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La Mare Jonio torna a navigare, a bordo tre attivisti di Làbas-YaBasta: “Spazio di resistenza e dignità” | La Giunta comunale incontra Extinction Rebellion e assume alcuni impegni sull’emergenza climatica, Filippo conclude lo sciopero della fame | Un militante del Pd: “Centri sociali bene comune da tutelare”.

27 Agosto 2019 - 17:03

Dopo due mesi di sequestro, la Mare Jonio di Mediterranea alcuni giorni fa ha ripreso la navigazione e di questa nuova missione fanno parte anche tre attiviste/i di di Làbas e dell’associazione YaBasta Bologna. Francesca, una di loro, fa sapere via Facebook: “Sono qui perché penso che la Mare Jonio sia più che una nave: sia uno spazio di resistenza e dignità, una piattaforma per l’affermazione di una libertà che o è di tutte o non è”. Con queste parole Francesca “racconta se stessa. Racconta Mediterranea. Aiutateci a continuare, a resistere”, ha scritto Làbas. Anche Mario, altro volontario a bordo della Mare Jonio, è un attivista delle due realtà bolognesi e dice: “Non sono qui soltanto per soccorrere dei naufraghi. Sono qui anche per aiutare queste persone a ritrovare la libertà dopo la prigionia in Libia”.

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Dopo lo sciopero della fame iniziato da Filippo lunedì scorso, Extinction Rebellion ha ottenuto un incontro con l’amministrazione comunale che si è svolto ieri: al faccia a facci ha partecipato l’assessore all’Ambiente, Valentina Orioli. “Come Giunta siamo solidali con la loro battaglia e il loro punto di vista”, ha dichiarato Orioli, assumendo alcuni  impegni a nome dell’amministrazione. In particolare, racconta Extinction Rebellion, l’assessore ha assicurato che agirà in modo da favarire una “discussione della proposta e approvazione dell’emergenza climatica ed ecologica entro settembre”. Alla luce dell’incontro, “Filippo ha deciso di concludere lo sciopero della fame. Extinction Rebellion e Filippo- scrive il movimento- si auspicano che la proposta da noi presentata venga discussa in consiglio in un clima costruttivo ed edificante. Ci auguriamo inoltre che la proposta da noi presentata sia approvata in toto e che ad essa seguano provvedimenti rapidi ed incisivi”.

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“Credo sia sbagliatissimo obbligare i centri sociali a partecipare ai bandi per avere uno spazio dove operare, di solito lo spazio l’hanno già, se lo sono presi, hanno occupato spazi pubblici che il demanio lascia spesso vuoti e in cattive condizioni. Occupandoli le persone se ne prendono cura, li rimettono a posto e li rendono un posto accessibile a tutti e dove tutti possono dare una mano se volenterosi, in più offrono servizi gratuiti che vanno ad aiutare quella fascia sociale che è in difficoltà”. A dirlo è un lettore di Zic.it che, nell’inviare alla redazione una più lunga riflessione (firmata), spiega di essere un militante del Pd. “Trovo sbagliato- è un altro stralcio del testo- far partecipare i centri sociali ai bandi perché queste realtà hanno bisogno di uno spazio sicuro per portare avanti i propri progetti e per diventare un punto di riferimento sicuro per i cittadini, metterli in una condizione precaria come la scadenza temporale di un bando non agevola il lavoro e soprattutto comincia quel processo di dominio egemonico del mercato che diventa quasi una regola di vita dalla quale non si può scappare. È sbagliato, profondamente sbagliato. Perché la comunità non è tutta uguale. Non tutti hanno bisogno della concorrenza per fare meglio, bisogna cominciare a dare ascolto a chi critica il concetto di proprietà come una cosa esclusiva. I centri sociali sono un bene comune e come tali andrebbero trattati, non come associazioni, perché non lo sono”.