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Permessi di soggiorno: cosa cambia con l’emergenza

Lo spiega il Coordinamento migranti. Intanto si profilano ancora nuove restrizioni. Tpo e Làbas: “Stop a affitti e bollette per gli spazi sociali e culturali”. Asia-Usb: “Bloccare sfratti, sgomberi e pignoramenti subito!”. Adl e Sial Cobas: “Protocolli chiari per i lavoratori domiciliari”.

10 Marzo 2020 - 20:51

Nel primo giorno di estensione a tutto il territorio nazionale delle misure restrittive finalizzate a evitare il contagio da covid-19, si segnalano nell’area di Bologna in tutto 86 casi, sei più di ieri, di cui 37 riguardano il circondario imolese (+2), due invece i decessi collegati al coronavirus nella provincia di Bologna. In Emilia-Romagna salgono complessivamente a 1.533 le positività al virus, 147 in più rispetto all’aggiornamento di 24 ore fa. Un aumento inferiore rispetto a quello di ieri, quando erano stati 206. Passano da 4.607 a 5.167 i campioni refertati.

Per quanto riguarda le attività di ristorazione “non solo bar e ristoranti, ma anche piadinerie, pizzerie al taglio, gelaterie e kebab dovranno chiudere alle 18. E tutti dovranno sospendere le attività nel weekend”. Lo ha detto oggi il presidente della regione Bonaccini. Sul versante del trasporto pubblico, Tper segnala che “a partire da giovedì 12 marzo e fino a nuova disposizione, dal lunedì al sabato, anche nei bacini di Bologna e Ferrara sarà attivo un servizio di trasporto pubblico rimodulato in funzione della minore domanda”.  Sospese del tutto invece, in quanto attive di norma nei soli giorni di scuola, le linee: 114, 116, 123, 141, 142, 143, 144, 152, 154, 156, 162, 163, 164, 165, 179, 180, 181, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 189, 231, 244, 300, 353, 354, 358, 442, 444, 450, 504, 506, 507, 531, 538, 554, 654, 684, 689, 850, 851, 903, 904, 905. Sospesa, inoltre, la linea 242.

Nella condizione inedita creatasi a seguito di decreti e ordinanze, si segnalano nuovi interventi di realtà autogestite e sindacati di base per rispondere alla situazione di emergenza. Il Coordinamento migranti in un comunicato pubblicato nel pomeriggio ha dato informazioni utili in merito alla presentazione delle domande di permesso di soggiorno e alle chiusure straordinarie degli uffici competenti: “Il Decreto-legge del 2 marzo prevede il prolungamento di 30 giorni dei termini per presentare la domanda di permesso di soggiorno o il suo rinnovo. Inoltre, fino al 3 aprile 2020 l’ufficio immigrazione di Bologna e di molte altre città resteranno chiusi. Tutti coloro che devono chiedere il permesso di soggiorno per la prima volta non hanno più l’obbligo di farlo entro i primi 8 giorni lavorativi, ma hanno la possibilità di chiederlo anche nei 30 giorni successivi. Tutti coloro che devono chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno non hanno più l’obbligo di farlo nei 60 giorni prima o 60 giorni dopo la scadenza del permesso, ma hanno la possibilità di chiedere il rinnovo anche nei 30 giorni successivi alla scadenza normalmente stabilita per legge. Tutti coloro che avevano prenotato un appuntamento all’ufficio per chiedere il permesso per la prima volta o per rinnovarlo riceveranno comunicazione di un nuovo appuntamento sulle proprie utenze o via mail. Tutti coloro che avevano un appuntamento per ritirare il permesso già emesso invece dovranno prenotare sul sito dedicato della questura un nuovo appuntamento”.

Tpo e Làbas chiedono uno stop a “affitti e bollette per gli spazi sociali e culturali. Anche per noi non c’è più tempo! Su tutta la Penisola soffia forte l’aria del contagio e della crisi sanitaria e veniamo tutt* richiamati alle nostre responsabilità comuni. Abbiamo assunto da subito lo stato di eccezionalità e di emergenza che si stava abbattendo sulla società italiana. Dal 23 febbraio abbiamo sospeso tutte le nostre attività culturali e di produzione sociale, assumendoci fino in fondo le responsabilità di una comunità che tutti i giorni si organizza dal basso. Con il susseguirsi dei Decreti ci sentiamo tutt* più assediati dal contagio. Questo virus che ci stiamo impegnando a sconfiggere con ogni mezzo, ha già intaccato uno dei nostri motori fondamentali: mette a rischio la nostra sussistenza economica. Dietro agli eventi che in tant@ attraversano c’è il tempo dedicato, il molto lavoro, la costruzione di relazioni e percorsi fatti insieme, ma soprattutto l’importante idea che la cultura possa muovere un’economia differente, che reinveste in se stessa, nella comunità, nei percorsi sociali, nella capacità collettiva di trasformare realmente il presente”.

Continuano i due centri sociali: “La musica, le iniziative culturali, lo sport, la socialità sono la linfa vitale che crea, sostiene e rafforza tutto il tessuto sociale della città. Questo ora è messo in seria difficoltà economica dal non poter aprire i nostri spazi e ci sta intaccando come un virus farebbe con le nostre cellule. È il momento di combattere questa malattia. Non possiamo accontentarci di rassicurazioni paternaliste o di misure straordinarie, in cui sappiamo già non saremo contemplati. Non possiamo accontentarci perché non c’è tempo: le bollette continuano ad arrivare, gli affitti incombono e tutto questo sta già mettendo in crisi profonda la nostra sussistenza dopo ormai tre settimane di stop. Chiediamo pertanto, fin da subito, misure straordinarie per poter sperare in una convalescenza che ci porti a una guarigione completa: Stop immediato degli affitti per tutti gli spazi che producono cultura con garanzie anche verso chi ha rapporti di locazione tra privati: ci rivolgiamo direttamente al Comune di Bologna perché sospenda e non riscuota neanche in futuro gli affitti dei mesi in cui gli spazi dovranno rimanere chiusi. Aiuto con le utenze e le tasse: i fornitori dei servizi di luce, acqua e gas devono sospendere l’emissione delle bollette. Hera deve sospendere l’emissione delle tasse sulla raccolta dei rifiuti. E per l’anno 2020 il calcolo deve essere rimodulato. Gli spazi sono chiusi, non producono rifiuti e non si può applicare la tassazione per metro quadro. Si deve tenere conto dei mesi di chiusura. – Moratoria dei pagamenti alla SIAE per tutto il 2020. – Reddito di Quarantena garantito per i/le professionist* che per tipologie di contratto o forme del lavoro atipiche non accedono agli ammortizzatori sociali. Pensiamo che solo a partire da queste garanzie potremo guardare al futuro e non soccombere a questo virus che stiamo combattendo. Chiediamo alle Istituzioni, Comune e Regione, una risposta concreta su questi punti. Invitiamo gli spazi sociali e culturali di Bologna a confrontarci insieme attraverso una Skype call, per condividere proposte e ragionamenti collettivi, per non pagare questa crisi. Per partecipare contattare tpo@mail.com o labas.bo@gmail.com”.

Per quanto riguarda Làbas è di oggi inoltre la notizia che vi sarà un pronunciamento del Consiglio di Stato sull’assegnazione dei locali di vicolo Bolognetti, a seguito del ricorso fatto dal Comitato piazza Verdi contro l’assegnazione agli attivisti, respinto dal Tar ma impugnato dal comitato per andare in appello. Il Comune intanto ha confermato l’assegnazione temporanea dello spazio all’associazione Nata per sciogliersi, che sarà valida fino al 31 dicembre, a meno che non arrivi prima la pronuncia del Consiglio di Stato.

Asia-Usb chiede di “bloccare sfratti, sgomberi e pignoramenti subito! Abbiamo inviato ieri mattina una lettera al prefetto di Bologna e al comune di Bologna per richiedere che venga messa in atto la sospensione di tutti gli sfratti, gli sgomberi ed i pignoramenti in questa difficile situazione di emergenza sanitaria. I nuclei di persone sotto sfratto, spesso già in condizione di difficoltà e con persone con varie situazioni di fragilità sociale, non possono essere lasciate senza casa in un momento di difficoltà generale. Lo slogan ‘Rimanere tutti a casa’ deve essere collegato alla possibilità di averne una, per cui crediamo sia una misura più che necessaria sospendere qualsiasi situazione esecutiva di sfratto, sgombero o pignoramento di unità abitative”.

Via Zamboni deserta dopo l’ordinanza – © Michele Lapini

Sul fronte sindacale inoltre, Adl Cobas Emilia Romagna e Sial Cobas hanno diffuso in mattinata un comunicato intervenendo in merito alla “tutela della professionalità e della salute del personale e degli utenti dei servizi di assistenza domiciliare” nella contingenza dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus: “Dall’inizio dell’emergenza nazionale legata alla diffusione del Covid-19, come educatori ed educatrici domiciliari e assistenza domiciliare (OSS ed infermieri) abbiamo continuato a garantire il servizio seguendo le disposizioni emesse dalle autorità competenti”. A seguito delle ordinanze degli ultimi due giorni – proseguono lavoratrici e lavoratori – “ci chiediamo quali dispositivi per la salute dei lavoratori e delle lavoratrici domiciliari, degli utenti e dei loro familiari sono stati attivati? Quale presidio di controllo è stato previsto sul rispetto dei comportamenti adeguati a questa situazione sanitaria? Dal momento in cui è stato attivato lo stato di ‘zona rossa’ in diverse provincie siamo stati informati di intensificare le cautele, ma di fatto non abbiamo ricevuto neanche in dotazione gli ausili necessari come disinfettanti, mascherine e guanti, oltre che un protocollo di comportamenti da rispettare. Riteniamo che le misure prese siano assolutamente inadeguate alla situazione, sia sotto il profilo organizzativo che della tutela della salute dei lavoratori e dei destinatari del servizio. Non sono state date indicazioni, se non richiedere ferie o permessi, per chi ragionevolmente sente messa a rischio la propria salute e dei propri familiari, e nessuna garanzia di estensione degli ammortizzatori sociali in caso di richiesta di sospensione del servizio da parte della famiglia degli utenti e di chiusura dei GET e dei centri diurni”.

Per questo, continuano nel comunicato, “consapevoli del fatto che il nostro sia un servizio socio-sanitario essenziale e dell’importanza di continuare a garantirlo, riteniamo che al momento non ci siano le adeguate garanzie per poter continuare a svolgerlo tutelando la sicurezza dei lavoratori e degli utenti, pertanto chiediamo: siano previsti anche per questo settore tutti gli ammortizzatori sociali specifici attivati dalle Regioni più colpite dall’infezione Covid-19 qualora per motivi di salute, familiari o per volontà della famiglia dell’utente, il lavoratore e la lavoratrice siano impossibilitati a svolgere le ore di lavoro di assistenza domiciliare; vengano aggiornati i DVR e tutti i lavoratori e le lavoratrici siano dotati e forniti dalle cooperative i DPI, cosa che non è accaduta finora; sia attivato un protocollo con le AUSL locali e la Medicina del lavoro che attivi l’obbligatorietà dei tamponi per le persone che necessitano di assistenza domiciliare e dei loro famigliari conviventi, nonché per tutti gli operatori e le operatrici del settore domiciliare. Senza questo protocollo si espongono i lavoratori e le lavoratrici nonché gli utenti a rischio contagio COVID19, tenendo conto che si può essere positivi o portatori sani pur in mancanza di sintomi specifici come da indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità; siano fornite indicazioni chiare per tutti quei lavoratori e lavoratrici domiciliari che abitano fuori dalla Provincia che hanno le limitazioni previste dal nuovo DPCM dell’8 marzo scorso, che qualora impossibilitati ad entrare nella zona rossa devono poter godere degli ammortizzatori sociali previsti e non ricorrere all’utilizzo di ferie, permessi retribuiti, o assenze non retribuite”.

“Come lavoratrici e lavoratori domiciliari – si legge ancora – denunciamo una situazione di incertezza organizzativa e sanitaria per chi svolge i servizi e anche per gli utenti stessi, a maggior ragione ci sembra inadeguata la richiesta avanzata da diversi Comuni di spostare gli educatori scolastici sull’educativa domiciliare, a partire dal fatto che gli educatori scolastici svolgono un intervento educativo differente dagli operatori domiciliari. Riteniamo infatti che sia necessaria maggior chiarezza sui comportamenti da tenere e sull’utilizzo dei DPI, se non c’è un protocollo chiaro per i lavoratori domiciliari come si pensa di agire con gli educatori scolastici che verrebbero mandati a domicilio? Riteniamo importante pertanto attivare dei tavoli di confronto con le Coop appaltanti dei servizi e con le Ausl, i committenti, al fine di pervenire a degli accordi territoriali che rendano possibile lo svolgimento del servizio con le finalità auspicate”.