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Primo Maggio: contestati piazza sindacale e Pd, sanzionata Benetton, corteo autonomo fino alla Caserma Sani [nuove foto + audio + video + comunicato]

Interviene la celere a proteggere il gazebo del partito, che smonta. “Inciuci rovinati”. Vernice sul negozio della corporation coinvolta nella strage in Bangladesh. Foto e audio dagli inviati al corteo di sindacati di base e collettivi.

01 Maggio 2013 - 16:45

Diverse decine di persone, tra cui attivisti dei Giovani Comunisti, hanno contestato stamattina la piazza dei sindacati confederali, a cui non perdonano di aver invitato a parlare sul palco i leader di Unindustria e Legacoop. Hanno cercato di avvicinarsi al crescentone dietro lo striscione “Noi non ci togliamo il cappello davanti al padrone” trovandosi a fronteggiare il servizio d’ordine sindacale. A seguire il comizio, intanto, c’erano duecento persone o poco più, conseguenza anche dell’assenza della Fiom che ha dato indicazione di manifestare a Ferrara.

> Il video della contestazione (da youtube):

http://www.youtube.com/watch?v=cDx6dDrZVUU

I contestatori si sono poi spostati nelle vicinanze del gazebo del Pd, fresco di fiducia al governissimo Letta, bersaglio di cori e slogan. Si è interposto un cordone di polizia, finché poco dopo i militanti del partito hanno preferito togliere baracca.

Un altro episodio ha riguardato il negozio Benetton di via Rizzoli, sanzionato da Tpo e Làbas “per ricordare le più di 340 vittime della strage in Bangladesh – scrivono i collettivi in una nota – e denunciare le condizioni di sfruttamento che i grandi marchi infliggono ai loro lavoratori nei paesi in via di sviluppo”. I manifestanti hanno “bloccato l’ingresso al negozio e coperte le vetrine con immagini della strage di Dacca e vernice rossa”, poi, dietro lo striscione “Benetton, sweatshop business shame on you!”, hanno raggiunto in piazza Verdi il concentramento del corteo autonomo contro crisi e austerità di Usb, Si Cobas e delle realtà dell’autogestione, terminato alla Caserma Sani, enorme area ex militare lasciata all’abbandono. Secondo Asia-Usb, hanno partecipato circa un migliaio di persone. La giornata è proseguita sul posto con un pomeriggio di socialità e aggregazione.

> Le foto dei nostri inviati al corteo:

http://www.flickr.com/photos/zicphoto/sets/72157633380403025/show/

http://www.flickr.com/photos/zicphoto/sets/72157633395895378/show/

http://www.flickr.com/photos/zicphoto/sets/72157633378772497/show/

> Le voci dal corteo

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> Il comunicato sulle contestazioni in piazza Maggiore:

#MayDayBologna. Vi abbiamo rovinato gli inciuci.

Rivendichiamo tutto. In questo “insolito” Primo Maggio, Cultura E Conflitto e tanti, tantissimi altri cittadini e cittadine di questa città hanno preso parola contro il “silenzio assenso” che ormai da troppo tempo ammorba le nostre vite. La piazza storica del lavoro, dei lavoratori nel giorno della loro festa è stata violata da un “intruso”, ben vestito, ben scortato, ben riverito da sindacato ed autorità.

Come avevamo annunciato nella nostra comunicazione pubblica avvenuta lo scorso 25 aprile a Montesole, siamo scesi determinati in Piazza Maggiore per contestare ed impedire il teatrino neocorporativo che vede “uniti nella lotta” (o sulla stessa Barca) lavoratori ed imprenditori, padroni e sfruttori col filtro del sindacato. La maggior parte di noi, la maggior parte degli universitari e delle universitarie in piazza non ha un lavoro o, se lo ha, lo ha precario o in nero. Evidentemente non siamo un’interessante soggetto di riferimento sociale per i sindacati confederali, evidentemente non sarebbe stata interessante la partecipazione ad un tavolo con i lavoratori di un precario o di una precaria, di uno studente o di una studentessa che in questa città oramai viene solo considerato una fonte di reddito, una voce dell’indotto dell’università. E dire che a Bologna di ospiti graditi ne abbiamo, di voci oscurate dalla censura delle istituzioni e della stampa ce ne sono: perchè non invitare (sempre a discutere con i lavoratori, senza “intrusi”) qualche rappresentante del movimento che chiede con forza che il 26 maggio questa città dica nel referendum A (e quindi sì) ai finanziamenti pubblici esclusivi per le scuole pubbliche?

Di fronte quindi alla provocazione del “patto tra i produttori”, di fronte al continuum politico tra il governo PD-PDL/Alfano-Letta ed una piazza di “pace sociale”, abbiamo preso, come sempre è e come sempre non a cuor leggero, la decisione di esserci, a nostro modo ma insieme ad un compagno speciale, ad un simbolo anche per il sindacato, per la CGIL, per chi ancora si definisce di sinistra.

“Noi non ci togliamo il cappello davanti al padrone”, queste le parole sul nostro striscione, questo è il macigno simbolico che abbiamo riportato (perchè sarebbe dovuto già essere un gassunto) davanti a quel penoso “dibattito”.

Ma non è finita qui, in una piazza che dovrebbe rappresentare in primis coerenza e dignità, la nostra strada si è incrociata con la spontaneità della rabbia, con le centinaia di cittadine e cittadini increduli di vedere, come se niente fosse, il rappresentate politico del governo delle larghe intese (con Berlusconi e Monti) distribuire volantini sul lavoro e garofani simbolici. In un tutt’uno, per più di due ore, abbiamo riportato Di Vittorio anche davanti a loro, abbiamo riportato la sua coerenza ed il suo messaggio di fronte a quella presenza ipocrita, alla presenza del gazebo del Partito Democratico. Lo scomodo striscione è riuscito comunque a comunicare insieme a noi alla piazza, nonostante fosse ripetutamente coperto dal “servizio d’ordine” e dalla burocrazia del PD Bolognese, il “macigno” ha colpito nel segno. Con la coda tra le gambe, con in più la vergognosa presenza della polizia a “difesa”, il gazebo del PD è stato smontato, le bandiere di resa ammainate. Tra gli applausi ed il largo, laghissimo (ci teniamo a sottolinearlo con forza) consenso della piazza, questi studenti, questi cittadini, questi migranti, questi disoccupati, questi compagni lì per caso o organizzati hanno cacciato via dalla piazza del Lavoro il PD, il simbolo del governo d’austerity del pensiero unico neoliberista.

Le nostre esistenze, i nostri corpi e le nostre opinioni sono state la nostra dichiarazione pubblica. Noi esistiamo e lungo la vostra strada, dentro il silenzio assenso di questa società (e di questa università), ci rincontrerete spesso.

#CulturaEConflitto #VotaRivolta #Unibo