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Per la liberazione di Zaky: “Stop accordi con l’Egitto”

Làbas e Saperi Naviganti mettono uno striscione in via Zamboni 33: Ubertini e Di Maio dovrebbero “colpire il regime di Al Sisi dove si sente più minacciato, cioè nel portafogli”. Alle 17 concentramento universitario per il corteo dal rettorato.

17 Febbraio 2020 - 15:05

Uno striscione è stato affisso davanti all’ingresso del Rettorato dell’Università di Bologna per chiedere la liberazione di Patrick Zaky: “Fermate gli accordi con l’Egitto. Mai più un caso Regeni. Patrick libero”, mentre è prevista alle 18 di oggi la manifestazione che partirà proprio da via Zamboni 33 per raggiungere piazza Maggiore, e che si svolgerà contemporaneamente ad altre iniziative nelle Università che collaborano al master in studi di genere di cui fa parte Patrick. Ad attaccarlo questa mattina Làbas e il collettivo Saperi Naviganti, che hanno chiamato uno spezzone studentesco con concentramento alle 17 in piazza Verdi. In un comunicato scrivono: “Risale a tre anni fa, nell’ambito del G7 dell’Ambiente (dall’esito fallimentare) svoltosi a Bologna la firma dell’accordo tra l’Università di Bologna ed Eni: la ‘partnership strategica’ vede l’università impegnata in progetti di ricerca e sperimentazione per lo sviluppo dello Zohr. È infatti solido e avviato il rapporto commerciale che vede coinvolti Eni e il governo egiziano nell’affare miliardario del giacimento-di gas naturale più grande mai scoperto in Egitto e nel Mediterraneo, lo Zohr. Eni, de facto sotto il controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze (anche attraverso Cassa Depositi e Prestiti SpA), detiene il 50% del totale dell’affare. ‘Il giacimento potrà garantire la soddisfazione totale della domanda egiziana di gas naturale per decenni, rispondendo al 65% dei consumi energetici del Paese che ha in programma di diventare un hub regionale di riesportazione di gas naturale liquefatto'”, scrive la stessa azienda sul suo sito web.

Gli attivisti segnalano inoltre che “secondo le stime del Sole 24 Ore, l’Italia ha in cantiere con l’Egitto contratti di forniture militari per almeno 9 miliardi di euro, che vedono Fincantieri e Leonardo (ex Finmeccanica) in prima linea. Solo negli ultimi giorni secondo Agenzia Nova nell’ambito della Fiera Egypt 2020 alcune aziende italiane hanno concluso altri accordi: il gruppo Landi Renzo con Egas, Car Gas e Gastech per la creazione di una compagnia per la produzione di kit di conversione a gas per veicoli privati e trasporto pubblico e per la costruzione di compressori per 300 stazioni a gas naturale; Saipem ha concluso un accordo per la formazione dei funzionari del ministero del Petrolio; Leonardo ha siglato un’intesa con la compagnia petrolifera egiziana Pas per un centro di assistenza e servizi elicotteristici”, mentre “Fincantieri (controllata dal Ministero delle Finanze) vuole vendere due navi militari per un valore di 1,2 mld di dollari; in ballo ci sarebbero anche 24 Eurofighter, 20 pattugliatori d’altura e altri sofisticatissimi strumenti di guerra da consegnare direttamente al governo egiziano”.

Per questo, dicono, “al Rettore Ubertini che nei giorni scorsi ha dichiarato, ‘tagliare i rapporti con l’Egitto? Ora servono ponti’, e a Di Maio che ha dichiarato che non si può prescindere dalla presenza dell’ambasciatore italiano in Egitto per tutelare i diritti umani, chiediamo di fare qualcosa in più: colpire il regime di Al Sisi (che tiene nelle proprie carceri migliaia e migliaia di detenuti politici oltre Patrick) dove si sente più minacciato, ovvero nel portafogli. I ponti che che vanno costruiti sono quelli con il popolo che lotta per la propria libertà, non con gli apparati di Stato e le aziende complici della dittatura”.