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Non Una Di Meno: “Come scioperare l’8-9 marzo? Fai così”

Saltano le iniziative di piazza, ma “abbiamo pensato ad una moltiplicazione di pratiche per gridare la nostra rabbia contro tutte le forme di violenza maschile e di genere”. E Usb, che ha dovuto revocare l’astensione dal lavoro: “Non rimaniamo zitte”.

06 Marzo 2020 - 12:23

“In questi quattro anni lo sciopero femminista è stata la pratica globale che ci ha consentito di rendere visibili tutte le forme del lavoro: precario, formale, informale, gratuito, produttivo e riproduttivo. Uno sciopero politico che eccede la copertura sindacale, che per moltx rimane comunque una delle condizioni necessarie per praticarlo. Qui ed ora, però, la pratica dello sciopero si è trovata di fronte a difficoltà inedite e straordinarie”. Inizia così un comunicato di Non una di meno Bologna che dà conto dell’annullamento del corteo di lunedì 9 marzo, in aggiunta a quello, già comunicato, delle altre iniziative di piazza previste per l’8 marzo.

Prosegue il testo: “L’astensione dal lavoro per l’intera giornata del 9 marzo avrebbe rappresentato un sacrificio troppo grande per tuttx coloro che hanno già perso il salario o prevedono una riduzione salariale a causa della chiusura delle scuole e della sospensione di altre attività sociali e culturali: molte perché precarie, con contratti a chiamata, di collaborazione o partite IVA, quindi prive di qualunque ammortizzatore sociale; molte altre perché costrette a rimanere a casa con i/le bambin/e o le persone anziane, malate o più esposte all’infezione. Nell’emergenza sanitaria sono venute meno anche le condizioni per praticare lo sciopero della cura e del lavoro domestico: l’attuale modello di organizzazione sociale fa ricadere soprattutto sulle donne la responsabilità della cura, proprio quando dovrebbe essere invece collettiva. L’interruzione delle attività riproduttive può essere impossibile per chi, come in molti casi le donne migranti, si ritrova a gestire con il proprio lavoro di cura il rischio del contagio, in assenza di qualsiasi supporto pubblico, o è costretta a lavorare sotto il ricatto del permesso di soggiorno. La minaccia di pesanti sanzioni che accompagnava l’intimazione alla revoca dello sciopero generale da parte della Commissione di Garanzia ha, di fatto, impedito di scioperare anche a quelle persone che non avrebbero voluto rinunciarvi, le stesse che in questi giorni stanno pagando il prezzo più alto della crisi sanitaria. La responsabilità collettiva della cura è l’unico anticorpo che abbiamo per alleviare la solitudine e la paura che ci attraversano mentre proviamo a contenere l’epidemia, che può aiutarci a cambiare le strutture sociali a partire dalla radicale consapevolezza della vulnerabilità dei nostri corpi e delle nostre vite”.

“Nonostante l’irrefrenabile voglia di occupare strade e piazze che ci caratterizza – si legge poi – in questo contesto non possiamo quindi garantire uno spazio collettivo agibile per tuttx. Questo non solo perché l’impossibilità dello sciopero e le ordinanze e i decreti limiterebbero drasticamente la partecipazione, bensì perché crediamo che convocare una piazza in queste circostanze sarebbe irresponsabilmente escludente: ci vogliamo in salute, oltre che vive. Vogliamo, invece, dare voce e fare spazio a più persone possibili. Oggi, il nostro grido di rabbia vuole dare voce innanzitutto alle persone più vulnerabili, anziane, immunodepresse o malate e a chi sostiene il peso della cura e della riproduzione sociale di questo paese giorno dopo giorno. In questo momento, sono più visibili che mai le contraddizioni di un sistema che con le sue politiche ha sempre privilegiato il profitto privato: siamo noi a pagare le conseguenze prodotte dal definanziamento della salute pubblica e dallo smantellamento del wefare, con il nostro lavoro dentro e fuori casa e questo da sempre, con o senza Covid-19. Torneremo quindi a occupare e risignificare lo spazio pubblico con i nostri corpi al più presto, con ragioni e una consapevolezza più forte di prima: perché quello che è invocato come un ritorno alla normalità per noi significa la quotidianità della violenza, dello sfruttamento e del razzismo. Tutto deve cambiare: vogliamo, oggi più che mai, un welfare universale, un reddito di autodeterminazione e un permesso di soggiorno europeo incondizionato! Vivas nos queremos!”

Prosegue Non una di meno: “L’8 e il 9 marzo la rabbia femminista riecheggerà in tutto il mondo per il quarto anno di fila e vogliamo provare a essere anche noi parte della potenza di questo processo. Una potenza che è stata raccolta nella call transnazionale per lo sciopero globale femminista e transfemminista, già tradotta in varie lingue: perché se le nostre vite non valgono, ci organizziamo! Per questo, anche se in Italia quest’anno non possiamo scioperare, abbiamo pensato ad una moltiplicazione di pratiche per gridare la nostra rabbia contro tutte le forme di violenza maschile e di genere, compreso lo sfruttamento del lavoro domestico, di cura e di relazione, perché l’emergenza sanitaria non li ha interrotti, li ha intensificati!”.

La prima proposta è inviare “un messaggio vocale, o di testo, in cui ci racconti quali effetti ha avuto sulla tua vita e sul tuo lavoro l’emergenza Coronavirus e da cosa vorresti scioperare”. Ed ecco le istruzioni: “1 – Collegati alla pagina Facebook di Non Una Di Meno Bologna, 2 – Clicca su ‘invia un messaggio’, 3 – Registra il tuo vocale (max 1 minuto), 4 – Invialo! Lo pubblicheremo dalla nostra pagina durante la giornata del 9 marzo!”

Le altre pratiche: “L’8 e 9 marzo, se sei a casa, appendi qualcosa di fucsia alla finestra. Se vuoi, pubblica o inviaci foto e/o video con l’hashtag #Lottotuttiigiorni! L’8 e 9 marzo, se sei al lavoro, indossa qualcosa di fucsia: il panuelo, un nastro, qualsiasi cosa possa rendere visibile la tua protesta! Se vuoi, pubblica o inviaci foto e/o video con l’hashtag #Lottotuttiigiorni! Alle ore 16.00 dell’8 marzo, se sei a casa affacciati alla finestra o alla porta, urla e fai rumore per 5 minuti con pentole, padelle o qualsiasi altro strumento del lavoro domestico e di cura. Accordati con amiche/i e vicini/e di casa, fai foto e/o video con l’hashtag #Lottotuttiigiorni! Liberiamo insieme la nostra rabbia!”.

Interviene anche Usb, una delle sigle che aveva proclamato per lunedì l’astensione dal lavoro di tutte le categorie pubbliche e private: “La Commissione di Garanzia ha vietato lo sciopero e, al solo fine di preservare lavoratrici e lavoratori dalle minacciate sanzioni, Usb ha revocato lo sciopero. Al divieto di sciopero si è poi aggiunto anche il divieto di manifestazione. Ma non rimaniamo zitte. La nostra voce si alza forte: per denunciare come le ordinanze che hanno chiuso le scuole e vietato tante attività abbiano avuto pesanti ricadute sulla condizione di tante lavoratrici e lavoratori lasciati a casa senza salario o a salario ridotto; come abbiano avuto pesanti effetti sulla vita delle donne su cui ancora grava completamente il lavoro di cura, cioè il lavoro domestico e la cura di anziani, bambini, disabili; in questo paese le donne, native o migranti, fungono da ammortizzatore sociale di un welfare sempre più privatizzato. per denunciare lo sfruttamento del lavoro a intermittenza, precario, demansionato, ricattabile, gratuito, invisibile, che erode tempi di vita e diritti. per riaffermare la necessità di mettere al centro del discorso le disuguaglianze e la violenza di genere, in tutte le forme attraverso le quali pervadono l’intero arco della vita delle donne. per dire basta alla violenza maschile sulle donne ed alla violenza di genere, ai femminicidi, alle discriminazioni di genere e alle molestie nei luoghi di lavoro. per gridare che non se ne può più delle disparità salariali, della disoccupazione/inoccupazione, della precarietà giovanile e di pensioni da fame in vecchiaia, della segregazione lavorativa, del ricorso massiccio al part time involontario, di lavori non qualificati nonostante una maggiore scolarizzazione. Perché senza autonomia economica non si esce dalla violenza. a difesa della L. 194; per opporsi al “diritto” di lavorare fino al giorno del parto; per politiche di sostegno alla maternità e paternità condivisa; per abolire leggi e decreti razzisti, che impediscono la libertà di movimento dei e delle migranti, condannando queste ultime a ripetuti stupri e violenze nei luoghi di transito e permanenza forzata. per rivendicare il diritto ai servizi pubblici gratuiti ed universali, al reddito di base universale e incondizionato, al salario minimo, alla casa, al lavoro e alla parità salariale, a strutture sanitarie libere da obiettori. per il riconoscimento ed il finanziamento delle case rifugio, dei centri antiviolenza ed il sostegno economico per le donne che denunciano le violenze”.