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Profughi, se queste sono politiche sociali

Ai Prati di Caprara tutti i fondi spesi per vitto (Camst) e funzionamento del centro, solo il 6% per programmi di sostegno. Niente si è fatto per evitare che 200 rifugiati finiscano senza dimora né reddito.

01 Febbraio 2013 - 10:38

Alla Camst, cooperativa di Villanova di Castenaso ascesa a diventare un colosso nazionale della ristorazione, il centro San Felice dei Prati di Caprara ha fruttato incassi di non poco conto, 500mila euro solo nel 2012. Nella struttura non è consentito, a termini di legge, cucinarsi da soli, così si è dovuti ricorrere a un’esternalizzazione salatissima, costata alla Protezione Civile  la metà dell’intero budget dell’ultimo anno, pari a un milione e 70 mila euro.

Il centro aprì nel maggio 2011, nell’ambito del Piano Nordafrica disposto dal governo per fare fronte ai continui sbarchi di profughi provenienti dai paesi coinvolti dalle rivolte della “primavera araba”. I primi mesi il San Felice costò 600mila euro. Ma torniamo ai conti dell’anno appena concluso: altri 500mila euro abbondanti sono andati via tra personale della Croce Rossa, tasse, utenze, manutenzione, pulizia, lavanderia. Non restano che le briciole, 62mila euro.

In poche parole, si è speso tutto per garantire un tetto e un pasto. Niente per programmi di sostegno, integrazione, per dare a queste persone una prospettiva. “Di lavoro con i migranti ne è stato fatto ma quasi tutto dai volontari”, spiega l’Onlus Piazza Grande, che aveva iniziato un tavolo di lavoro con il Comune, ma “si è arenato di fronte a due ostacoli insormontabili: la burocrazia e le regole che hanno affossato molti progetti e la cronica mancanza di fondi per finanziare le iniziative”.

Lo Stato, e la città, non hanno insomma saputo fare altro che ammassare per 21 mesi in un ghetto 124 persone, migranti nigeriani fuggiti dal conflitto libico, per poi lasciarli per strada. Questo fallimento paradossalmente si chiama ancora accoglienza.

Quella dei Prati di Caprara doveva essere una sistemazione emergenziale, invece si è andati avanti per quasi due anni e mai sono state prese in considerazione soluzioni diverse che offrissero opportunità di autonomia abitativa e lavorativa, abbattendo così gli enormi costi di vitto e di gestione di una struttura così grande e complessa.

Tutto questo è avvenuto nel sostanziale disinteresse del dibattito pubblico cittadino. Solo dall’associazionismo e da testate indipendenti, come Zeroincondotta e non solo, sono arrivate ripetute denunce. A novembre, insieme a Tpo e Vag61, i migranti dei Prati di Caprara hanno manifestato in corteo fin sotto Palazzo d’Accursio. Ma la politica cittadina ha sempre taciuto. Tecnicamente, la questione è di competenza del governo e non degli enti locali, ma pare estremamente miope, oltre che disumano, il disinteresse, di fatto, dell’amministrazione comunale ed in particolare dell’assessora alle politiche sociali Amelia Frascaroli. Da marzo in città avremo circa 200 nuovi senza dimora, quelli del S.Felice e altri ospitati a Villa Aldini: il Comune cosa pensa di fare?

“Purtroppo sono ormai disperati – racconta ancora Piazza Grande – le grandi speranze che avevano all’inizio si sono infrante col passare dei mesi. Ora molti se ne vogliono andare, magari all’estero”.