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Processo a Fuoriluogo, tutti assolti anche in appello

In secondo grado confermata la sentenza del 2014. Riceviamo e pubblichiamo: “L’intento repressivo era quello di disgregare e isolare un gruppo di compagne e compagni attivo nelle lotte, ma siamo ancora qua”.

11 Maggio 2017 - 09:56

Secondo grado, seconda assoluzione: dopo la prima sentenza del 2014, anche quella d’appello due giorni fa ha confermato l’esito del processo contro Fuoriluogo. Riceviamo e pubblichiamo un pubblicato, a firma “Compagne e compagni del Fuoriluogo a processo”, che commenta così il secondo pronunciamento dei giudici: “Sono passati sei anni da quando la sbirraglia, su mandato della procura di Bologna, si presentò alle porte dello Spazio di Documentazione Fuoriluogo e delle case di compagne e compagni dando il via a quell’operazione di smantellamento di una realtà fastidiosa e intollerabile per una città da riservare a danarosi benestanti, venditori e acquirenti di merci. Lo spazio fu messo sotto sequestro e quindi chiuso, in 6 furono arrestate/i (uno fu rilasciato subito dopo) e sette furono colpite/i da diversi provvedimenti restrittivi. L’accusa, per 28 di loro, era di Associazione a delinquere, art. 416, con finalità eversive. In 21 furono rinviati a giudizio. Il 31 marzo 2014, dopo un processo di primo grado lungo e a tratti davvero ridicolo, si arrivò all’assoluzione piena per i 14 per i quali era stata richiesta la condanna, con una sentenza tra l’ altro  particolarmente critica verso Pm e polizia”.

E due giorni fa l’udienza d’appello “si è conclusa con la conferma della piena assoluzione”, continua il comunicato: “L’intento repressivo chiaramente era quello di disgregare e isolare un gruppo di compagne e compagni che negli anni era stato molto attivo nelle lotte (in particolare nella lotta contro i C.I.E), e – in seguito agli arresti e al sequestro di Fuoriluogo – di epurare la città da chi era rimasto a mantenere aperti spazi di lotta. Intento reso palese anche dall’andamento dei due processi in cui procura e polizia non hanno avuto neppure la decenza di presentarsi minimamente preparati in aula, con momenti di spettacolo sinceramente vergognosi. Era bastato trovare un giudice che firmasse le carte d’arresto e uno che rinviasse a giudizio, la condanna finale non era così necessario ottenerla. In barba a questi, noi siamo ancora qui. La repressione in giro non si placa, molte e molti sono rinchiusi o sotto repressione e vogliamo esprimere loro solidarietà e forza: alle compagne e ai compagni di Torino, Firenze, alle/i recluse/i per  ‘scripta manent’… solo per nominare le più recenti situazioni colpite. Avanti tutta per l’anarchia”.