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Per il movimento femminista porte chiuse in fabbrica

L’Usb ha chiesto un’assemblea retribuita in Gd per organizzare lo sciopero dell’8 marzo, “comunicando l’autorizzazione alla partecipazione di dirigenti sindacali e di una esponente di Non una di meno. Ma la direzione aziendale ha autorizzato l’accesso solo ai primi: una vergognosa discriminazione”.

14 Febbraio 2019 - 15:22

“No al movimento Non Una Di Meno in fabbrica”. Lo denuncia l’Usb, spiegando che nei giorni scorsi i propri delegati all’interno della Gd hanno “chiesto un’assemblea retribuita per organizzare lo sciopero dell’8 marzo comunicando l’autorizzazione alla partecipazione alla stessa assemblea di dirigenti sindacali e di una esponente del movimento Non una di meno. La direzione ha autorizzato l’accesso solo a dirigenti sindacali esterni, rifacendosi alla Legge 300. Peccato che da sempre alle assemblee indette da Cgil, Cisl e Uil abbiano partecipato attori, scrittori, personaggi dell’associazionismo. Per questa ragione la Rsu Usb chiede ulteriori spiegazioni ricordando il valore della consuetudine. La risposta dell’azienda è vergognosa oltre che spudorata: è potere dell’azienda decidere quando applicare la legge 300 e quando no, la direzione Gd si riserva di valutare caso per caso chi fare entrare e chi no. Sì all’attore Marescotti, a Strada, all’Anpi ma niente accesso a Non una di meno”. Aggiunge il sindacato di base: “La direzione aziendale testimonia così un profondo disprezzo per chi sostiene con forza la lotta per l’emancipazione delle donne: forse hanno paura di fare discutere delle diseguaglianze salariali, delle tante piccole e grandi molestie che le donne subiscono nei luoghi di lavoro. Non subiremo questa vergognosa discriminazione in silenzio”.