sciopero dei braccianti del 21 maggio, che sul lavoro agricolo viene fatta solo retorica, per nascondere sfruttamento, ricatto e mancanza di tutele. Oggi siamo andati insieme ai lavoratori lasciati a casa davanti all’azienda per spiegare ai colleghi cosa è successo, e per iniziare a portare ai lavoratori la conoscenza dei propri diritti e la possibilità di organizzarsi. Nonostante la retorica propugnata da istituzioni e media riguardo la chiamata post-lockdown alle campagne italiane e al ‘lavoro per tutti nei nostri campi’, la vicenda raccontataci è la conferma che anche quest’anno il termine ‘flessibilità’ nasconde l’assenza di tutele per i lavoratori agricoli che, in questo caso come in altri, viene utilizzata per giustificare licenziamenti e per lasciare a casa dopo pochi giorni buona parte dei dipendenti che componevano corposi organici a cui era stato promesso di lavorare almeno 35 giornate”.