Acabnews Bologna

Operai Titan: “Renzi venga qui, a vedere il paese reale”

Lettera dei lavoratori che da giorni presidiano lo stabilimento di Crespellano, a rischio chiusura. Oggi nuova manifestazione, in Regione. Da Alza la testa: “Fronte unico operai Titan-Kemet”.

31 Ottobre 2014 - 18:45

Il presidente del Consiglio dovrebbe “venire nella nostra fabbrica per rendersi conto di quanto sta succedendo nel paese reale”. Firmato: gli operai della Titan che dal 17 ottobre stanno presidiando lo stabilimento di Crespellano, che l’azienda è intenzionata a chiudere licenziando 186 persone. Per i lavoratori quello che sta succedendo altro non e’ che “un piu’ generale processo di delocalizzazione e disimpegno di Titan dal nostro paese, anche perche’ l’azienda intende trasferire parte delle sue attivita’ in un unico stabilimento (a Finale Emilia) dove gia’ sono identificati 94 esuberi (sui 222 dipendenti) e che oggi non puo’ essere messo in discussione anche visti gli ingenti finanziamenti pubblici ricevuti per gli interventi di parziale ricostruzione dopo il terremoto di due anni fa”.

A pochi chilometri dalla Titan di Crespellano c’e’ stata la cerimonia della prima pietra del nuovo stabilimento della Philip Morris a cui Renzi ha partecipato un paio di settimane fa, ma “ci piacerebbe che trovasse il tempo per occuparsi anche di come affrontare le chiusure delle aziende e del rischio che 186 lavoratori perdano il proprio posto di lavoro, in un territorio gia’ falcidiato da chiusure e ristrutturazioni”, hanno scritto gli operai in una lettera aperta. I lavoratori e i delegati della Titan hanno anche avanzato un piano industriale alternativo alle decisioni della multinazionale “che (anche utilizzando le risorse stanziate dal Governo in riferimento alla decontribuzione sui contratti di solidarieta’) richiede la riqualificazione e il rilancio dello stabilimento di Crespellano. Pensiamo che un Governo non possa essere indifferente, o peggio complice, quando le multinazionali prendono decisioni che non intendono discutere con nessuno e che si traducono in drammi sociali”.

Oggi, intanto, nuova manifestazione: una delegazione di operai ha partecipato ad un presidio sotto la sede della Regione, dov’era in corso il tavolo di crisi con le istituzioni. Mentre alcuni lavoratori sono rimasti a presidiare lo stabilimento, per evitare che l’azienda tenti di trasferire prodotti e macchinari, i loro colleghi si sono fatti sentire sotto la Regione con fischietti e tamburi improvvisati. Il summit si è concluso con la riapertura di una trattativa tra Fiom e azienda, che verterà su tre temi:  piano industriale, ruolo del sito di Bologna e la ricerca di una “soluzione condivisa” delle criticita’ occupazionali esistenti in entrambi gli stabilimenti.

Intanto, prende posizione anche “Alza la testa!”, che lega la vicenda della Titan a quella di un altra fabbrica bolognese, la Kemet. “Lo stabilimento di Pontecchio Marconi produce condensatori ed è il risultato dell’accorpamento di tre stabilimenti Kemet-Arcotronics presenti fino al 2011 sul territorio bolognese. I tre vecchi stabilimenti non esistono più. Prima la Kemet-Arcotronics impiegava più di 1.300 operai nei suoi siti locali. Dal 2012 rimasta senza socio, la Kemet ne ha assunti poco più di 400 nel nuovo stabilimento di Pontecchio Marconi. Poco conta se lo stabilimento è stato finanziato con soldi pubblici. Ora l’azienda vorrebbe licenziare 50 impiegati, prolungare la cassa integrazione e modificare turni e orari. Intende procedere seguendo le indicazioni previste dai sempre peggiori contratti nazionali di categoria. Gli operai della Kemet oggi (nei giorni scorsi, ndr) sono andati davanti al cimitero industriale di Sasso Marconi. Lì era situato uno dei tre stabilimenti chiusi. Sono arrivati fino al comune del paese in corteo e in sciopero. Anche loro hanno sentito puzza di bruciato e sono entrati in agitazione”. Continua il comunicato: “Auspichiamo che al più presto ci sia un incontro tra operai. Lo ribadiamo: in una situazione come quella attuale, la sola speranza di resistere sta nell’unione delle vertenze operaie. Devono essere gli operai di tutte e due le aziende, non solo le Rsu e i delegati esterni della Fiom ad incontrarsi. Gli operai della Titan come quelli della Kemet hanno imparato a conoscersi stando fianco a fianco nella lotta. Devono conoscersi per fraternizzare, devono unirsi per decidere le azioni comuni e il mutuo supporto da mettere in campo. Solo così può nascere una collaborazione simile ad una rete operaia sul territorio, in grado di reggere  all’urto delle chiusure industriali e al relativo massacro di operai. Oggi si costruisce il fronte operaio per difendere il lavoro. Un domani in tempi di risveglio generale dell’opinione pubblica e del movimento operaio, questo fronte potrà essere in grado anche di sviluppare un contrattacco”.

Segnaliamo infine che il vicesindaco di Anzola, Loris Marchesini, ci tiene a far sapere la sua versione dei fatti su quanto accaduto ai cancelli della Titan lo scorso 28 ottobre, quando l’azienda ha cercato di far uscire un tir di merce dallo stabilimento presidiato dai lavoratori. A suo dire, l’arrivo dei Carabinieri di Crespellano si è risolto rapidamente e in modo tranquillo. Lo stesso Marchesini afferma di essere stato presente non in veste di esponente Pd ma di vicesindaco, su richiesta della Fiom, affinchè ci fosse una presenza istituzionale sul posto in caso di interventi delle Forze dell’ordine da Bologna. Per concludere, Marchesini riferisce di aver interloquito con la dirigenza della Titan Italia per esporre le ragioni dei lavoratori e chiedere di evitare azioni di forza, in attesa dell’apertura di un tavolo di crisi. Fatto sta che, per il Pd, la vicenda Titan è palesemente terreno da campagna elettorale: lo dimostra il fatto che ieri Stefano Bonaccini, candidato alla presidenza della Regione, ha fatto visita allo stabilimento con tanto di di camper elettorale. I lavoratori hanno preferito incontrarlo senza giornalisti, come riferisce “Repubblica” oggi: “Non vogliamo fare la campagna del candidato”, hanno spiegato i delegati.