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Opinioni / Clima, guerra e piazze negate

Il contributo del laboratorio Off Topic sulla manifestazione a Parigi nei giorni della conferenza mondiale Cop21, confermata nonostante i divieti dello stato d’urgenza. Domenica piazza itinerante anche a Milano.

27 Novembre 2015 - 14:22

Alla Conferenza sul clima, a Parigi dal 28 novembre al 12 dicembre,  sono attesi 195 capi di stato dal mondo e i leader dell’Unione europea per parlare di emissioni gas e di effetto serra. Saranno presenti anche più grandi industriali e insieme decideranno la quantità limite delle sostanze inquinanti che le industrie potranno disperdere nell’ambiente. Intanto in Francia, i movimenti lanciano la mobilitazione nonostante il divieto a manifestare imposto dallo stato d’urgenza.

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> Il comunicato del lab. Off Topic – Milano:

Cop21 e piazze negate

“Energia e difesa tirano le borse”. Così titolava Il Sole 24 Ore il lunedì successivo alla strage di Parigi, commentando con malcelata gioia la riapertura delle piazze finanziarie. In un momento di generale depressione economica e nonostante le forti incertezze per l’instabilità causata dai fatti di venerdì 13 novembre in Francia, la prospettiva di un accordo generale (non importa di che tipo) alla conferenza internazionale sul clima, insieme alle dichiarazioni di guerra di Hollande, della Russia e della coalizione anti-Isis, hanno regalato in maniera controintuitiva il segno “più” a molti listini.

Contemporaneamente, l’estensione a tre mesi dello stato d’emergenza e la proposta di riforma costituzionale in senso autoritario da parte del governo francese, hanno sancito il divieto di assembramento e manifestazione in tutto il paese, con particolare attenzione per la capitale. Parafrasi: le giornate di controvertice organizzate da mesi a Parigi saranno impedite adducendo motivazioni di sicurezza e pericolo attentati.

Al momento l’unica mobilitazione superstite è la marcia internazionale del 29 novembre, che proprio a Parigi vedrà l’unico grande concentramento pubblico sopravvissuto alle leggi speciali.

Il quadro d’insieme non è di facile lettura: mentre vengono negate le piazze, limitate le libertà fondamentali e innescato il processo di segregazione giuridica per la popolazione non bianca, la COP21 invece è confermata. Come a dire: l’emergenza sospende l’aggregazione dal basso, di massa, ma ai decisori va ribadita la fiducia, soprattutto in questa fase segnata da un panico mediatico contornato di falsi allarmi e psicosi collettiva. La questione climatica dopo il fallimento di Kyoto, la beffa di Copenhagen e la rimozione di Lima, richiede un’alleanza nord-sud che sancisca definitivamente la soluzione neoliberista al problema: la finanziarizzazione delle emissioni inquinanti, che da problema diventano così mercato internazionale dove scambiare quote-carbonio e, perché no, scommettere. Un processo salutato come salvifico riduttore di inquinamento e divenuto negli anni un’occasione di profitto per multinazionali e governi. In secondo luogo, il modello energetico e lo sfruttamento delle risorse (altri elementi centrali nel cambiamento climatico) confermano da un lato l’inconsistenza della retorica sostenibile dello sviluppo, e dall’altro l’incapacità di un ribaltamento reale delle politiche sull’ambiente. Il disinvestimento nella lotta al climate change e l’attenzione sulla “mitigazione” dei danni confermano lo status quo, dove di fatto parte integrante delle politiche energetiche appartiene alla dimensione militare: non a caso le guerre e gli interventi armati degli ultimi venticinque anni in Medio Oriente hanno avuto come obiettivo proprio il controllo delle risorse della regione; non a caso la prospettiva di un maggiore impegno diretto dell’occidente sul campo, contro Daesh, aumenta le previsioni di investimento parallelamente nel campo dell’energia e in quello della guerra. Gli algoritmi informatici che governano le piazze finanziarie commettono l’errore di svelare un ragionamento chiave del sistema.

La strage di Parigi, rapporti dei servizi a parte, non era prevista. La COP21 si sarebbe svolta con le consuete manifestazioni di protesta di quel vasto ed eterogeneo movimento per la giustizia climatica che si era già ritrovato sei anni fa a Copenaghen. Come ha scritto qualcuno, però, il lutto per le vittime si va presto trasformando in legge speciale, in stato d’eccezione; lo spazio tra la sua immagine protettiva, securitaria, e la sua realtà autoritaria, liberticida, è molto più breve di quanto lo presentano i media. Il fatto che la conferenza internazionale sul clima venga confermata, mentre le piazze siano impedite, le frontiere chiuse e gli assembramenti vietati, pone un problema molto serio sulla legittimità di istituzioni (come appunto la COP) già di per sé non democratiche, di cui oggi è ridotto al silenzio anche il controcanto di strada e di piazza, espressione di una conflittualità diffusa.

Per questo, ritrovarsi nei tanti luoghi della protesta per la giustizia climatica domenica 29 novembre diventa fondamentale. A Milano, come realtà che hanno dato vita alla campagna Not Our COP21, rilanciamo l’appello per una piazza itinerante che parta alle 14.30 dalla stazione di Cadorna e, attraverso una pedalata rumorosa, passi da tutti i protagonisti nostrani dello sfruttamento energetico e dei territori, della privatizzazione delle risorse e dell’avvelenamento ambientale. Rompere l’alleanza tra padroni di gas, petrolio, carbone e apparati militari dello Stato è oggi all’ordine del giorno, per chiunque voglia contestare la COP21 e i preparativi della guerra che viene.

Laboratorio OffTopic – Milano