Acabnews Bologna

::: Notizie brevi :::

Cua: “Tolto divieto di dimora a Martin” | Fridays for Future apre striscione da Palazzo D’Accursio | Iniziativa Rojava, Saperi Naviganti: Unibo “tenta di chiudere palazzo Hercolani” | L’Università annulla festa Mala Educaciòn | Sgb sosta Tper: “Uso assemblee per crumiraggio” | Scoperto caporalato grazie a attivisti Si Cobas.

06 Dicembre 2019 - 19:31

“E’ arrivata poco fa la notizia che a Martin è stato tolto il divieto di dimora da Bologna! Nel gioire per la bella notizia, vogliamo anche constatare come il tentativo repressivo architettato dalla procura faccia già acqua da tutte le parti nell’infame tentativo di reprimere gli antifascisti”. Lo scrive il Cua sulla sua pagina Facebook, da poco nuovamente attiva dopo essere stata oscurata in più occasioni. “Ma – aggiungono dal collettivo – sappiamo anche che non bisogna abbassare la guardia. Un altro compagno, Dogghi, è ancora costretto a non poter entrare in città per la stessa giornata di lotta del 20 maggio scorso, durante la quale in tanti e tante andammo all’assalto del comizio” di Forza Nuova. “Alla presenza dei fascisti in città risponderemo sempre con rabbia e determinazione! Alla repressione dei/delle compagne risponderemo sempre con la solidarietà e il calore delle lotte! Avanti antifa!”.

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“Oggi noi attivist* del Fridays For Future Bologna abbiamo calato uno striscione da Palazzo D’Accursio, sede del Comune di Bologna, luogo simbolo di una decisionalità che è in mano a poche persone e non alle popolazioni tutte. Simbolo di un modello politico antidemocratico ed escludente, proprio come la COP25 che si sta tenendo in questi giorni a Madrid, o come la COP21 Mediterranea a Napoli. Questi vertici, contro cui il nostro striscione recitava che ‘Il futuro non si decide a un tavolo’, pretendono di gestire dall’interno di un ufficio la questione climatica, tagliando fuori il resto del vivente”. A dare notizia dell’azione sono gli studenti in lotta per l’ambiente, che già in occasione del quarto sciopero globale per il clima avevano tentato di aprie lo stesso striscione dal palazzo sede del Comune. “Lo striscione – aggiungono – dopo pochi minuti dalla sua affissione è stato tolto da chi dovrebbe tutelare tutti e tutte ma non lo fa. Questo dimostra ancora una volta che non è dai palazzoni che non può partire un reale cambiamento”.

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“Anche oggi l’Università di Bologna si è mostrata per ciò che è realmente: non un luogo del Sapere, ma un luogo intriso dalle logiche aziendali e di privatizzazione”. Lo scrive Saperi Naviganti, che per questa sera ha organizzato un’iniziativa dal titolo “University4Rojava”, con inizio alle 18 a Palazzo Hercolani, sede della Facoltà di Scienze Politiche. Infatti Unibo “pensando di anticiparci nelle tempistiche, ha tentato di chiudere l’intera struttura, cacciando studenti e studentesse dalle biblioteche e sospendendo alcune attività didattiche. Questo fatto increscioso evidenzia che la formazione è messa in secondo piano, il vero interesse è tutelare schemi e forme rigide, non lasciando spazio e margine di espressione a noi studenti e studentesse”. Dal collettivo confermano quindi lo svolgimento dell’iniziativa, che “inizierà con la proiezione di Binxet – Sotto il confine di Luigi D’Alife; a seguire un dibattito su quello che sta accadendo in Rojava. Alle 22 inizierà la serata benefit con djset di Bonnot”.

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Sull’onda della polemica nata ieri dall’intervento di Pillon, l’Università “ha trovato un cavillo burocratico per annullarci l’iniziativa”. Lo ha scritto oggi su Facebook il collettivo La Mala educaciòn, che aveva organizzato per questa sera negli spazi di via Filippo Re una festa ribattezzata “Immacolata Con(trac)cezione”. Lo stesso Salvini ha attaccato oggi sui social gli organizzatori. Il collettivo ha comunque annunciato iniziative di disturbo contro “Pillon, Student Office (l’associazione studentesca legata a Comunione e Liberazione che si è unita alle proteste leghiste, ndr) e chiunque sia spaventato dalla nostra azione politica in Università” spiegando che “la censura non ci ferma. Quindi muniamoci di preservativi, pillole o qualunque contraccettivo vi venga in mente (o meglio della loro versione fotografica) e infestiamo le bacheche online e le mente dei cattivoni bigotti con qualcosa con cui non hanno molta familiarità”.

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“A quattro mesi dal referendum con cui i lavoratori addetti alla sosta di Tper avevano bocciato l’ipotesi di accordo, dopo assemblee indette dai sindacati firmatari per capire le ragioni dei lavoratori e non ultimo dopo gli ‘interrogatori’ a campione disposti dall’azienda, il 4 dicembre è stato firmato un nuovo accordo integrativo che nella sostanza non cambia l’impostazione di fondo dell’accordo precedentemente firmato”. Lo scrive in un comunicato Sgb in merito alla vertenza dei lavoratori della sosta, aggiungendo che “ancora più grave è l’utilizzo dello strumento dell’assemblea sindacale per organizzare il crumiraggio contro lo sciopero indetto da Sgb per lunedì 9 dicembre”. Pertanto la richiesta del sindacato di base a Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Faisa, che per la stessa data hanno convocato un’assemblea dei lavoratori, è che “per correttezza l’assemblea venga spostata ad un altra data”.

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E’ emerso oggi, con la collaborazione decisiva dei lavoratori sfruttati, un caso di caporalato che andava avanti da cinque anni nel bolognese. Tre uomini pakistani, due titolari di ditte e un factotum, hanno sottoposto 58 loro connazionali per anni a diverse angherie. Nello specifico, i lavoratori dovevano pagare i tre per ottenere sia le proprie buste paga sia i permessi di soggiorno, restituendo buona parte degli stipendi. E tutti dovevano anche adeguarsi a turni di lavoro irregolari, fino a 12-13 ore di fila al giorno pena il licenziamento, in condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza precarie. Per due dei tre uomini sono scattati gli arresti domiciliari, per il terzo invece l’obbligo di dimora. Contemporaneamente sono state sequestrate le nove società sulle quali si fondava il sistema di sfruttamento. L’attività investigativa è partita da una protesta sindacale del sindacato di base Si Cobas che alcuni lavoratori pakistani avevano inscenato, nel settembre 2018, di fronte alla ditta Atg (stampaggio e progettazione di stampi) di Castello d’Argile, non coinvolta nelle indagini.