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Profughi, volontariato o “nuova schiavitù”?

Usb: i lavori che svolgeranno i richiedenti asilo sono quelli di “altri lavoratori spesso anche loro migranti, retribuiti con un salario e licenziati quando c’è la possibilità di avere manodopera a zero euro”.

04 Gennaio 2016 - 17:00

Migranti ex-Ena - © Michele LapiniA settembre Prefettura, Regioni, associazioni del terzo settore e sindacati confederali avevano firmato il “Protocollo regionale sulle attività di volontariato per richiedenti asilo”, in base al quale, si legge sul sito della Regione, “i profughi potranno, in modo volontario, dare il proprio contributo alle comunità che li accolgono. E lo possono fare pulendo strade e sentieri, curando parchi e giardini pubblici, occupandosi di trasporto sociale oppure eseguendo piccoli lavori di manutenzione nelle scuole o in altri edifici pubblici”.

A distanza di tre mesi, sui quotidiani locali sono apparsi i numeri delle persone coinvolte in città nell’operazione varata da viale Aldo Moro:  270, su 334 richiedenti asilo accolti nelle strutture di seconda accoglienza.

Critiche sono state espresse dal sindacato Usb di Bologna, con una nota pubblicata su Facebook: “La nuova schiavitù come la vecchia, lavorare in cambio di un letto e un piatto di lenticchie”, si legge.

“In questa vicenda – prosegue Usb – ci si dimentica di un particolare determinante, spesso i lavori che svolgeranno i profughi a titolo di ‘restituzione dell’ospitalità’ sono lavori che già svolgono altri lavoratori spesso anche loro migranti, che se pur sfruttati, spesso da cooperative, con contratti a termine vengono retribuiti con un salario e licenziati quando c’è la possibilità di avere manodopera a zero euro. Nella storia uno schiavo poteva perdere la libertà in determinate situazioni, le più comuni delle quali erano la cattura in guerra o la schiavitù per debiti, per cui un debitore, se non era in grado di rimborsare il proprio creditore, diventava egli stesso una sua proprietà. Oggi la persona profuga è entrambi”.