Acabnews Bologna

::: Notizie brevi :::

Rinviata un’udienza sul rinnovo della detenzione di Zaky, di cui la campagna Patrick Libero non riesce a spiegare la convocazione: “C’è qualche altra giustificazione oltre all’aumento dell’ansia di Patrick e dei suoi cari?” | Denuncia Si Cobas sulle condizioni di lavoro nella filiera del kiwi | Nuova petizione contro la Dad, con già 700 adesioni.

26 Ottobre 2020 - 20:00

“Patrick non è stato trasferito dalla sua detenzione nel carcere di Tora al luogo della sessione di udienza, e la sessione è stata rinviata senza fissare la data della prossima sessione. Oggi, il 26 ottobre, era prevista una sessione di udienza per il rinnovo della detenzione di Patrick, tuttavia Patrick non è stato trasferito dal suo centro di detenzione nel carcere di Tora per un motivo non dichiarato, con conseguente rinvio della sessione per un periodo di tempo che non conosciamo ancora. Il 7 ottobre il Tribunale penale ha ordinato di prolungare la detenzione di Patrick per altri 45 giorni e il 21 ottobre ha respinto il ricorso degli avvocati di Patrick contro la sua detenzione. Quello che non riusciamo a capire è perché sarebbe stata fissata una data per l’udienza di rinnovo della detenzione, 25 giorni prima della fine del periodo di detenzione rinnovato il 7 ottobre, se Patrick non sarebbe stato trasferito in tribunale e la sessione sarebbe stata rinviata?”. E’ l’aggiornamento diffuso oggi dalla campagna Patrick Libero sulla vicenda Zaky. “C’è qualche altra giustificazione oltre all’aumento dell’ansia di Patrick e dei suoi cari e all’accensione della loro speranza nel suo rilascio, solo per poi deluderli ancora una volta? Un tale ripetuto sconcerto ci lascia in una costante confusione, mentre ci chiediamo: qual è lo scopo di tutti quei passi casuali? Rinnoviamo la nostra richiesta principale, che Patrick sia rilasciato immediatamente perché le giustificazioni per la sua detenzione preventiva non sono più valide, e per la revoca dell’ordine di custodia cautelare, a causa della scadenza del suo periodo senza rinnovo”.

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“Il kiwi, alle volte, può essere amaro”. Così i Si Cobas, in una nota, sull situazione “in cui vivono ed operano le lavoratrici ed i lavoratori all’interno delle aziende di Santa Maria Codifiume e di Sala Bolognese. Qui di seguito riportiamo le criticità segnalateci dai lavoratori: 1) Maltrattamenti da parte dei responsabili dell’azienda nei confronti dei lavoratori; 2) Si lavora senza alcuna sicurezza; 3) Buste paga irregolari; 4) Contributi non versati; 5) Contratti a chiamata con avviso alla sera per la mattina seguente; 6) Occorre trasformare i contratti full-time a tempo indeterminato. Queste alcune delle condizioni di lavoro oggi, che a differenza di quello che descrive una delle responsabili di Opi Kiwi, non rappresentano il ‘paradiso fatto a kiwi’ come più volte vantato, ma quasi un inferno; infatti un conto è avere Benefit dall’azienda quali la casa, e l’assunzione di qualche familiare, e un conto è lavorare in condizioni precarie senza certezze, con bassi salari in una situazione sociale ed economica sempre più ardua dove risulta difficile immaginarsi un futuro. La nostra presenza all’interno dello stabilimento è proprio questa: camminare insieme ai lavoratori ed alle lavoratrici a testa alta, richiedendo salario, diritti e dignità. Tutto il resto sono solo chiacchiere e distintivo”.

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“Siamo studenti, genitori e nonni, insegnanti, operatori della scuola, cittadini emiliano- romagnoli. Ci sta a cuore la scuola, come luogo di formazione della persona. A poco più di un mese dalla riapertura se ne ipotizza la chiusura con un ritorno alla Dad – Didattica a distanza. Intendiamo mobilitarci per esprimere con forza il nostro dissenso contro questa soluzione e per adoperarci insieme a evitare che ciò si realizzi”. Comincia così un appello indirizzato a istituzioni, sindacati e autorità della Regione Emilia-Romagna: 700 finora le firme raccolte a Bologna e provincia. “Non ci convince la accampata finalità di diminuire le occasioni di contagio nei locali scolastici. I contagi non avvengono a scuola, ma altrove. Già tutto il personale si sta impegnando per organizzare al meglio in ogni ordine e grado. Certo occorre fare di più, anche promuovendo una responsabilizzazione di tutte e tutti. Ma la chiusura delle scuole non aiuterebbe il contenimento del virus. Non possiamo ignorare i danni psicologici che Dad e chiusura hanno finora provocato, come è denunciato dagli esperti e come è nostra personale esperienza”.